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Stefano Cerri: la storia del grande bassista italiano che suonò con Jon Anderson degli Yes

Chi ha vissuto a Milano, e magari, ha pure lavorato nel mondo della musica, come nel mio caso, non può non ricordare il colore dell’alba, che rendeva fiabesco il paesaggio che ci si  trovava di fronte, all’uscita del “Capolinea”, storico, mitico, straordinario locale di musica dal vivo, che si affacciava sulle acque del Naviglio Grande.

Da tutti giustamente ritenuto il tempio del jazz nazionale ed internazionale in Italia, noi session men, ovvero “poveri” musicisti turnisti, lo consideravamo un luogo eccezionale, all’interno del quale, approdare dalle due o tre di notte, fino alle sei di mattina, per bere un bicchiere in compagnia di grandi artisti, oppure di semplici colleghi che avevano finito di suonare chissà dove.

Il “Capolinea”, offriva al suo pubblico affezionatissimo (e direi anche molto selezionato) dei veri e propri concerti di altissimo livello, che si alternavano, a seconda dei giorni settimanali, con interminabili quanto suggestive “Jam Session”alle quali volevano partecipare tutti.

Lì, erano passati i migliori! Da Chet Baker a Betty Carter, da Chick Corea a Dizzy Gillespie, da Miles Davis a Tullio De Piscopo, da Enrico Rava a Franco Cerri (solo per nominarne alcuni).

È lì che incontrai per la prima volta il grande Stefano Cerri (bassista), figlio d’arte, perché figlio di quel Franco Cerri, consegnato alla storia internazionale, come uno dei più grandi chitarristi jazz italiani.

Quando guardo quel poco di Stefano che c’è in rete, penso a quel periodo (gli anni 80), e mi convinco sempre di più di poter riuscire a ricordare per sempre quel sorriso, il suo sorriso sincero, quello che completava quell’espressione, così evidente, di ragazzo molto gentile e buono.

Era da poco ritornato in Italia da Londra, dagli U.S.A e dal Canada, e anche se a quei tempi non c’era ancora internet, questo lo sapevano tutti. A Londra aveva vissuto la leggenda, aveva suonato con John Roy “Jon”Anderson, il frontman, la voce storica degli Yes.

Stefano Cerri, era nato a Milano nel 1952, era un bassista eccezionale, e noi del mestiere  lo conoscevamo bene, perché il suo stile impareggiabile spuntava spesso nei lavori di alcuni dei più famosi artisti del momento: Alberto Radius, Eugenio Bennato, Eugenio Finardi, Anna Oxa, Marcella Bella, Loredana Bertè, Demetrio Stratos, Fabrizio De André e tanti altri.

Aveva quindi scelto la strada del session man, che nella musica è quella  più complicata e difficile. Eri costretto a vivere quasi nell’anonimato, perché le persone che acquistavano i dischi dei famosi, non si ponevano nemmeno la domanda su chi fosse ad accompagnare a livello fisico e musicale i loro idoli nelle registrazioni e nelle tournée. Ad essere sincero, non era nemmeno così raro che anche gli stessi artisti famosi si dimenticassero perfino di nominarti a fine concerto.

Insomma era necessario essere bravi, instancabili, modesti, umili, ed (in certi casi) era vietato “spiccare” troppo agli occhi del pubblico per non distrarre l’attenzione dei fans dal vero protagonista dello spettacolo, ovvero, il tuo datore di lavoro, quello famoso.

Ma Stefano era così, lui suonava benissimo il suo basso Pedulla MVP a 4 corde e del resto poco gli importava. Lui era un musicista modello.

Amava molto il jazz, i Beatles (va ricordato il suo album dedicato proprio ai Beatles dal titolo Fab Four Strings), la musica italiana e la sperimentazione musicale. Lui suonava oltre alla chitarra, al basso elettrico anche lo stick , ovvero uno strumento costruito normalmente a dieci corde, concepito negli anni settanta, con il quale è possibile improvvisare una melodia ed accompagnarla con note di basso.

Quando nel 1979 suonò con Jon Anderson nell’album “Animation”, il nostro Stefano entrò in una nuova formazione (gli Yes si erano appena sciolti), insieme al chitarrista Dave “Clem” Clempson(Colosseum, Bob Dylan e tanti altri), al cantante Chris Rainbow ( Alan Parsons, Culture Club e tanti altri), al grande batterista Simon Phillips (Toto, Who, Brian Eno, Mick Jagger e tanti altri) e al grande musicista David Sancious (Bruce Springsteen, Peter Gabriel, Sting e tanti altri).

Jon Anderson poi lo volle anche in tournée per 5 mesi con lui, e così Stefano si fece tutti gli U.S.A e buona parte del Canada, suonando dal vivo con loro.

Anche in Italia aveva avuto successo, era stato uno dei fondatori del gruppo “Crisalide”, insieme al batterista Mauro Spina e al tastierista Ernesto Vitolo. Nel 1976 suonavano con Eugenio Finardi e Loredana Bertè.

Si dedicò anche all’insegnamento del basso elettrico presso il Centro Professione Musica di Milano, i suoi allievi di allora lo ricordano ancora oggi, con stima e affetto.

Stefano Cerri purtroppo è mancato nel 2000 a soli 48 anni. Stefano diceva spesso che l’ importante per l’ ottenimento del suono finale sono le dita. Se avete voglia di sentire un capolavoro, ascoltate il basso elettrico nel brano “Extraterrestre” contenuto nell’album“Blitz” del 1978 di Eugenio Finardi.

È lui, è Stefano Cerri.

Anche in Italia abbiamo avuto dei musicisti favolosi!

— Onda Musicale

Tags: Eugenio Finardi, Alberto Radius, Eugenio Bennato, Anna Oxa, Loredana Bertè, The Who, Brian Eno, Fabrizio De Andrè, Jon Anderson, Toto, Demetrio Stratos, Yes, Carlo Zannetti, Mick Jagger, Marcella Bella
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