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I Beatles davanti alla cinepresa: A Hard Day’s Night (1964)

Tutto inizia con un accordo di chitarra e basso particolarmente ostico da inquadrare, cui segue un ritmo leggero ma incalzante: questo accompagnamento musicale memorabile è scritto da quei quattro ragazzi che vediamo correre verso di noi, assediati  – come fu nella realtà – da un’orda di fan assatanati.

Stiamo parlando di “A Hard Day’s Night”, celeberrimo film del 1964 che vede protagonisti – per la prima volta nella loro carriera – i musicisti più famosi della Storia: i Beatles.

Diversamente dai film odierni, nel caso di “A Hard Day’s Night” è il film ad essere al servizio della straordinaria colonna sonora.Nel nostro Paese produzioni più o meno simili al primo film dei Beatles si contavano a perdita d’occhio, talmente numerose da essere raggruppabili in un ben preciso genere, quello del musicarello (termine di origine romano-laziale). Nel musicarello si sceglieva – e si pretendeva, in certi casi – che un artista, o un gruppo di musicisti particolarmente in voga in quel momento, recitasse un copione abbastanza banale e innocuo, il cui unico scopo – cosa non da poco – era quello di far sentire al pubblico le canzoni più gettonate tramite immagini che anticipavano i video musicali, in un epoca in cui il concetto era ancora da inventare.

Il primo lungometraggio dei Beatles uscì nelle sale del Regno Unito il 6 Luglio 1964, anticipando di una manciata di giorni l’omonimo LP, il terzo della loro discografia britannica (tralasciamo quella statunitense). Le avventure di John, Paul, George e Ringo sono accompagnate dall’ascolto integrale di sette dei tredici brani che compongono il disco (cioè l’intero Lato A).

Il fatto che il Lato B ne fosse escluso ritengo sia spiegabile sia con la necessità di non sfornare un film troppo lungo (per farci stare dentro tutte le canzoni), che con la motivazione di indurre i fan ad acquistare il vinile per scoprire i brani che non figuravano nella pellicola. Da notare è il fatto che i sette brani del film non si trovano isolati all’interno dello scorrere della storia, ma sono arricchiti da qualche assaggio di canzoni del repertorio realizzato sino a quel momento (quindi brani del biennio 1963-1964).

Veniamo al film: A Hard Day’s Night – nato dalla penna di Alun Owen, autore del copione, e diretto da Richard “Dick” Lester (regista non solo di Help!, ma anche del primo film solista di Lennon – “How I Won The War”) – si discosta ampiamente dai musicarelli nostrani, nonché dai film con protagonista Elvis Presley (mediamente di scarsa qualità), perché è un film che sembra concepito come un documentario. O forse è un documentario girato come un film ?

La storia che Owen e Lester raccontano è semplice: sul grande schermo noi vediamo uno spaccato di circa 36 ore nella vita del gruppo di Liverpool, ritratto nel momento decisivo dell’esplosione mondiale della cosiddetta Beatlemania (non a caso il primo tour non limitato al solo Regno Unito è proprio del 1964).

La fotografia del film, in un bianco e nero che accentua l’eleganza dei quattro protagonisti, li immortala – come ricordato all’inizio dell’articolo – mentre sono intenti a sfuggire alle grinfie di un’orda di fan assatanati. Nella confusione del momento vediamo George Harrison inciampare e finire lungo disteso sul marciapiede. Si rialza prontamente, per non rischiare di essere travolto dalla massa in movimento.

La corsa termina in una stazione ferroviaria, dove – grazie a una doppia barriera di automobili – riescono a salire indenni sul treno che li condurrà a Londra (in realtà la stazione che vediamo è già a Londra, ed è quella di Marylebone). Una volta preso possesso dello scompartimento, le seccature non finiscono, dal momento che nella narrazione fa la sua fastidiosa comparsa il nonno di Paul, interpretato da Wilfrid Brambell (1912-1985). Il personaggio in questione è un vecchietto dal commento sempre acido, e non perde occasione per dare noia alla gente che gli capita a tiro. Un vero seccatore.

Paul lo rinchiude nel vagone dei bagagli, ma dopo poco lo raggiunge insieme a George, John e Ringo, iniziando a giocare a carte. La partita in realtà diventa un pretesto per suonare alcune canzoni al cospetto delle ragazze incontrate poco prima nel vagone: una di queste, la bionda che risponde al nome di Patty Boyd, nel 1966 sarebbe diventata la prima moglie di George.

Una volta arrivati a destinazione, i Beatles vengono immediatamente portati all’hotel dove soggiorneranno durante il periodo dei loro impegni professionali. Sembrerebbe il momento opportuno per concedersi un po’ di relax, ma Norm, il loro manager – nella finzione cinematografica interpretato da Norman Rossington (1928-1999), gli appioppa prontamente un bel carico di lettere degli ammiratori a cui dare doverosa risposta. Com’è prevedibile, i quattro non si sognano manco lontanamente di sobbarcarsi tale seccatura. Tagliano la corda: con la rapidità di un fulmine, si imbucano a una festa, dandosi al divertimento più sfrenato ! Così si fa ! La baldoria dura poco, dato che Norm li recupera senza troppi problemi. Sembrerebbe tutto risolto, se non fosse che il nonno di Paul non si trova da nessuna parte…

Si cercano indizi nella camera dell’albergo da loro occupata: aprono l’armadio e vi trovano un cameriere in mutande, imbavagliato e legato come un salame. Finalmente può parlare, dicendo che il nonno di Paul ne ha preso i vestiti ed è sgattaiolato al casinò, dove puntualmente viene trovato, intento a giocare alla roulette in compagnia di un’avvenente bionda. Lo prelevano a forza dal tavolo e lo riconducono all’albergo.

Il giorno successivo i Beatles hanno un appuntamento presso uno studio televisivo dove proveranno le canzoni per il loro spettacolo. L’incontro con il nevrotico regista – interpretato da Victor Spinetti (1929-2012), attore gallese che ritroviamo anche in Help! – quasi provoca in lui un esaurimento nervoso, anche per via del fatto che è stato sobillato da quel seminatore di discordia che puntualmente si rivela il nonno di Paul: il guastafeste gli ha messo in testa la convinzione che il gruppo sia giunto da lui apposta per rovinargli la carriera. La situazione non è delle migliori, tira una cattiva aria: i quattro pertanto decidono di svignarsela per godere di un assaggio di libertà. Scendono da una scala antincendio e poco dopo ce li ritroviamo a saltellare come grilli impazziti in un campo. Nel loro giocare come ragazzini si respira il meraviglioso profumo di un momento di anarchia davvero liberatoria.

La ribellione dura poco, dal momento che vengono cacciati dal proprietario del campo. Fanno ritorno allo studio televisivo, dove nel frattempo il regista ha rischiato nuovamente l’esaurimento nervoso, teso com’è. Provano ancora qualche canzone per lo spettacolo.

Che tutto fili liscio, come si è visto, è chiaramente una questione impossibile. Anche questa volta ci si mette di mezzo il nonno di Paul. A Ringo viene assegnato il compito di sorvegliarlo per scongiurare altri disastri, ma il vecchietto non è tipo che si lascia mettere la museruola. Si rivolge al giovane batterista, intento a leggere un libro, facendogli presente come la lettura sia una perdita di tempo, dato che per la sua età sarebbe decisamente più utile fare esperienze per capire veramente cos’è la vita. Ringo riflette su queste parole e decide di metterle in pratica: nell’anonimato di un cappotto lungo e di un berretto gironzola per la città, scattando foto, concedendosi una bibita, incappando in una banda di ragazzini con cui scambia qualche parola.

I tre restanti membri del gruppo partono alla ricerca del loro amico. Finiscono per trovarlo al commissariato di polizia, dove è stato condotto dopo l’arresto per vagabondaggio. Poco dopo al commissariato viene condotto anche il nonno di Paul, arrestato per aver tentato di vendere foto del gruppo con autografi chiaramente contraffatti.

Fortunatamente tutto si risolve al meglio. I Beatles finalmente riescono ad esibirsi – all’interno della cornice di un teatro – in quel concerto per cui tanto hanno provato nello studio televisivo. Tutto fila liscio, nonostante – ancora una volta – il nonno di Paul faccia improvvisamente la sua comparsa sul palco tramite una botola che lui ha accidentalmente azionato.

Terminato il concerto, coronato dalle immancabili urla dei fans, i Beatles vengono prelevati da un elicottero e condotti altrove per ulteriori impegni professionali. Si conclude così il primo lungometraggio del gruppo di Liverpool, in grado di incassare al botteghino più di 12 milioni di dollari dell’epoca.

A potenziare il successo del film, favorendone la diffusione nella cultura di massa, contribuirono sia gli arrangiamenti orchestrali che George Martin fece dei brani del disco, che l’interpretazione della title track ad opera di uno straordinario e divertentissimo Peter Sellers, che ne declamò le strofe sulla falsariga del celeberrimo Laurence Olivier nell’opera Shakespeariana Riccardo III. L’ultima tappa del perdurante successo di un’opera dal titolo nato a causa di un malapropismo di Ringo, la registriamo nel 2014, quanto – dopo attento restauro – venne riproposto in tutto il suo splendore nelle sale cinematografiche.

— Onda Musicale

Tags: The Beatles, George Martin, A Hard Day's Night
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