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Un disco per il week end: “Sticky Fingers” dei Rolling Stones (1971)

Sticky Fingers The Rolling Stones

Siamo nell’Inghilterra di fine anni ’60. Il rock britannico ha invaso praticamente tutto il mondo con nomi del calibro di Who, Beatles, Kinks, Led Zeppelin, ma soprattutto dei mitici Rolling Stones.

È un periodo abbastanza particolare per le Pietre Rotolanti perché reduci dal successo del loro disco Let It Bleed (1969) che ha visto per l’ultima volta la partecipazione del polistrumentista, e fondatore, Brian Jones e per la prima volta la chitarra di Mick Taylor. Purtroppo Jones, estromesso dalla band per motivi di droga, non vedrà mai l’album completato perché morirà affogato nella sua piscina il 3 luglio del 1969.

Ovviamente è un colpo tremendo per la band, che nel frattempo era in tour, ma questo non ha scoraggiato gli Stones a proseguire con la loro carriera. Siamo nel 1971 e la band pubblica un album, ormai un classico del rock, con una copertina che ha fatto non poco scalpore.

Naturalmente sto parlando del fantastico “Sticky Fingers”, diamoci un’occhiata.

Brown Sugar”: l’inconfondibile riff di chitarre delle Pietre Rotolanti, opera di Keith Richards e del nuovo arrivato Mick Taylor, aprono le danze ad uno dei veri e propri classici della band impreziosito da un lungo assolo di sassofono di Bobby Keys e dai rimati giri di pianoforte di Ian Stewart. Il testo è abbastanza spinto ed allusivo, altro tratto distintivo della band, e può parlare sia di sesso con un’affascinante ragazza di colore che di un’esperienza mistica con un particolare tipo di eroina.

Sway”: confusione, depressione e divinità sbeffeggianti in salsa blueseggiante con un lungo assolo di chitarra firmato da Taylor. I cori poi sono assolutamente ipnotici e si perdono nelle melodie intarsiate dai tasti bianchi e neri di Nicky Hopkins. Pezzo forse un po’ più ostico e meno immediato, ma che comunque è stato scelto dallo scrittore Zachary Lazar per narrare la follia di fine anni ’60 con gli Stones, naturalmente, Marianne Faithfull, Charles Manson e Kenneth Anger.

Wild Horses”: brano acustico decisamente romantico e malinconico che vede un Jagger affranto dalla fine della storia con Marianne Faithfull. Il brano ha anche un sapore decisamente country, “cavalli selvaggi”, ed è frutto della penna dell’accoppiata vincente Jagger – Richards. WildHorses, inoltre, è tra i brani più coverizzati dell’album da artisti come Neil Young, Stone Sour, Elvis Costello, Dave Matthews e tanti altri ancora. Da ascoltare e riascoltare con una vena di malinconia e la mente rivolta al passato.

Can’t You Hear Me Knocking”: con i suoi sette minuti e passa è tra i pezzi più lunghi del disco e si apre sulle note della chitarra elettrica di Richards, anche qui utilizza una delle sue caratteristiche accordature aperte, un’autentica macchina spara riff. Dall’iniziale blues scanzonato il brano si “trasforma” in un lungo passaggio strumentale con congas, sassofono ed un Hammond suonato dal mitico Billy Preston famoso per la sua collaborazione, tra i vari, con i Beatles. Insomma, per farla breve, uno dei brani più completi ed ipnotici del disco!

You Gotta Move”: unica cover presente nel disco, si tratta infatti di uno spiritual della tradizione afroamericana, con chitarre acustiche, slides e tanto, ma veramente tanto, blues in stile Rolling Stones!

Bitch”: trascinante e rockeggiante, come sempre, e grondante allusioni. Godetevi le parti in cui trombe e sax fanno il loro lavoro come in una big band mentre, in sottofondo, l’elettricità è costante.

I Got the Blues”: credo che il titolo sia più che esplicativo perciò godetevela attentamente, soprattutto per la parte di hammond che vi lascerà senza parole!

Sister Morphine”: le droghe non sono mai state una cosa estranea agli Stones, Jagger e Richards ne sanno qualcosa, e questa canzone ne è un chiaro esempio. La penna dei due fratellini, questa volta assieme alla Faithfull, narra di un uomo in ospedale che non riesce proprio ad aspettare ancora la sorella morfina che lo fa stare bene assieme alla cugina cocaina.

Dead Flowers”: si ritorna anche qui a parlare di droga come rifugio da una vita di ricchi spocchiosi. Al diavolo la ragazza ricca e benpensante e quelle dannate Cadillac, benvenuta eroina, altre ragazze e amici straccioni.

Moonlight Mile”: ritorno in grande stile alle atmosfere acustiche per l’ultima canzone, anche questa malinconica e riflessiva, che chiude il disco con una dolcezza quasi inconsueta. Ascoltare per credere!

Giudizio sintetico: un classico intramontabile che tutti gli appassionati di rock devono avere, sia sullo scaffale che sul piatto, in grado di mostrare il lato blues, sarcastico, ma anche malinconico degli Stones

Copertina: un primo piano su dei jeans particolarmente rigonfi ad opera dell’icona della pop art Andy Warhol. Nella versione originale, LP, la zip dei suddetti jeans si poteva anche tirare su e giù a piacimento

Etichetta: Atlantic Records

Line up: Mick Jagger (voce, chitarre e percussioni), Keith Richards (chitarre), Mick Taylor (chitarra), Bill Wymann (basso, chitarra e piano elettrico) e Charlie Watts (batteria) oltre ai vari musicisti ospiti già citati nell’articolo

— Onda Musicale

Tags: Sticky Fingers, Mick Taylor, Bill Wyman, Keith Richards, Marianne Faithfull, The Who, Let It Bleed, The Rolling Stones, The Beatles, Led Zeppelin, Mick Jagger, Brian Jones, Billy Preston
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