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Made in Italy: i Pink Floyd sbarcano in Italia

Nel settembre del 1967 The Piper At The Gates Of Dawn (leggi l’articolo) è uscito da poco meno di un mese e, mentre il nome Pink Floyd inizia a essere sulla bocca di tutti, la band ancora guidata da Syd Barrett ha il primo contatto con l’Italia.

Proprio in quei giorni compare infatti nelle vetrine e tra gli scaffali dei negozi di dischi il 45 giri See Emily Play – con Scarecrow come lato B – con tanto di copertina blandamente psichedelica. A ripensarci oggi doveva essere una situazione piuttosto bizzarra vedere il singolo dei Pink Floyd affiancarsi agli artisti allora in cima alle hit parade italiane, Al Bano, Adriano Celentano e Mina.

“Sono già famosi in Inghilterra e presto lo diventeranno in tutto il mondo.” Così recitava il retro della copertina del 45 giri italiano, e mai previsione fu tanto ambigua; se è vero che sulla lunga distanza sarebbe andata davvero così, quel primo assalto al mercato italiano fu un clamoroso flop, nonostante la Columbia/EMI avesse predisposto un battage pubblicitario degno di band più affermate.

Qualche settimana dopo, il 19 settembre, sarebbe arrivato anche il primo articolo che la stampa nostrana avrebbe dedicato al quartetto di Cambridge; a firma di tale Otis Pencill, su Ciao Amici, uscì un’intervista rilasciata presso la famosa libreria Foyle’s di Londra, a pochi passi dall’UFO Club, regno dei primi show floydiani. Il pezzo, intitolato Anche la musica come droga, con particolare riferimento alla musica lisergica e ai light show che rimandavano in parte agli effetti delle sostanze allucinogene, introduceva quella sorta di malcostume per cui il gruppo sarebbe spesso stato accostato all’uso di stupefacenti.

Una settimana più tardi, stavolta su Big, Armando Gallo pubblicava un pezzo sulla musica psichedelica, dove un live dei Pink Floyd all’UFO veniva descritto come “una delle esibizioni più fantastiche alle quali abbia partecipato.”

Parallelamente, i primi successi fecero muovere anche la RAI che inserì See Emily Play nel proprio archivio, con la surreale dicitura di disco shake, canzone straniera ballabile.

Dovrà passare però qualche mese – e l’avvicendamento tra Barrett e David Gilmour a gennaio – perché il pezzo venga programmato nell’etere nostrano. È il 24 marzo del 1968 quando avviene il primo passaggio in radio, per la precisione a Gran Varietà, programma dall’incredibile successo presentato da Raimondo Vianello. Chissà quale perla d’ironia il grande presentatore tirò fuori al cospetto di qualcosa di così diverso dal solito?

Ma il 1968 è anche l’anno dello sbarco in Italia vero e proprio. I Pink Floyd tengono infatti cinque concerti tra aprile e maggio, a lungo avvolti dal mistero e dalle nebbie dei ricordi e del tempo; dobbiamo ringraziare il collettivo dei Lunatics e le testimonianze di fan dell’epoca, se oggi siamo in grado di ricostruire con precisione date e luoghi dei live.

I primi quattro concerti si svolsero al mitico Piper di Roma. Il locale, situato in via Tagliamento N°9, si era già fatto una solida fama presso il pubblico giovanile dell’epoca, non solo per le celebri esibizioni di Patty Pravo e della crema del pop italiano, ma anche per i passaggi di band come The Who, Procul Harum e Pretty Things.

I Pink Floyd si esibirono il 18 e il 19 aprile con due doppi spettacoli, uno pomeridiano alle 17 e l’altro serale alle 22. Il gruppo si esibì dopo la rassegna di artisti italiani, con una lunga pausa per montare la strumentazione, in particolare quella che dava vita ai loro già famosi light show. Così il pubblico italiano, non numerosissimo ma entusiasta, poté godere di uno spettacolo allora inedito, sebbene molti fan fossero convinti di avere assistito all’esibizione della band originale con Syd Barrett.

Per parlare del quinto show occorre una premessa. Inizialmente il primo passaggio live in Italia dei Floyd era previsto per febbraio, all’interno del Roma International Love Festival, dal 19 al 25 febbraio. Il parterre era di primordine: The Who, Cream, Soft Machine, Donovan e Pink Floyd, tutti nell’ambientazione del Palasport dell’EUR; tuttavia non se ne fece nulla, e il festival fu rimandato a maggio con una line up quasi del tutto rivoluzionata.

La manifestazione era stata ideata dalla Love Conspiracy Commune di Sausalito in California, e intendeva replicare in Europa l’incredibile successo del Monterey Pop Festival del 1967. L’idea era sicuramente ottima, e i tanti festival che da Woodstock all’Isola di Wight avrebbero furoreggiato solo l’anno dopo stanno lì a dimostrarlo. L’organizzazione però fece acqua da tutte le parti e nonostante l’impegno di colossi come la BBC britannica, la ARD tedesca e l’emittente radio olandese VPRO, la manifestazione fu un flop tremendo; probabilmente, almeno in Italia, i tempi semplicemente non erano maturi, tanto che la rivista inglese Melody Maker sul numero del 18 maggio definì il festival come il pop flop dell’anno.

I partecipanti erano comunque di ottima qualità, annunciati peraltro da uno splendido manifesto psichedelico di Hapshash and the Coloured Coat, il meglio della grafica del tempo. Il 4 maggio si esibirono Julie Driscoll and the Brian Auger Trinity, Hugues Aufray e Donovan; il 5 Roboti/Five Up, Fairport Convention, Grapefruit, The Samurai e i Ten Years After; il 6 fu la giornata dei Pink Floyd, che aprirono, seguiti da The Nice, The Move, I Giganti e The Association; il 7 maggio, a chiudere, il bis dei Grapefruit, Family e The Byrds.

Lo show dei Pink Floyd fu sottotono: appena 400 spettatori, secondo alcune stime, e l’impossibilità di montare il loro light show. I Move, poco dopo, avrebbero fatto peggio. Il complesso distrusse quasi completamente il palco e, non contento, sparò alcuni fuochi d’artificio. Il risultato fu che i componenti del gruppo finirono in manette, e il Palasport fu reso inservibile al punto che l’ultima giornata venne trasferita al Piper Club.

Un mese dopo sarebbe uscito A Saucerful Of Secrets, disco ancora ibrido tra la creatura di Barrett e quello che i Pink Floyd sarebbero diventati. C’era ancora tempo per riconquistare l’Italia, ma questa è un’altra storia, anch’essa degna di essere raccontata.

(fonte The Lunatics – LINK)

— Onda Musicale

Tags: See Emily Play, A Saucerful of Secrets, Patty Pravo, Pink Floyd, Mina, David Gilmour, The Piper at the Gates of Dawn, Syd Barrett
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