In primo piano

I Beatles in India: meditazione, truffe e canzoni

Rishikesh, India, Febbraio 1968. Cinque persone dall’aria esausta osservano un ponte sospeso sul Gange. Un cartello ammonisce “Vietato ai cammelli e agli elefanti”.

Rishikesh si trova nella regione dell’Uttar Pradesh, nell’India più profonda e quel ponte fatiscente separa i cinque dall’ashram di Maherishi Mahesh Yogi; è l’ultimo ostacolo sulla strada che li ha condotti per circa 200 chilometri da Delhi, prima in taxi, poi su delle jeep, a dorso d’asino e infine a piedi. Siamo alla metà di febbraio del 1968 e le cinque persone sono John e Cynthia Lennon, George Harrison, Pattie Boyd e Jenny, la sorella di quest’ultima.

Londra, Febbraio 1967

Per capire come i cinque, a cui si aggiungeranno pochi giorni dopo Paul McCartney con l’allora fidanzata Jane Asher, Ringo Starr e la moglie Maureen Cox e l’amico Neil Aspinall, dobbiamo fare un salto indietro esattamente di un anno. In quel febbraio del 1967 il guru Maharishi, decisamente una celebrità all’epoca, si trovava a Londra per portare in tour la sua filosofia della meditazione trascendentale. Esattamente a Caxton Hall, e tra i tanti spettatori c’era proprio Pattie Boyd. La bionda moglie di George Harrison fu talmente entusiasta della lezione del guru che convinse il marito – per la verità già affascinato da filosofie strumenti musicali indiani – ad accompagnarla al successivo incontro col Maharishi, programmato per il 24 agosto all’Hilton di Londra.

Harrison ne fu a sua volta entusiasta, e – alla data convenuta – accompagnò Pattie ad assistere alla lezione del guru; con loro anche Paul McCartney, Jane Asher e John Lennon.

Il Maharishi fu talmente felice di conoscere i Beatles che li invitò a seguirli a Bangor, nel Galles, dove avrebbe tenuto un seminario più lungo e approfondito. Il guru cercava pubblicità o era semplicemente affascinato da quelli che riteneva i portavoce della gioventù occidentale? Nessuno può dirlo.

Fatto sta che a Bangor arrivano Ringo Starr, Cynthia Lennon, Mick Jagger e Marianne Faithfull. Il 27 agosto, come il proverbiale fulmine a ciel sereno, giunge la tragica notizia della morte di Brian Epstein, il manager dei Fab Four.
I quattro, dopo appena due giorni, sono costretti a riparare a Londra, oberati dai mille problemi che la morte di Epstein si porta dietro. Ma con la promessa di andare in India ad approfondire la meditazione trascendentale, non appena le acque saranno più calme.

I Beatles sono infatti completamente assorbiti dal Magical Mystery Tour, e solo a febbraio – col singolo Lady Madonna appena uscito – possono organizzare il loro viaggio in India, alla corte del guru.

Quando, il 20 febbraio, i quattro Beatles si ritrovano all’ashram, il corso di meditazione va avanti già da qualche mese, tanto che il guru vuole tenerli spesso accanto a sé per delle lezioni supplementari per recuperare il tempo perduto. Oltre ai quattro e al loro seguito, altre celebrità si sono lasciate affascinare dall’anziano maestro: ci sono Mike Love dei Beach Boys, Donovan, l’attrice Mia Farrow e sua sorella Prudence.

L’ashram, secondo alcune testimonianze, non è certo un luogo improntato all’ascetismo più puro; i bungalow sono costruiti in pietra e arredati all’occidentale, con tutti i confort moderni; il luogo è circondato da filo spinato e sorvegliato da guardie armate.

La costruzione era stato finanziata nel 1963 dalla miliardaria americana Doris Duke, con una cospicua donazione di 100mila dollari. Il guru era addirittura in trattativa col governo per costruire una pista di atterraggio per il jet che gli era stato anch’esso donato, e usava muoversi in elicottero. Invitò più volte i Beatles a sorvolare il Gange assieme a lui, anche se i favoritismi alla lunga presero a infastidire sia i quattro baronetti che gli altri ospiti.

Le giornate all’ashram procedevano placide, scandite dalle lezioni del Maharishi e dalle lunghe sedute di meditazione. I pasti erano rigorosamente vegetariani, preparati da un cuoco inglese. La celebre foto che ritrae Yogi coi Beatles seduti a fianco coi loro sari floreali è divenuta nel tempo una delle più celebri del rock e del periodo.

I primi a sfilarsi dalla situazione furono Ringo Starr e la moglie. Il batterista soffriva da sempre di stomaco e la cucina vegetariana gli era insopportabile, la moglie aveva la fobia degli insetti, presenti nell’ashram in grande quantità e varietà. Sebbene al ritorno Ringo avesse paragonato il posto a un villaggio vacanze – Butlin, per la precisione, dei villaggi economici in voga dopo la guerra – e in generale fosse parso scarsamente contento dell’esperienza, anni dopo la rivalutò, attribuendo la prematura partenza solo alla nostalgia per i figli.

Paul McCartney si prefisse di rimanere in ogni caso per un mese, visti i tanti affari che l’attendevano a Londra, e con Jane e Aspinall tenne fede al programma, ripartendo soddisfatto il 26 marzo. Diverso il discorso per George e John. Harrison era sinceramente affascinato dalle filosofie indiane e non perdeva occasione per affinare la sua conoscenza del sitar.

John Lennon era invece in un periodo complesso, il matrimonio con Cynthia scricchiolava, soprattutto a causa della corte serrata di Yoko Ono, che aveva già conosciuto. La donna gli scriveva praticamente ogni giorno, ossessionando Lennon coi suoi messaggi più che allusivi: “Guarda in alto verso il cielo, e quando vedi una nuvola pensa a me” – diceva il più celebre e, con tutta la volontà, pare difficile immaginare un cielo sempre terso per i due mesi di permanenza di Lennon.

L’episodio che dà il via al precipitare degli eventi avviene proprio per iniziativa di John. Stanco per la vita all’ashram, annoiato da Cynthia e dalla partenza di Paul e Ringo, chiede all’amico Alex Mardas di raggiungerlo.

Mardas, un ingegnere elettrico, fa da innesco per una situazione che andava saturandosi da un po’ di tempo. È lui che racconta a John di come il guru – che si professa casto – molesti o addirittura intrattenga torbidi rapporti con alcune delle ragazze ospiti, gettando anche l’ombra di oscuri traffici economici. Poco importa se la scintilla fossero le discusse molestie a Mia Farrow o a qualche altra ragazza, fatto sta che Lennon e Harrison decidono in tutta fretta e in preda all’indignazione di abbandonare il campo. Lennon specialmente, che era di carattere facile agli entusiasmi, la prende male e alle proteste del Maharishi che chiede spiegazioni, replica inviperito con una frase che sarebbe rimasta celebre: “Se sei davvero così cosmicamente informato come dici, dovresti saperlo il perché ce ne stiamo andando!

Il guru, che predicava la pace ma pare fosse piuttosto permaloso, fece di tutto per rendere difficile la partenza degli ultimi Beatles, che faticarono non poco anche solo per trovare dei taxi. Lennon e la moglie tornarono subito in Inghilterra, mentre George e Pattie, a testimonianza di un reale trasporto per l’India, vi trascorsero ancora qualche giorno.

Lennon rimase sempre col dente avvelenato, mentre gli altri Beatle avrebbero rivalutato l’esperienza e riallacciato i rapporti con Maharishi. Tuttavia il frutto più corposo della permanenza in India fu – manco a dirlo – la manciata di canzoni che Paul, John e George composero in quei giorni; la maggior parte finì nel doppio White Album, per alcuni il loro capolavoro.

Paul scrisse Rocky Raccoon, Wild Honey Pie, Mother Nature’s Son, Back In The USSR, Ob-la-di-ob-la-da, I Will, Why Don’t We Do It In The Road e con ogni probabilità il capolavoro acustico Blackbird; Lennon concepì Julia, Dear Prudence, The Continuing Story Of Bungalow Bill, Cry Baby Cry, Yer Blues, I’m So Tired e Sexy Sadie, dedicate polemicamente proprio al guru. Harrison, oltre ad alcune canzoni che pubblicherà da solista anni dopo, scriverà la sontuosa While My Guitar Gently Weeps. (leggi l’articolo)

Dopotutto, al netto di meditazione e presunte truffe, il soggiorno qualcosa di buono lo portò sicuramente.

— Onda Musicale

Tags: Mick Jagger, Ringo Starr, Paul McCartney, George Harrison, Pattie Boyd, Marianne Faithfull, While My Guitar Gently Weeps
Sponsorizzato
Leggi anche
Fleetwood Mac: “non ci sarà mai una reunion con Lindsey Buckingham”
Rock & Roll Circus, la follia dimenticata dei Rolling Stones