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Il Festival di Monterey e l’inizio dell’Estate dell’Amore

Monterey è una cittadina della California di circa 30mila abitanti, dove la vita scorre placida e tranquilla come il clima che la ospita.

Il vicino circuito automobilistico offre l’unica occasione per rompere l’idillio della natura, ricca di location da film western, tanto che da quelle parti fu girata la mitica serie Disney dedicata a Zorro alla fine degli anni ’50.

La fama di Monterey è giunta a noi attraverso un evento di tutt’altro genere, che per tre giorni fece del paese il centro del mondo e, in particolare, del movimento hippie e di quella che allora era definita musica pop: il “Monterey Pop Festival” del 1967.

Oggi pare quasi banale associare l’idea di folle oceaniche a festival rock più o meno di successo, ma allora il concetto era totalmente nuovo. Grandi assembramenti di giovani si erano già visti ovviamente nei concerti dei Beatles e ancor prima di Elvis Presley, tuttavia il concetto alla base dei nuovi festival era qualcosa di assolutamente innovativo. L’idea era quella di concerti che durassero per più giorni, spesso in grandi appezzamenti di terreno dove gli spettatori potevano accamparsi. In sostanza, un’idea comunitaria della musica, mai vista prima e che si confaceva agli ideali di movimenti come quello hippie e soprattutto alla scena di San Francisco, che divenne così la capitale della “Summer Of Love”.

Il primo vero tentativo in questo senso fu il “Trips Festival”, che si svolse nel gennaio del 1966 e nacque come tentativo di grande acid test di massa dei Merry Pranksters di Ken Kesey. Negli anni ’60 l’LSD era legale e ancora poco conosciuti erano i veri effetti di questa sostanza sintetica, tanto che veniva prescritta a cuor leggero da molti medici come rimedio per il mal di testa e l’insonnia. Gli acid test si ripromettevano di sperimentare gli effetti della sostanza sulla mente, testando le possibilità artistiche e filosofiche indotte dall’acido.

Durante la tre giorni di concerti, cui parteciparono circa 10mila persone, veniva servito uno speciale punch corretto con l’LSD. Ma, al di là degli effetti della sostanza sull’ingenuo pubblico dell’epoca, il festival entra a buon diritto nella storia sia per essere stato il primo, sia perché nell’occasione si formarono i Big Brother and the Holding Company, la band di Janis Joplin, che animò la rassegna assieme ai Grateful Dead, band ufficiale degli acid test.

Passa un anno e, dopo la prova generale del “Fantasy Fair and Magic Mountain Festival” – kermesse che voleva omaggiare nel titolo il mondo tolkeniano de “Il Signore degli anelli”, allora testo cult del movimento hippie – è il momento del “Monterey Pop Festival”.

L’idea vincente di unire in un solo evento le più importanti band del momento, fu di John Phillips, cantante dei Mamas & Papas, veri profeti del movimento. Messo a parte del progetto Lou Adler, manager e produttore, Phillips tentò dapprima di proporre il festival a una serie di personaggi influenti della discografia americana. Non ottenendo riscontri, i due decisero di fare da soli; La maggior parte dei musicisti interpellati si dichiarò entusiasta dell’idea, tanto che Paul Simon decise di contribuire versando di tasca propria 10 mila dollari. In pochi giorni il parterre dei collaboratori si arricchì notevolmente: Andrew Long Oldham, Paul McCartney, Mick Jagger, Jim McGuinn, Brian Wilson e tanti altri vollero dare il proprio contributo.

Alla fine di maggio del 1967 la macchina organizzativa era a pieno regime: location, cartellone e biglietti erano pronti. Ne vennero venduti ben 7000, mentre le autorità di Monterey avevano predisposto un massiccio spiegamento di forze dell’ordine per contenere eventuali disordini: 46 agenti sul luogo, un centinaio nei paraggi e 650 soldati della Guardia Nazionale allertati. Nessuno poteva prevedere che – oltre ai 7mila paganti – si sarebbero presentati 50mila spettatori privi del tagliando. Come due anni dopo a Woodstock, e come in uno di quei film western che si giravano in quei luoghi, all’alba del 15 giugno Monterey fu presa da assalto non dagli indiani ma da un numero impressionante di giovani, vestiti in modo pittoresco e pronti ad accamparsi con tende e sacchi a pelo. Tra giovani nudi, canne rollate ovunque, LSD e amore libero, Monterey si preparava a entrare nella leggenda del rock.

La tre giorni di concerti, a differenza di quello che sarebbe spesso successo di lì a un paio d’anni, fu un grande successo: la musica fu eccezionale, gli incidenti pochi e di scarsa importanza e la macchina organizzativa, soverchiata da numeri imprevisti e imprevedibili, resse, anche se la differenza tra spettatori paganti e non rimase solamente sulla carta.

Le band in cartellone erano numerosissime: Simon & Garfunkel, Eric Burdon & The Animals, Steve Miller Blues Band, Al Kooper, Paul Butterfield, Canned Heat, Otis Redding, Jefferson Airplane, The Byrds, Grateful Dead, The Who, Buffalo Springfield solo per citare I più celebri ancora oggi. Eppure le esibizioni che rimasero celebri furono due, quella di Jimi Hendrix e il set di Janis Joplin coi suoi Big Brother.

Janis Joplin

La cantante texana, quasi esordiente, mandò in visibilio i presenti con un’esibizione entrata nel mito, mentre Jimi Hendrix – presentato per l’occasione da Brian Jones dei Rolling Stones – passò in una sera da chitarrista semisconosciuto a vero e proprio mito vivente. Il suo live fu incendiario in tutti i sensi, col famoso rogo della chitarra a seguire una serie di canzoni in cui ammaliò il pubblico con la sua strabiliante tecnica, qualcosa che non si era mai visto prima. Secondo alcune fonti, l’idea di dare fuoco alla chitarra dopo averla cosparsa di un liquido infiammabile, non fu solo un rito quasi mistico che gli venne in mente sul momento, quanto un tentativo di andare oltre la distruzione dello strumento, cliché di Pete Townshend degli Who, avvenuto poco prima del set di Jimi.

A differenza degli altri due grandi festival storici, quello di Woodstock e quello dell’Isola di Wight, Monterey rimase un bellissimo ricordo per tutti i partecipanti; Grace Slick, la musa dei Jefferson Airplane, lo ricordò così: “Monterey è stato il più grande evento che io ricordi. Ancora meglio di Woodstock e di tutti gli altri festival!”

“Monterey ha rappresentato il primo atto di forza della musica, – disse invece Paul Simon – l’unica fede e verità per i giovani degli anni ’60.”

Ma forse sono le parole di David Crosby quelle che ci fanno meglio capire l’atmosfera e l’aura quasi mistica dell’esibizione di Jimi Hendrix a Monterey, e con cui concludiamo: “Ero ai margini del palco quando Jimi iniziò a suonare. Era vestito in modo strano ma tutti sapevamo che era un grande musicista. Ma quello che ha fatto a Monterey non ha niente a che fare con la musica e con quello che si era visto fino ad allora, è stato qualcosa di religioso, di inclassificabile, di mistico. Un’esperienza che non si può raccontare.”

— Onda Musicale

Tags: The Who, Pete Townshend, Mick Jagger, Woodstock, Paul McCartney, Jefferson Airplane
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