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L’irrefrenabile voglia del baratro. I sali di litio dai Nirvana agli Evanescence

“La società si dibatte nell’eterno bipolarismo tra le forze del cambiamento e le stesse della conservazione” (Jim Morrison)

Cantato e decantato dai poeti maledetti, vera innovazione per la cura del disturbo bipolare, i sali di litio hanno riscosso successo anche nella musica meritandosi persino l’intitolazione di due celeberrimi brani degli Evanescence e dei Nirvana. Lithium, per l’appunto.

Particolarmente utile nella cura medicamentosa sotto forma di carbonato o citrato, il litio è il farmaco par excellance per stabilizzare l’umore, adoperato anche per la cura delle cefalee a grappolo. I disturbi della psiche e del comportamento sono spesso i temi centrali di molteplici brani rock, e i miti attorno agli stessi, acuiti dall’enorme fascino per la psicologia e la parapsicologia negli anni ’80 e ’90, hanno forgiato schiere di rockers alla costante quanto maniacale ricerca di informazioni sull’inconscio e sul freudiano Io, in una vera e propria auto-terapia fenomenologica e psicoanalitica con risvolti persino criptoestesici, ipnotici e non di rado telergici.

Fu l’affascinante quanto geniale Kurt Donald Cobain, frontman dei Nirvana ed esempio lampante della mentalità grunge, ad usare per primo i sali di litio, e non sono musicalmente. Leggende attorno allo stesso narrano di suoi disturbi bipolari, avallati per giunta dal macabro fascino di Nevermind (lett. “non importa”), storico album della sua band dal titolo particolarmente bohemien.

Kurt Cobain

Nel caso di specie, Lithium assume parvenze introspettive d’una certa curiosità: il protagonista della canzone si rifugia nelle paturnie religiose a seguito della morte della ragazza, in un feuerbachiano “L’uomo crea Dio”. A sua immagine e necessità, aggiungo.

Il testo parrebbe di facile comprensione e, fin dalle prime battute, non lascia molte interpretazioni all’ascoltatore; “I’m so happy ‘cause today I found my friends”, seguito da un nitido “They are in my head” (“sono nella mia testa”), prelude l’intera tematica bipolare della quale, molto probabilmente, lo stesso Cobain era affetto.

La seconda strofa, dopo il semplice quanto martellante ritornello “Yeah”, è emblematica per la identificazione della sofferenza interiore:“I’m so lonely, that’s ok. I’ve shaved my head” (“Sono così solo, (ma) va bene. Ho rasato la mia testa”) è un palese riferimento alla pratica di radersi in stile I ragazzi dello zoo di Berlino proprio di chi vorrebbe rinascere spiritualmente ed emotivamente, come fa il capello dal suo bulbo pilifero, quasi ex novo.

L’andazzo della canzone lascia però il dubbio del suicidio del protagonista, con un conclusivo boccacciano susseguirsi di “ti amo, non mi spezzerò”“ti ho ucciso, non mi spezzerò”, tipico di chi preferisce fratturarsi anziché piegarsi, in una continua lotta col proprio Io caratterizzata da alti e bassi provocati dal litio.

New York, 4 dicembre 2006. L’etichetta discografica Wind-Up Records supporta la pubblicazione dell’altra Lithium, quella cantata dalla bellissima Amy Lee, voce e pianista degli Evanescence. In una intervista per Mtv, Lee ha dichiarato che il testo non parlasse dei sali di litio come cura del disturbo bipolare quanto come metafora circa i blocchi sul raggiungimento della felicità che affliggono molti giovani. In effetti, la tematica giovanile è spesso presente nei testi degli Evanescence e lo stesso ritornello del brano – “Lithium, don’t want to lock me up insede/ Lithium, don’t want to forget how it feels without (…)” – sarebbe stato scritto dall’allora sedicenne frontman del noto gruppo alternative rock che ha accompagnato la generazione degli anni Novanta.

Se nel caso dei Nirvana si optò per un video musicale contenente collage di loro esibizioni – sebbene le iniziali volontà di Cobain propendessero per un cartone animato apposito – per gli Evanescence, considerando anche l’evoluzione cinematografica dal 1992, anno di pubblicazione di Lithium dei Nirvana, al 2006, si procedette con una composizione grafica particolarmente articolata e più confacente allo spirito gotico del gruppo statunitense.

Una sofferente quanto battagliera Amy Lee intona le parole della canzone suonando il pianoforte nel bel mezzo di una natura gelida, con tanto di neve che si posa su di lei e sui componenti della band, e una continua contrapposizione tra la lei vestita di bianco e la lei vestita di nero.

Senso di speranza alla risoluzione dei conflitti interiori nella Lithium di Kurt, crudeltà e freddezza analitica per Amy, che non implica necessario pessimismo quanto un fervente realismo caratterizzante i sobborghi non sempre solari delle grandi metropoli, da New York a Londra.

Amy Lee

Bisogna considerare che non di rado la band della Lee abbia celebrato i nefasti gotici e le relative introspezioni in molteplici testi al fine d’evidenziare i danni cagionati da un post-moderno in cui siam piombati senza troppe autorizzazioni: marketing, pubblicità, eccessi del consumismo, sono solo alcuni degli argomenti contestati dagli ultimi uomini del rock, non comprensivi delle smanie turbo-capitalistiche di un mondo contemporaneo sempre più lontano dal realizzare le vere felicità della vita (argomento trattato perfettamente, sia musicalmente che videograficamente, nella celeberrima Everyboody’s Fool – Evanescence).

 

— Onda Musicale

Tags: Nirvana, Evanescence, Amy Lee
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