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Recensione: “Il senno del pop” di Mirco Menna

Con Il senno del pop, uscito a novembre il cantautore bolognese Mirco Menna ha voluto cimentarsi in un album eclettico che strizza l’occhio a varie sonorità avvalendosi, tra l’altro, di collaborazioni non da poco.

Queste ultime verranno adeguatamente citate nei pezzi appositi, ma prima di partire con l’analisi delle tracce mi complimento già da ora con Giancarlo Bianchetti (chitarra), Maurizio Piancastelli (tromba), Camilla Missio (basso) e Roberto Rossi (batteria) per l’ottimo lavoro svolto sui loro strumenti. Per quanto riguarda invece le tracce:

Portati da un fulmine: tra atmosfere tessute da chitarre acustiche, percussioni caraibiche, ukulele e quant’altro di esotico possa venirvi in mente Menna parla di come, alla fine, si cresce.

Allungati i pantaloni, più stoffa, maggiore età” è poi una di quelle frasi che colpiscono particolarmente per la sua innocenza quasi fanciullesca che fa tornare la mente indietro a parecchi anni fa ormai. Ottimo il lavoro anche delle chitarre elettriche effettate!

Arriverai: questo pezzo vale già tanto solo a partire dal fantastico minuto di intro completamente strumentale che accompagna alla perfezione la sognante, ed allegramente nostalgica, voce di Menna che tratta quel tema evergreen che è l’amore.

Così passiamo: tra accordi acustici staccati e sonorità elettriche distorte questo brano vede la partecipazione della jazzista Silvia Donati.

Due voci così diverse, eppure così simili, che si uniscono assieme per un risultato comune. Devo ammettere che un po’ mi ha ricordato i lavori firmati Mina e Adriano Celentano.

Le chitarre poi, sempre adeguatamente arricchite con gli effetti, svolgono un lavoro che definire eccellente è ancora troppo poco mentre “giocano” con le trombe.

Sole nascente: ritorniamo ancora nel jazz grazie alla fisarmonica di Gianni Coscia che si inserisce alla perfezione in un brano da sonorità quasi “bucoliche”.

Il testo trae spunto dall’omonimo dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo, autore del celeberrimo quadro simbolo del socialismo Il quarto stato, e fa sì che l’ascoltatore s’immerga nelle atmosfere dei quadri del famoso pittore. Tra storia, natura, fantasia e naturalmente arte.

Il descaffalatore:il curioso personaggio è praticamente un personaggio del regime consumista inventato per lo spettacolo di Andrea Segrè e Massimo Cirri, Spreco, e disegnato da Altan.

Tra accuse sarcastiche alle corsie del consumismo, le divise pulite dell’ipocrisia ed il Fabrizio De André del periodo Storia di un impiegato, Menna tesse un brano ironiche e accusatorio senza pari. Le sonorità jazz rock in sottofondo sono un autentico spettacolo per l’udito.

Ora che vai via: una triste e commovente milonga parla degli abbandoni, quei maledetti abbandoni, momenti che si vorrebbe evitare con tutto sé stessi, ma spesso arrivano e fanno un male che è destinato a riverberarsi nel futuro.

Alzate il volume, prendetevi un bicchiere di quello buono e poi scrivete quello che non avete mai detto a quella persona in una lettera. Spedirla o meno sarà una vostra scelta.

Prima che sia troppo tardi: altra grande partecipazione con l’inconfondibile cantautoreZibbache, ottimisticamente anche se moderato, si cimenta in un duetto con Menna. È forse troppo tardi o si può fare ancora qualcosa? “God bless America!”

Il senno del pop: brano autobiografico e, a tratti, comico che vi farà ricordare il buon vecchio Lucio Dalla dei tempi migliori. Qui Menna parla di sé stesso e della sua strana vita tra canzoni, amore e situazioni assurde.

Una canzone che vi saprà strappare più di un sorriso e che riesce a saltare da una sonorità all’altra. Continuate a premere “repeat”!

Da qui a domani: versione live acustica per quartetto di un brano che lo stesso Menna aveva precedentemente inciso con la Banda di Avola.

Questa volta la pungente penna del cantautore bolognese va a colpire il tanto discusso e citato “mercato” che ci sta rovinando tutti.

Chiedo scusa se parlo di Maria: come chiudere alla perfezione un buon disco di cantautorato? Semplice, con un omaggio al mai dimenticato Giorgio Gaber!

In conclusione che dire di questo disco? Eviterò di essere prolisso e vi disco subito che mi è piaciuto talmente tanto, fila via che è un piacere, al punto che me lo sto già riascoltando!

— Onda Musicale

Tags: Mina, Adriano Celentano, Lucio Dalla, Giorgio Gaber, Vanni Versini, Storia di un impiegato
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