Recensioni e Interviste

Marco Filippone: intervista all’autore de “Il calzino spaiato”

Marco Filippone nasce a Trento il 5 gennaio1966. Disegna e scrive fin da bambino, facendo divertire compagni di scuola e amici. Finite le scuole e passato un triennio nei carabinieri si dedica all’attività familiare, gestendo una pizzeria.

Nel frattempo non dimentica la propria passione studiando da autodidatta, pittura e disegno. Ma è solo all’età di 40 anni che decide di percorrere una nuova strada, studiando e completando con buoni meriti, all’accademia delle arti figurative e digitali di Padova, conseguendo il diploma di fumettista. Realizza varie mostre, partecipa ad alcuni spettacoli multimediali, disegna concept e character design per alcune aziende, vignettista per un quotidiano on- line, scrittore. "Il calzino spaiato” nasce per gioco scrivendone alcune puntate sui social. Un appuntamento da caffè del mattino che, apprezzato dai “followers”, stimolerà lo scrittore a realizzarlo in forma definitiva su carta.

 

Come si presenterebbe Marco Filippone, per chi non ti conosce?

"Sono un novello scrittore. Amo raccontare storie e pensieri, in forma scritta o disegnata, da quando ero alle elementari. Mi sono accorto di me però solo “da grande”. Superati i quarant’anni sono entrato in una scuola di fumetto e mi sono innamorato. L’ho frequentata per tre anni conseguendo il diploma come fumettista. Da allora ho preso coraggio e ho iniziato a rendere pubblici i miei pensieri e immagini. Ah dimenticavo, nel frattempo, gestisco la pizzeria di famiglia, nata come me dalla volontà dei miei genitori nel 1966."

 

Sabato 19 ottobre in cinque scrittori trentini vi siete riuniti per presentare i vostri libri. Come e quando è nata questa idea e cosa pensi di questo contatto con la gente in un luogo suggestivo e rappresentativo per la città di Trento come il Museo Diocesano?

"Direi che grazie a Marco Ianes, (leggi la nostra intervista – NDR) di fatto il promotore di questa idea, non avremmo potuto scegliere a Trento un luogo migliore. La sala degli arazzi ha un fascino suggestivo, un luogo che consiglio debba essere visitato da chi se lo fosse lasciato sfuggire fino ad ora. Bella anche l’idea di stare in compagnia di altri scrittori, Marco Ianes, con il suo “Il nuovo mondo”,  Maurizia Scaletti con “tutta la vita davanti”, Angelica Tarabelli con “Metodo globale di autodifesa femminile” e Corrado Campestrini con “Nel nome di Alice”.  Una occasione di scambio di idee e perché no, qualche risata. In loro ho trovato nuove e vecchie, senza offesa per le “ragazze”, amicizie. Sicuramente ci sarà occasione per future collaborazioni."

 

Quando nasce in te la passione per la scrittura?

"In parte ho già risposto a questa domanda nella prima parte dell’intervista. Vorrei aggiungere che la passione era lì da sempre, solo che da piccolo, essere un maschio sensibile poteva essere visto come una debolezza. Ecco perché tenevo questa passione quasi segreta. Le esperienze della vita e in  particolare l’amore o la perdita dello stesso, hanno fatto nascere in me la voglia di mettere su carta o meglio su un cellulare i miei pensieri. Una cara persona poi mi ha dato la spinta per mostrarli al pubblico."

 

Nella presentazione del tuo libro al Museo Diocesano hai raccontato di come, spesso, hai scritto con il cellulare alcuni passaggi del tuo libro la sera prima di addormentarti. Puoi dirci qualcosa di più al riguardo?

"Certo. Spesso scrivo prima di addormentarmi, è come se portassi fuori i pensieri della giornata. Alle volte mi piace sentirmi un osservatore, studio quello che accade intorno a me, e come gli accadimenti si ripercuotono sulle azioni delle persone. Ho scaricato una classica applicazione per prendere note sul cellulare. Trovo sia comodo. Sono nel mio letto e quando tutto si quieta, nella notte, scrivo. Poi invio subito, quasi di getto, quello che ho scritto sui vari social. Amo vedere le interazioni degli altri con i miei pensieri, anche se a dire il vero, spesso le persone si accontentano di mettere un like. Questo non mi dispiace affatto, ma preferirei ascoltare o meglio, leggere i pensieri degli altri, in modo da creare una sorta di brainstorming, quest’ultimo risulta sempre nutrimento per la mente."

 

"Il calzino spaiato" è il tuo primo romanzo. Come è nata questa idea e di cosa racconta il libro?

"Come spesso si sente dire, questa idea è nata per caso. Non pensavo di scrivere un libro. Come sono solito fare prima di addormentarmi stavo pensando alla giornata. Quel giorno come accade a molti, mentre stendevo i panni, un calzino era mancato all’appello. Ho immaginato di essere il calzino rimasto solo, mi sono fatto una semplice domanda:” Dov’è finito mio fratello?” Ho scritto quindi alcune righe cercando di cammuffare  fino alla fine il fatto che quel pensiero nascesse da un calzino, sorridendo all’idea che il lettore ne sarebbe rimasto sorpreso. Invece quello sorpreso fui io alla richiesta di alcuni “followers” di continuare la storia. Da quel momento in poi scrissi tutte le notti per un mese una puntata. Ad un certo punto mi è stato detto: “perché non ne fai un libro?”  E così fu. La ricerca del calzino è una avventura che porta a conoscere molti personaggi strani, essi rappresentano esperienze mie oppure esperienze raccontatemi nel corso delle chiacchierate  tra amici o amiche. È una metafora di più vite. Può essere letto semplicemente come un’avventura oppure si può cercare all’interno della stessa un po’ di noi."

 

Quanto impegno ha richiesto la stesura del libro e come sei riuscito a conciliare, lavoro, famiglia e scrittura?

"In realtà scriverlo per me non è stato un impegno seppure c’è voluto del tempo, ma un divertimento. Dopo la prima stesura è stato più faticoso il tempo di correzione, impaginazione  e tutto quello che sta dietro al mondo dell’editoria. Grazie all’aiuto dalla casa editrice Reverdito editore, la quale ha creduto in questo mio scritto, siamo arrivati fin qui. Come dicevo, scrivo di notte, l’unico momento in cui, non devi spiegazioni e non togli tempo a nessuno. Certo alle volte la mattina successiva è un pochino faticoso alzarsi e con il passare degli anni inizio ad apprezzare una pennichella pomeridiana quando è possibile."

 

Che progetti ha per il futuro?

"Ho in uno scaffale virtuale una storia parcheggiata da anni. “Parcheggiata” cade a fagiuolo… Il titolo è “Solo un auto”, Una storia che prende spunto dalla “little bastard” l’auto che portò alla morte il mito James Dean. Questo scritto assomiglierà di più a un romanzo. In effetti però, ho anche altre cose nel taschino, cose che mi fanno sorridere nello stile del calzino… Stay tuned."

 

   Stefano Leto 

— Onda Musicale

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