Recensioni e Interviste

Fred Schendel: intervista ad uno dei fondatori dei Glass Hammer

I Glass Hammer sono una band progressive rock americana formatasi a Chattanuga (Tennessee) nel 1992 per iniziativa di Steve Babb e Fred Schendel.

La band ha visto alternarsi nel ruolo di cantante Michelle Young, Walter Moore e Jon Davison che nel 2012 è diventato anche il cantante degli Yes, senza abbandonare però i Glass Hammer.

La formazione ha al suo attivo 15 dischi in studio e due dischi live ed attualmente è composta da Fred Schendel (tastiere, chitarre, batteria e voce), Steve Babb (basso, tastiere e voce), Susie Bogdanovicz (voce), Carl Groves (voce), Jon Davison (voce) Kamran Alan Shikoh (sitar e chitarre), Aaron Raulston (batteria).

Il nostro giornale ha contattato Fred Schendel, uno dei due fondatori della band, al quale abbiamo rivolto alcune domande. 

 

Raccontaci qualcosa a proposito del creare una band come i Glass Hammer.

"Steve Babb ed io avevamo entrambi abbandonato delle band molto commerciali che erano altrettanto vicine all’ottenere un contratto discografico, ma non ce l’hanno fatta. Ero in un gruppo country ed era una sorta di band hair – pop metal in stile Bon Jovi. Ci abbiamo messo un sacco di tempo e sforzi per arrivare vicini – ci spiega Fred – ma alla fine non abbiamo raggiunto nulla. Negli ultimi giorni sembrava che stessimo lavorando un sacco a qualcosa che non ci avrebbe mai ripagato, avrebbe dovuto essere qualcosa in cui credere. Eravamo dei fan del prog e quindi abbiamo deciso di fondare i Glass Hammer con due cose in mente. La prima era suonare la musica che ci piaceva e la seconda controllare il progetto e non permettere ad altre persone di farlo deragliare. Questo è stato il perché, per molti anni, siamo stati un duo con molti musicisti ospiti."

Canti e suoni molti strumenti. Quando, e come, hai imparato a suonarli e quale di questi è il tuo preferito?

"Il mio vero percorso di formazione come musicista, nei primi anni, è stato quello di pianista ed organista. Tutto il resto l’ho imparato da solo e mi piace mescolare tutto assieme. Mi sento comunque di dire che sono più prolifico come tastierista. Sono un chitarrista passabile e una volta mi sono anche cimentato come batterista. in fondo la batteria è quello che mi piace di più – prosegue Schendel – e rappresenta uno degli strumenti a cui ho dedicato più tempo. Al momento sono sempre sul punto di essere un batterista decente, ma non abbastanza. Quando suono la batteria in un album c’è sempre qualche sorta di artificio e inganno assieme alla magia dello studio, ma credo di avere delle potenzialità per diventare davvero bravo. L’ultimo strumento che ho provato recentemente, ma che non ho avuto il tempo di approfondire per diventare bravo, è stato il flauto."

“Journey of the Dunadan” è ispirato a “Il signore degli anelli”, quali sono le tue altre influenze? Sempre per quanto riguarda letteratura, poesia e musica.

"Steve ed io abbiamo un legame comune per quanto riguarda “Il signore degli anelli”, abbiamo letto la saga un sacco di volte. A parte questo non sono proprio un grande fan del fantasy. Mi piace molto CS Lewis, ma da adolescente leggevo di più Douglas Adams e Sanislaw Lem che è il mio autore di fantascienza preferito. “2001: Odissea nello spazio” ha avuto un grande impatto formativo su di me quando ero un ragazzino. Sono andato a vederlo al Cinerama quando avevo circa sei anni. Inoltre anche “Twin Peaks” e David Lynch sono stati molto influenti. Questa è sempre stata una domanda veramente difficile e riguarda un contesto talmente grande che non so mai da dove partire. Per analizzarla tutta mi ci vorrebbe una vita intera."

Tu e Steve Babb siete ancora nella band dopo tutti questi anni. Come ti fa sentire questo?

"Qualche volta un po’ stufo, ma di solito bene. C’è una bella stabilità che sembra avere un’influenza positiva sull’essere in grado di scrivere musica. Occasionalmente entrano nuove persone, come Kamran Alan Shikoh ed Aaron Raulston, che scuotono un po’ le cose e questo aiuta molto. Per definizione i Glass Hammer siamo noi due quindi se non fossimo entrambi coinvolti non ci potrebbe essere una band. Si chiamerebbe in qualche altro modo."

Raccontaci qualcosa a proposito del tuo periodo con i Wyzards

"È stato interessante. Non sono mai stato dentro quella band, è stata una riformazione di questa che Steve, ed il chitarrista David Carter, hanno fatto nei primi anni ’80. La band si chiamava Wyzards, ma quando abbiamo ultimato l’album c’era un’altra band che si chiamava Wizards e quindi proviene da qui il nuovo nome. Perlopiù ero un co–produttore ed un secondo tastierista mentre Steve ha suonato le tastiere ed altri strumenti nella maggior parte del disco. È stato difficile da fare. C’erano molti scontri tra personalità anche nella produzione e molti batteristi coinvolti, nessuno dei quali ci ha dato la possibilità di registrarli al meglio. Un tizio ha praticamente suonato la sua parte su di un octapad all’interno di una stanza d’albergo e ce l’ha mandata. Io ho programmato la batteria in una canzone e questa suonava comunque datata, e questo è quanto. I due concerti che abbiamo fatto sono stati comunque veramente belli. Non ha mai avuto uno scopo preciso se non quello di essere un side project."

Come si compone il tuo live set (strumenti, effetti, amplificatori)?

"Per gli ultimi anni ho usato un sistema basato su un laptop con dei plugin di tastiera virtuali. Mi ci è voluto molto tempo per eliminare i bugs, ma ora sono veramente soddisfatto di questo, posso esibirmi ovunque con il laptop e, se mi danno quattro tastiere di ogni tipo, posso ottenere il mio sound personale. Il cuore di questo equipaggiamento è un software chiamato Cantabile che funge, per l’appunto, da cuore per tutto il sistema. Con questo ho tutte le nostre canzoni assemblate grazie alle tastiere virtuali. Adesso, per i nostri concerti, utilizzo circa un centinaio di plug – ins. Tutti questi sono organi, synth, loop ed effetti, è fantastico. Inoltre ho un laptop di riserva se il primo dovesse rompersi."

Quali sono i tuoi progetti futuri?

"I Glass Hammer cominceranno a scrivere ancora tra un mese o due, ma io non ho ancora idee per un secondo progetto solista. Il primo, “Do Not See Me Rabbit” è disponibile su www.bandcamp.trurl al ragionevole prezzo di cinque dollari! Non ho comunque un’idea al momento. Voglio staccarmi un po’ dal computer e registrare il suono dei microfoni anche se è veramente strano e lo–fi. Sarebbe totalmente l’opposto filosofico rispetto al primo album che è risultato essere perlopiù lo spingere le abilità di una persona per far sì che assomigliasse ad una band. Inoltre Kamran Alan Shikoh ed io abbiamo un album segreto come duo che pubblicheremo presto sotto uno pseudonimo. Quindi, quando lo sentirete, potrete solo dire ‘hey, è questo l’album di cui Fred stava parlando?’ perché non lo saprete mai!"

 

Stefano Leto – Onda Musicale

 

 

— Onda Musicale

Tags: Twin Peaks, Yes
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