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The Doors: recensione di “London Fog 1966”

"Era talmente deprimente che, appena finivamo di suonare, correvo davanti al Whisky per vedere suonare i Love davanti alla folla che gremiva il locale; avrei voluto essere uno dei Love, loro si che ce la stavano facendo a diventare qualcuno."

"E invece ero nei maledetti Doors" dice John Densmore durante il periodo della band al London Fog. Eppure fu proprio in quel buco di locale (una ex bisca scalcinata e sporca frequentata da marinai, perdigiorno ed ubriaconi più qualche uomo d'affari di passaggio e qualche puttana) che i Doors posero le fondamenta per la loro breve, fulminante, intensa e grandiosa storia.

La band losangelina da alcuni mesi si sbatteva avanti e indietro per fare ascoltare il proprio primo demo (senza Krieger, con gli altri due fratelli Manzarek ed una tizia al basso) a tutte le case discografiche senza essere minimamente cagati; la Columbia fece loro un contratto a tempo determinato di 12 mesi ma non li chiamò mai per provare e registrare nulla.

Quando poi un giorno i ragazzi si presentarono in sede per chiedere cosa intendevano fare e videro sulla scrivania un elenco di "band da eliminare" con il loro nome come primo della lista, non ci pensarono un minuto e, colpiti nell'orgoglio, decisero di rompere quel contratto-farsa. Prima di quel giorno però, il padrone del London Fog, tale Jesse James, (che si vantava di essere il pronipote del famoso fuorilegge del Missouri) era venuto a sapere che il gruppo era stato messo sotto contratto e propose loro una serata di prova.

La prima sera i quattro chiamarono tutti i loro amici dell'Ucla, il locale era strapieno e il proprietario, soddisfatto, li ingaggiò immediatamente come gruppo fisso. Suonavano quasi tutti i giorni, quattro esibizioni per sera dalle nove alle due di notte, per pochi dollari.

Peccato, per il James, che dalla seconda serata, gli amici non vennero più e il locale tornò al solito squallore. Ma torniamo ai nostri ed a questi pochi mesi (da metà febbraio al 7 maggio) che suonarono al London Fog. Qui la band ebbe il tempo di fare esperienza e di ricavarne tutti i vantaggi possibili: Robby e John presero coscienza del proprio bagaglio tecnico, Ray affinò la sua mano sinistra per la linea di basso, ma soprattutto James Douglas passò da quello timido che voltava le spalle al pubblico ad interprete, pur acerbo, capace di dare spettacolo.

I pezzi erano già parecchi; quasi tutti quelli dei primi due album, più tantissime cover del loro amato blues. E poi c'erano i pezzi "in evoluzione" come "The End" che iniziò come una "canzoncina" e diventò ciò che conosciamo.

Questo periodo fu quindi fondamentale per i Doors; i ragazzi cominciarono a farsi un nome in quella splendida, frenetica e surreale atmosfera che vi era in Sunset Strip. "Andiamo a sentire quel nuovo gruppo, con quel cantante sexy e pazzo, sono bravi", le voci correvano. Ronnie Haran talent scout del "Whisky A Go Go" li notò (o meglio notò Morrison) e li fece prendere al locale più famoso dello Strip come gruppo del locale dal 9 maggio fino ad agosto; qui suonarono con tanti grandi, qui Arthur Lee fece venire quelli dell'Elektra per sentirli ed ingaggiarli, qui i due Morrison una sera suonarono insieme, qui James Douglas diventò ciò che dopo poco non sopporterà, qui parti veramente la leggenda… ma questa e' un'altra splendida storia che verrà.

Questa registrazione e' merito di una fan della prima ora, tale Nettie Pena, che rubava il registratore al padre professore per andare a registrare quel nuovo gruppo. il lavoro di masterizzazione è di Bruce Botnick fonico di fiducia da sempre del gruppo oltre che produttore di LA Woman. Dal punto di vista prettamente musicale si tratta di una mezz'ora di musica scarsa, sette brani, due soli gli originali e cinque cover. Il suono comunque non è male, praticamente una garage band che ci da dentro "ascoltata" dai pochi avventori che parlano tra loro in sottofondo.

Il London era lungo e stretto con il piccolo palco in fondo leggermente rialzato; oltre ai ragazzi c'era tale Ronda Layne come ragazza GoGo che ballava dentro una gabbia (per la cronaca Morrison si fece pure lei o pure lei si fece Morrison). Ciò che rende bella e unica questa registrazione è allo stesso tempo il suo limite ovviamente; sono comunque quattro ragazzi alle primissime esibizioni. Dal punto di vista storico della band, dello Strip e di Los Angeles è un cimelio. In edizione limitata 18.000 copie, l'acquisto è solo per vecchi nobili, misantropi e rincoglioniti come il sottoscritto.

Voi nobili "normali" (ma non tanto spero, gran brutta parola!) tenetevi "Absolutely Live" e gli altri live più o meno ufficiali in circolazione. Spero che in questo anno dell'anniversario dei 50 possa saltare fuori qualcosa del Whisky, non sarebbe male. Ricordiamoci sempre che i Doors live sono una band da piccoli club o arene dove il loro sound e l'approccio di Jim con il pubblico riuscivano ad ottenere il massimo.

Jim aveva bisogno del contatto con il pubblico, il loro non era un concerto normale ma un vero e proprio rito in cui musica, frontman, pubblico e band diventavano una unica entità.

Mr Mojo Risin'

 

Tracklist

Rock Me

Baby, please don't go

You make me real

Don't fight it

I'm your hoochie coochie man

Strange days

Lucille

 

Divagazione… la tomba di James Douglas e' da anni in pessimo stato; per rispetto a lui, alle milioni di persone che ogni anno ancora passano per un saluto, dovrebbe essere sistemata a dovere. In questo senso sia gli eredi che Krieger e Densmore mi fanno pena. Se non lo fate col cuore fatelo almeno per tutto il vil denaro che vi ha fatto guadagnare porca troia! La Contessa mi ha detto "sono sicura che se avessi i permessi lo faresti tu"… ovvio…

(fonte: link)

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— Onda Musicale

Tags: The Doors, John Densmore
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