Recensioni e Interviste

Jethro Tull: recensione di “Songs From the Wood”

PROLOGO. Ho dato uno sguardo alle recensioni gia’ presenti e realizzate con grande passione su uno degli Album piu’ amati dei Jethro Tull, per cui so bene di camminare su una lastra di ghiaccio.

Mentre scrivo ho in cuffia un bellissimo pezzo di Maddy Prior (COLD FLAME) al quale ha prestato servizio Martin Barre’ appena un anno dopo aver dato alle stampe col suo gruppo SONGS FROM THE WOOD.

POLEMIZZANDO. Quando si parla dei Jethro Tull dell’era classica si parla sempre di 2 formazioni ma forse piu’ gisto sarebbe parlare di identita’, la prima ,quella che parte da THIS WAS nel 1968(sorta di Prequel and Litteram) e si ferma al 1970 con “Benefit “,abbiamo poi “Aqualung” a cambiare le carte in tavola, gia’ presente qualche Restilyng in quanto entra in pianta stabile il Bassaro Jeffrey Hammond che pare suonasse gia’ dal vivo con la band prma di quest’Album , e’ lui il bassista di Dharma for one versione “Living in the Past”. Il successo travolgente di “Aqualung” allontana il batterista Clive Bunker che sceglie la famiglia al ritmo frenetico della Rock Star.

Dal maxi singolo “Life’s a long songs” (5 pezzi in tutto) arriva Barriemore Barlow e con “Thick as a brick” entra la nuova e seconda foramazione-identita’ che i Fan considerano fino al 1979 a “Stormwatch” compiuto, in realta’ la band verra’ smantellata al termine del Tour di “A “nel 1981 e diciamo anzi che Anderson li lascera’ andare. Ma io credo che ci sia invece una terza formazione-identita’ con una linea ed un autonomia totalmente a se che esordisce proprio con SONGS FROM THE WOOD, una rapida analisi , dal 72 al 75 la band aveva un incredibile attivita’ concertistica, gia’ dimezzata nel 1976, un escalation di lavori non solo musicali ma artisticamente teatrali,commedie ironico demenziali per Thick as a brick, viaggi a ritroso nell’aldila’ con intermezzo ridanciano di Lepri che perdono gli occhiali in Passion play, film a sfondo ecologico in War Child e una chiara riflessione autobiografica in Minstrel in the gallery,senza mai rinunciare grazie alla presenza scenica di Hammond ad una serie di Gag in perfetto stile Avanspettacolo per animare quei concerti.Confezione modaiola per far colpo su una critica che sara’ il bilancino dell’ego di quel Ian Anderson.

Poi tutto o quasi cambia, va via amichevolmente Hammond e al basso arriva John Glascock e si insinua sempre di piu’ la figura di David Palmer arrangiatore e curatore delle parti orchestrali (escluso il lavoro in Living in the Past) dagli esordi della band.

Sparisce la teatralita’, sparisce l’ambizione CONCEPT, sparisce l’esigenza di sorprendere tutto e tutti con Album a tema, dal vivo la Band studiera’ i concerti e anche l’esecuzione dei pezzi in perfetto stile STUDIO DI REGISTRAZIONE limitando anche grazie all’uso della doppia tastiera l’improvisazione nelle partiture. Anche la presenza scenica cambia, Anderson e soci si presentano sul palco da veri Gentleman inglesi abbandonando la linea del Rocker duro e puro(ma anche un po’ buzzurro) inaugurata con War Child.

Il nuovo disco infatti parte da una (per me terza) formazione con nuova linfa creativa sviluppatasi in un periodo particolarmente difficile per Anderson.

LA GENESI. Occorre fare qualche passo indietro, a parere mio Anderson si stava disinnamorando della sua creatura , e col beneficio d’inventario realizza che gia’ nel 1975 la band aveva ormai dato tutto, i musicisti avevano realizzato i loro sogni, soldi,fama, concerti e dunque stanchezza, ma non stanchezza compositiva, la band rendeva bene ma l’umore era cambiato, Evan ormai intonava al piano solo musica classica, dedito al bere e a depressione anche per questioni sentimentali, Barlow era quello con cui si litigava su tutto e Hammond non era un vero musicista, ma un’ artista prestato alla musica,(parole di Anderson).

Questo aveva visto Anderson, ma anche lui si chiuse a riccio verso tutto e tutti, anche lui aveva le sue grane, qualche scapatella(la ballerina di Passion play)e il divorzio dalla prima moglie, quella Jennie (ragazza ebrea all’epoca segretaria alla casa discografica) cui Anderson cointesto’ Aqualung, molte di queste cose sono messe in maniera subliminale nell’ Album Minstrel dove si parla alla fine di una sorta di prezzo da pagare in cambio di quello che la band ha avuto, Black Satin Dancer parlava di un ultimo amplesso di una coppia, One white duck invece era un po’ frattura e tentativo di ricomposizione della storia d’amore, piu’ tanti altri episodi in cui Anderson e’ stufo di sentirsi al centro del mirino,da tanto ormai ai danni dei Jethro Tull la stampa aveva da tempo iniziato una caccia alle streghe.

La prima mossa fu l’opera teatrale che poi divenne Too old to r’n’roll ,ma anche qui la band non era granche’ interessata a questo lavoro, uno sfavato Martin Barre’ ma anche Barlow alla batteria vennero rimpiazzati dallo stesso Anderson in alcuni episodi e non manchera’ di evidenziarlo nei crediti, Palmer parlera’ di vera e propria burrasca in studio .

Un po’ come Aqualung questo lavoro fara’ da sparti traffico alla terza (?) formazione. Anderson si compra casa in campagna e vi si trasferisce con la moglie, scoprendo che una canzone invece che in albergo la si puo’ comporre davanti al fuoco di un camino, oppure dopo una cavalcata nei boschi se non con una canna da pesca in mano, c’e’ un ambiente nuovo e nuova ispirazione, l’idea e’ di trascrivere in musica per il gusto di suonare e stare insieme ma occorre una figura carismatica per la scrittura e l’arrangiamento, figura che non puo’ ricoprire il John Evan dell’epoca per cui visto che esiste una intera formazione da rimettere in riga viene assunto come secondo tastierista David Palmer.

Due Parole su Palmer: Piu’ arrangiatore che esecutore, piu’ direttore d’orchestra che tastierista, Palmer vanta molta esperienza e diventera’ una sorta di nume tutelare di Anderson, dandogli anche lezioni di teoria applicata alla musica, sara’ l’unico dei dimissionari a collaborare di nuovo negli anni 80 (45 giri Coronach e il lavoro Classic case) e quando decidera’ dopo la morte di sua moglie di cambiare sesso Anderson sara’ uno dei primi a dare una sorta di approvazione, ancora oggi dopo aver fatto il “TAGLIANDO” continua a fare musica e non lesina collaborazioni con gli ex Tull.

Il DISCO. Ottavo posto in America e numero 13 in Inghilterra questo disco presenta subito delle novita’, il suono anni 70 e il rock duro sparisce, ci sono elementi di forte richiamo alla musica popolare, Folk con la f minuscola e accademica dira’ il Leader, Barre’ e Barlow sono i primi ad essere un po’ sacrificati, io credo che la band si sia prima documentata sul nuovo genere, facendo un ottimo lavoro generale con alcuni pero’ momenti non felicissimi a parer mio, la produzione si preoccupa in generale di dare un sound levigato e quindi non si sente il vero DNA dei Jetrho Tull , il Prog viene ridimensionato ma resiste, che quest’ Album abbia impegnato assai la band e’ provato dal fatto che non ci saranno ne inediti ne out take ne altro, persino Barlow in concerto per il suo consueto assolo di batteria dovra’ riciclare un pezzo dell’anno precedente e la raccolta si ferma non oltre i nove pezzi, vero, ci sono canzoni lunghe ma anche canzoni che non toccano i 3 minuti. Da questo album Anderson si inventa la famosa e un po’ CAZZARA “Additonal material by DAVID PALMER MARTIN BARRE’.

Le atmosfere medievali ma anche un muro di tastiere e sintetizzatori ci consegnano il secondo Album in assoluto insieme a Benefit a privarsi dell’orchestra , proprio quell’orchestra che metteva in luce il talento di Palmer, sinceramente non ho mai visto questa forzatura nell’accostare questo album ad Heavy Horses e Storm , io invece come metodologia, esigenza e condizione generale lo vedo vicinissimo a BROADSWORD di cui ne considero un Remake 5 anni dopo di questo , per il resto molta chitarra a 12 corde e tanta voglia di ripulire la band dagli eccessi del passato e non solo musicalmente parlando.Nulla di veramente nuovo alla fine , gia’ nel 1972 i Gentle Giant si cimentarono nel mix di Rock e suoni alla Re Artu ma qui’ il taglio ‘e piu’ mirato e meno sperimentale.Gia’ chiaro un piccolo calo vocale di Anderson.

LE CANZONI (Giusto analizzarle tutte)

Songs from the wood e’ anche la little track che apre il disco, nulla da dire siamo ancora sul classico , rock,prog, virtuosismo e bravura insieme per un condensato di Thick as a brick.

Jack-in-the-Green e’ uno dei 2,3 pezzi totalmente Made in Anderson, ci suona anche tutti gli strumenti e un po’ si sente, canzone semplice ma onestamente nulla di piu’ gli preferiamo le versioni Live dove sembra trovare la sua vera identita’.

Cup of wonder invece riprende il tema Prog e resta una perla mai veramente coccolata dai fan dell’album, linea centrale che conferma Barlow come il Re della battuta sincopata.

Hunting Girl invece ‘e l’unico pezzo lontano da sonorita’ folk ma resta anche una canzone interlocutoria perche trattandosi di rock, la produzione ne imbavaglia di molto la sua sonorita’per non stonare col resto del disco, la doppia cassa di Barlow ‘e un po’ nascosta, Barre’ ci schiaccia sopra un vaniloquente WHA-WHA per chitarra e Anderson che secondo me ha fosre toppato la tonalita’ cerca di suonarci il piu’ pulito possibile, canzone che gia’ di suo non ‘e un capolavoro qualcosa recuperera’ dal vivo ,con un testo non immacolato, musicalmente ha un qualcosa di commerciale.  

Ring Out Soltice Bells e’ un pezzo di chiara scrittura Anderson-Palmer-Barre ,canzone molto diversa dal genere della band, interessante ma troppo natalizia ,da ascoltare per capire dove stavano ceracndo di andare a parare ,uno dei momenti piu’ difficili ,il resto ‘e mancia.

Velvet Green e’ una canzone manifesto del nuovo sodalizio Anderson-Palmer, siamo di fronte ad un pezzo che trasmette il nuovo ambiente di Anderson. Anche se non sembra ,esiste qui un gran lavoro di basso, la parte cantata centrale resta la cosa migliore.

The wistler invece e’ un solido rock con sfumature folk,tutto tastiere e chitarra a 12 corde ,forse un altro pezzo tutto Anderson, Barlow al rullante simula come l’arrivo di una locomotiva (…)

Pibroch, invece ‘e una delle canzoni piu’ criticate del disco, parte con un riff Hard di Barre’ diventa poi un pezzo cupo malinconico e molto inglese , molto ma molto differente il cantato da quello che solitamente faceva Anderson con la band, c’e’ chi lo ama chi invece lo considera un blues inconcludente, e’ forse un pezzo ripetitivo ma credo che l’intro di Barre’ sia la cosa migliore poi credo che molto di suo ci sia in questa canzone , Palmer omaggia Bach e se Cup of wonder ‘e il testo piu’ importante del disco. 

Fire at midnight non ‘e scelta per ultima a caso per chiudere il disco, altra canzone con un testo impegnato ma anche un tema musicale che insieme a Pibroch lega e chiude la parte piu’ caratterialmente cupa del disco.

GLI INEDITI:Quali inediti?

DAL VIVO. Riporto sempre documentazioni o avvistamenti , quindi non posso essere troppo sicuro per cui prendetemi come una specie di Adam Kadmon,

La title track viene eseguita per intero nel tour poi via via sempre piu’ rimaneggiata, dal 78 manca l’inizio , comunque suonata sempre fino a Crest of a knave incluso e pur cambiando sempre pelle ,sara’ sempre validissima, poi un po dimenticata e recuperata per il Roots to Branches tour dove veniva legata a Medley con Heavy Horses e Too old to Rnr, e secondo me eseguita live con la base originale sotto anche se il batterista Doanne Perry smentira’ lutilizzo del Click, presente anche nel Dot Com Tour,

Jack in the green suonata fino al 80(formazione classica) e poi ripresa nel 1982 e anche nel 1990 al Rock island tour suonata anche nei live di Dot Com

Cup of the wonder mai sentita ,mentre Hunting girl suonata sempre fino al 1987/88 ripresa negli anni del Dot Com, Ring out solstice bell invece come Cup, Velvet Green era molto impegnativa da portare in scena ,suonata quell’anno e data per dispersa fino al 2006,The wistler invece ho io una bella versione strumentale che Barre’ rivedeva nel periodo 1992 in veste hard blues rock niente male,Pibroch veniva accennata in veste centrale (quella di Palmer con l’assolo di tastiera) poi divenne tutta una schitarrata di Barre’ legandola a Black satin Dancer nel 1982 e poi ripresa a fine anni 80 legandola a Pussy Willow. Fire at Midnight invece nel 1982 veniva suonata assieme a Weathercock.

BELATANE. Questa splendida canzone e’ considerata dai piu’ feticisti del gruppo come frutto delle session di Songs from the wood ma io posso affermare che magari la composizione risale a quel periodo i suoni sono pero’ quelli di Heavy Horses, lo testimonia il rullante stoppato dalle bachette a fasce che usava Barlow in quel periodo, piu’ l’uso di un Musicman bass di cui Glascock ne era solito usare dal 1978 in poi e oltre al tiro di chitarra di Barre’ non piu’ GIBSON ma PAUL RED SMITH si sente anche la voce (senza tonsille di Anderson) 

(fonte: link)

— Onda Musicale

Tags: Jethro Tull, Aqualung
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