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Smetto quando voglio: un Breaking Bad all’italiana

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Come si sa, purtroppo, in Italia c’è crisi ed a pagarne l’amaro prezzo sono soprattutto i ricercatori universitari ed altri studiosi che hanno fatto della conoscenza un vero lavoro, almeno, lo era.

Pensate, i loro studi vengono diffusi e tradotti in svariate lingue, ma loro si devono inventare degli altri lavori, spesso in nero, per campare dato che le loro università hanno finito i fondi oppure li hanno destinati a qualche altra ricerca.

Tra questi c’è il ricercatore neurobiologico Pietro Zinni (Edoardo Leo) che, a causa dell’incompetenza del professor Seta (Sergio Solli) e della commissione esaminatrice, perde l’assegno di ricerca che poteva cambiargli la vita dato che aveva scoperto un rivoluzionario algoritmo da applicare alla modellizzazione delle molecole.

Abbattuto, e ormai senza un lavoro, deve tornare a casa e dire la triste verità alla compagna Giulia (Valeria Solarino), ma non ne ha il coraggio anche perché lo attendono dei ragazzi del liceo a cui lui fa ripetizione. Svogliati e pigri, il viziato Maurizio (Guglielmo Poggi) in particolare, i ragazzi non vogliono fare lezione e non lo hanno ancora pagato, non vi ricorda la scena iniziale di Acqua e sapone (1983) di Carlo Verdone?

Comunque sia Pietro deve inventarsi qualcosa alla svelta, anche perché ha mentito a Giulia dicendole che gli avevano rinnovato il contratto, e va a cercare consiglio dagli ex colleghi Mattia Argeri (uno degli sceneggiatori di Boris Valerio Aprea) e Giorgio Sironi (Lorenzo Lavia). Due latinisti di fama mondiale che fanno i benzinai a nero.

Cercando di venire a capo della faccenda Pietro vede Maurizio, che si spacciava come un povero orfano che faceva il cameriere per mantenersi, fare il pieno ad un costosissimo SUV per andare ad una festa in discoteca. Qualcosa non quadra e Pietro si lancia all’inseguimento con la sua bicicletta fino alla discoteca dove, una volta chiarito l’inganno, viene praticamente drogato da Maurizio con delle pillole in un bicchiere.

Dopo essere rinvenuto nel bagno ed essere tornato a casa, con tanto di pene disegnato in fronte, a Pietro si accende la famosa lampadina e decide di produrre una nuova droga proprio basandosi su questa esperienza ed una battuta di Maurizio. Non vi ricorda vagamente la storia di Breaking Bad?

La formula c’è, ma mancano le persone necessarie. Pietro cerca dunque di coinvolgere il chimico computazionale Alberto Petrelli (l’attore e compositore Stefano Fresi) che fa il lavapiatti in un ristorante cinese, l’antropologo Andrea De Sanctis (Pietro Sermonti che ricordiamo per il ruolo di Stanis La Rochelle in Boris) in cerca di lavoro senza successo, l’archeologo Arturo Frantini (Paolo Calabresi che si è sempre distinto in Boris per il personaggio di Biascica) che lavora, sfruttato e sottopagato, per la commissione dei beni culturali ed infine l’economista Bartolomeo Bonelli (Libero De Rienzo) che ha trovato rifugio presso degli zingari che lo spennano regolarmente a poker nonostante la sua grande abilità nel calcolo delle probabilità. Da ricordare il cameo dei The Pills, noti youtubers romani, nel ruolo di tossici ed ex tossici.

La banda dei ricercatori dunque sfrutta le abilità e le conoscenze di ognuno dei suoi componenti per la creazione di questa nuova smart drug da mettere in circolazione e poter finalmente guadagnare qualcosa in più.

Molto interessante il loro approccio prettamente scientifico per lo spaccio, con tanto di questionari al volo ed indagini sul campo con dei simpatici risvolti comici, al pari delle rapine e simili, ma il pericolo è dietro l’angolo.

L’improvvisa ricchezza dà un po’ alla testa a tutti, in particolare al mite Alberto, ma il vero pericolo è rappresentato, più che dalla polizia, dallo spietato criminale Er Murena (Neri Marcorè). Riusciranno a cavarsela senza finire arrestati o, peggio, ammazzati?

Smetto quando voglio è un film del 2014 del giovane regista campano Sydney Sibilia che riesce a dipingere un ritratto comico, eppure straordinariamente realistico, della realtà che circonda i laureati italiani. Un film che consiglio veramente a tutti, ora devo vedere i sequel a proposito, ma passiamo alla colonna sonora.

Il giovane compositore romano Andrea Farri firma le bellissime I Can Quit (questa assieme a Lara Martelli), Tamburi simpatici, La banda, Potrebbe anche piovere, Maurizio e la gitana Gipsy Playback.

Gli psichedelici Nibiru Prj22 invece si distinguono per la loro musica elettronica strana ed affascinante con pezzi quali 18 O' Clock e Da Nio 19.

Sempre nel campo dell’elettronica troviamo anche i Vitalic con Second, gli Ordinary Dreams con Don’t Let Me Go, ma non solo. Sulla stessa folle lunghezza d’onda c’è anche il trio alternative rock texano dei Kink Ador con brani come Road to Hell e The Girl Is Taken che si coniugano alla perfezione con la follia sonora di Black Box Messiah degli scatenatissimi svedesi Diablo Swing Orchestra.

Non va dimenticato il pop da discoteca dei Swedish House Mafia, qui con John Martin, con Don’t You Worry Child, ma la vera chicca e la finale Smetto quando voglio del cantautore partenopeo Scarda. In mezzo a tutto questo inglese, non solo accademico, un po’ di lingua madre ci sta sempre bene.

 

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Tags: Neri Marcorè/Vanni Versini/Carlo Verdone/Scarda
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