Soundtrack

Arancia Meccanica – Ultra violenza e Beethoven

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"Io voglio essere buono. Voglio essere, per il resto della mia vita, solamente un atto di bontà.” Oh, quale dolce, caritatevole anima esprime questo nobile desiderio? Niente di più lontano dall'immagine di un santo. È infatti Alex, narratore e personaggio principale di una pellicola cult degli anni 70: Arancia Meccanica.

Uno dei masterpieces di Stanley Kubrick ( ricordiamo tra i suoi lavori anche Lolita, 2001 Odissea nello Spazio, Shining, Full Metal Jacket) e tratto dall'omonimo romanzo di Anthony Burgess.

Una storia raccontata in prima persona dal nostro protagonista, dove le surreali scenografie – arredamenti spesso iper colorati, molto “Pop art” -colpiscono da subito lo spettatore, poiché in netto contrasto con i bianchi costumi dei quattro delinquenti che presto conosceremo.

Contrasto palesato sin dalle prime inquadrature: una schermata rossa che diventa poi blu acceso, sulla quale si stagliano i titoli iniziali, interrotti all'improvviso dall'espressione che trapassa lo schermo di Alexander De Large (Malcom Mcdowell). Uno sguardo torvo, un ghigno di sfida, che si attenua con l'allontanarsi delle macchina da presa e ci permette così di scorgere i suoi tre amici dalle facce apatiche, seduti accanto a lui e l'ambiente circostante: nere pareti e sculture-tavolo di donne nude con parrucche color fluo.

Siamo al Korova Milk bar. "Eccomi là…cioè Alex, e i miei tre drughi…"ovvero Pete(Michael Tarn) Georgie (James Marcus) e Dim (Warren Clark). Sono le prime parole pronunciate dal nostro narratore, che ci presenta usando uno slang detto Nadsat, (inventato da Burgess, che mischia inglese e russo) lui e i suoi amici intenti a bere del latte + , “ovvero rinforzato con qualche droguccia mescalina-roba che ti fa robusto e disposto all'esercizio dell'amata ultra-violenza.”

Violenza che non tarda ad arrivare, ne siamo infatti investiti per gran parte delle scene seguenti: dal gruppo che assale con ferocia un povero senza tetto, allo scontro poi con la banda rivale di Billy Boy.

Si spostano poi sfrecciando spericolati sulla loro Durango 95 in cerca di nuove emozioni per la serata: oltre a qualche incidente stradale optano per una bella “visita a sorpresa.” Arrivano così alla dimora di una coppia borghese, lui impegnato davanti alla macchina da scrivere, lei con una tutina rossa attillata che legge rilassata seduta su un'improbabile poltrona. Ohibò, suona il campanello.

Con una scusa i 4 entrano e danno sfogo alle loro perversioni: violentano la donna, distruggono quello che possono e picchiano il pover uomo, il tutto accompagnato dal lieto canto di Alex con i'm singing in the rain.

Dopo un'altra breve tappa al milk bar, Delarge si reca a casa e conclude in bellezza la notte brava con le note di “Ludovico van” di cui è grande estimatore: parte allora la nona sinfonia, e sullo schermo compaiono le statuine oltraggiose presenti nella stanza di Alex, dei Gesù che danzano abbracciati, che quasi sembrano ballare a ritmo di Beethoven. Un accostamento che stravolge quello che di norma la nona rappresenta, ovvero gioia, portandola invece così ad un livello di bellezza-trash- misto derisione.

Il mattino seguente facciamo la conoscenza dei “distratti” signori Delarge: la madre, con una parrucca viola acceso, il padre un pelato in giacca e cravatta che si domanda quali siano i divertissement del figlio di notte, ma senza impegnarsi più di tanto per scoprirlo.

Alex trascorre così le sua giornate saltando scuola, abbordando ragazze al negozio di dischi e “dirigendo” da leader il suo gruppo di drughi la sera, spassandosela con grandi dosi di violenza. Ma le cose stanno per cambiare, infatti i suoi compagni cominciano a lamentarsi dei soliti furtarelli il cui guadagno è ben misero, quando invece si potrebbe far un bel “colpaccio”.

La proposta è quella di dirigersi alla clinica dimagrante gestita da una gattara che si trova sola in casa, ma purtroppo quella che doveva essere una rapina sfocia in omicidio e all'arrivo della polizia Dim, stufo come gli altri della prepotenza di Alex, lo colpisce con una bottiglia in piena faccia, e impossibilitato così alla fuga viene arrestato ottenendo poi una pena di 14 anni.

È qui che il nostro detenuto 655321 viene “riabilitato” con il metodo sperimentale Lodovico, che consiste nell'uso di farmaci unito alla visione forzata di lungometraggi contenenti scene di violenza, accompagnate dalla nona di Beethoven. Questa nuova tecnica pare funzionare: il libero arbitrio di Alex viene cancellato, lo coglie infatti una forte sensazione di nausea non appena prova un qualsiasi impulso aggressivo.

Uscito dal carcere però il nostro protagonista, ora impossibilitato ad esercitare qualsiasi forma di violenza, quindi anche a difendersi, diventa vittima di quelli di cui era stato una volta il carnefice, che colgono l'occasione per vendicarsi. Capitato poi dopo una serie di “sventure” a casa dello scrittore che aveva aggredito tempo addietro -ora vedovo e costretto su una sedia a rotelle – questi dapprima non lo riconosce e gli offre il suo aiuto, ma quando capisce realmente chi si trova di fronte, chiude il ragazzo in una stanza con la nona di Ludovico a tutto volume, provocando un enorme malessere in Alex e costringendolo a quella che gli sembra l'unica salvezza: gettarsi dalla finestra.

Si sveglierà poi tempo dopo in ospedale, dove il Ministro, cercando di assicurarsi l'aiuto di Delarge, visti i discutibili risultati della tecnica su di lui utilizzata, gli promette un buon lavoro nella polizia e un avvenire sereno. Un futuro che ora il nostro Alex, non più sotto effetto del metodo Lodovico, vede ricco di musica, sesso e violenza. “Ero guarito, eccome!”

Dopo questo breve e intenso viaggio passiamo alla nostra Soundtrack di cui ho già citato qualche brano. Diamole ora però il giusto spazio che merita.

Durante il film ci fanno compagnia dei pezzi di musica classica molto conosciuti: ad esempio di Rossini sentiamo l'ouverture del Guglielmo Tell– dissacrante la versione accelerata nelle sequenze in cui Alex si allieta in un orgia con due ragazze, e molto ironica considerato che l'opera è anche conosciuta come “cavalcata del Gugliemo Tell” – e anche La Gazza ladra che sentiamo durante la baruffa con la banda di Billy Boy, nel viaggio sulla Durango, e nello scontro con la povera “gattara”, scelta che dà a tutte queste immagini violente un tono giocoso e allegro.

Di Beethoven invece, sentiamo il secondo movimento, il quarto movimento, l'Inno alla gioia, dalla Nona sinfonia. Come tema principale del film poi c'è Funeral of the queen Mary, di Henry Purcelle modificata da Wendy Carlos. Musica che ci si presenta sin dalle prime scene e che viene ripresa quando Alex viene pestato dai due ex Drughi, divenuti poliziotti.

L'unico brano originale è invece Timesteps, che troviamo quando il nostro protagonista viene costretto, durante il metodo Lodovico, alla visione forzata delle terribili immagini. Questo pezzo riesce a dare completezza a scene così forti, creando nello spettatore una sensazione di sgradevolezza, permettendogli di immedesimarsi nel disgusto del nostro “eroe”.

È presente poi anche una "spassosa" versione di Singing in the rain di Arthur Freed, – resa certo molto famosa da Gene Kelly-che accompagna le scene del pestaggio a casa di Alexander e della moglie, scelta molto ironica, perchè si crea infatti questo paragone con Kelly che nell'omonimo film (Singin' in the rain, 1952) danza e canta allegro sotto la pioggia e Alex che invece altro non fa che prendere a calci il povero malcapitato tra una pausa e l'altra. Se da una parte abbiamo il musical dall'altra abbiamo un “balletto brutale”.

Insomma un film di un certo spessore, sia per le scenografie, per le musiche scelte, che per i temi trattati. Arancia Meccanica è un inno alla libertà, è sì un'opera carica di violenza, ma non facciamo l'errore di pensare che la celebri. Kubrick ci pone infatti dinnanzi ad una riflessione, senza mai cadere in banali prediche: scegliere o meno di agire secondo violenza rende l'uomo libero, e qualora questo mancasse (come Alex dopo la cura in carcere), sarà perso il libero arbitrio.

Il povero Alex non diventa un cittadino modello di quella società malata ed ipocrita che voleva “curarlo” lasciandolo in balia delle scelte degli altri, ma rappresenta proprio la sconfitta della punizione, sotto ogni punto di vista. Morale a parte Kubrick ci ha regalato grandi capolavori, e uno tra questi è Arancia Meccanica, non si discute.

Consigliato a chi ama i film senza tempo e a chi vuole trascorrere attimi lieti in compagnia di un giovane ed ipnotico Malcom Mcdowell.

“Right right!”

Giada Guerini – Onda Musicale

— Onda Musicale

Tags: Giada Guerini/Arancia meccanica
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