Musica

MC5: gli album e la politica

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Nell’articolo precedente abbiamo percorso la storia fiammeggiante degli MC5, band dell’area di Detroit (città da cui prende il nome) e visto come la loro attitudine su palco, selvaggia ed irriverente, e il loro messaggio politico di protesta contro l’establishment, abbia influenzato la generazione di punkers prossima a venire.

Il sound della garage music di Detroit, caratterizzato da band quali The Stooges e Death, oltre che dagli MC5, viene infatti definito, a posteriori, proto-punk. Ramones e Sex Pistols (gli esponenti più rinomati della prima ondata di punk rock, universalmente conosciuta come Punk77) sono infatti gli eredi diretti del loro stile ed attitudine.

I cinque della Motor City infiammarono i palchi della loro Detroit fin dal 1964 (anno della loro fondazione in quel di Lincoln Park, Michigam), esibendosi principalmente al Grande Ballroom, una delle più grandi sale concerti della città, o meglio, una sala da ballo con musica live contenente oltre un migliaio di spettatori, tra i quali i fondatori di un accanito fan club del gruppo. All’epoca i teenagers avevano di che divertirsi con proposte di tale sorta per il proprio tempo libero!

Sebbene la band sopravvisse per otto anni, fino al 1972, i suoi tre album vennero rilasciati, a cascata, soltanto negli ultimi della loro carriera, quando ormai erano band acclamata nella regione e con alle spalle perfino una copertina della nota rivista musicale Rolling Stone.

La formazione con cui esce il primo album, “Kick Out the Jams” (1969), contempla i chitarristi e fondatori della band Wayne Kramer e Fred “Sonic” Smith (futuro marito della cantante rock Patricia Lee, meglio nota come Patti Smith), la definitiva sezione ritmica formata da Michael Devis al basso e DennisThomposon alla batteria, nonché un animalesco frontman dalla voce da baritono, il politicizzato e primo manager del gruppo Rob Tyner.

Tutta la prima fase degli MC5 fu fortemente influenzata dalla politica, e nello specifico da ambienti della sinistra radicale. Dapprima i ragazzi seguirono il marxismo/maoismo dei Black Panther Party nonché l’organizzazione radicale (gruppo anarchico di artisti) Up Against the Wall Motehrfuckers, per divenire infine la band ufficiale del White Panther Party di John Sinclair.

Sinclair, un ex insegnante d’inglese delle superiori, aveva fondato in città la Trans Love Energies, una specie di associazione che comprendeva una serie di iniziative underground a suo nome: da qui il suo appellativo “Il Re degli Hippy della Motor City“.

Huey P. Newton, il fondatore dell’organizzazione militante di sinistra Black Panthers, che lottava per i diritti della gente afro americana, lo convinse a fondare i White Panthers, costola di gente bianca a supporto dei Panthers di colore. Lo stile di Sinclair comprendeva un assalto alla cultura dominante con ogni forma di rivolta, anche a suon di droghe e rock & roll.

I cinque incendiari dei palchi di Detroit non potevano quindi passargli inosservati, nè loro potevano restare estranei al fascino di una politica attiva e di protesta come quella delle Pantere Bianche. Fu così che nei primi mesi del 1967 Sinclair venne nominato manager degli MC5 e la band divenne stendardo del partito, urlandone gli slogan dal palco, avvolgendosi in bandiere a stelle e strisce ed inneggiando alla rivolta.

Rimane storica la loro esibizione di oltre otto ore al Festival of Life, svoltosi nel 1968 a Chicago, contro-manifestazione hippy dell’assemblea nazionale del Partito Democratico, che aveva lì sede nel qual mentre, e malamente finita in uno scontro violento tra polizia e studenti in protesta contro la guerra in Vietnam e gli assassini di Luther King e Kennedy.

L’incontro con Sinclair porta i suoi frutti con le prime incisioni discografiche degli MC5. Dopo pochi mesi dall’inizio della loro collaborazione ecco uscire il singolo di debutto “I Can Only Give You Everything” poi “One of the Guys” e nel 1968 altri due brani orginali, “Border Line” e “Looking at You”.

A seguire un tour nella East Coast che vede la band spadroneggiare sopra i gruppi di apertura, tanto che a causa dei ripetuti bis richiesti dal pubblico, band rinomate quali i Cream dovettero rinunciare alla propria performance live.

Kick Out the Jams“, rilasciato nel gennaio 1969, fu invece il loro album d’esordio, composto dopo ben quattro anni dalla fondazione della band. Fu registrato live in un paio di serate dell’anno precedente (ultime date del tour nella East Coast), una delle quali la notte di Halloween, presso la famosa sala concerti della città Grande Ballroom, dove gli MC5 si erano ripetutamente esibiti in quegli anni.

Un raro evento quello di un album di debutto live, ma i manager dell’Elektra avevano intuito il gran potenziale su palco della band, difficilmente riproponibile in studio. Considerato uno dei più energici album live mai registrato, e contenete classici del protopunk quali la title track “Kick Out the Jams”, “Rama Lama Fa Fa Fa” o “Motor city is Burning“, resta un disco classico dell’hard rock sebbene all’epoca non mancarono le controversie a causa della frase urlata da Tyner, a squarciagola dal palco, “Kick out the jams, motherfuckers!”.

Era la presentazione della title track, un brano rabbioso, violento ed epilettico che fece andare in fibrillazione l’intero pubblico in una sfrenata bolgia baccanale. Niente di più sconvolgente per l’America puritana dell’epoca.

L’Elektra, contro la volontà della band, si vide costretta a pubblicare una versione censurata dell’album contente la frase chiusa ora con un più neutro “brothers and sisters“. Sebbene la critica fosse divisa, pian piano l’album riscosse notevole successo vendendo oltre 100.000 copie e venendo inserito per parecchie settimane in varie classifiche regionali, raggiungendo infine anche la National Top 30.

Calmate le acque la Elektra si sbarazzò degli MC5 e quando anche Sinclair venne arrestato per possesso di marijuana i ragazzi si trovarono senza manager e senza etichetta. Non ci fu molto da disperarsi perché l’Atlantic era sulla soglia con un nuovo contratto per la band.

Frutto di questa nuova collaborazione è “Back in the USA“, pubblicato nel 1970 e prodotto da Jon Landau, futuro mentore di Bruce Springsteen. Sebbene i brani qui contenuti possano essere considerati una base germinale per le prossime composizioni punk (per via della loro brevità e delle chitarre veloci e rabbiose), l’urgenza della ribellione e la forza del messaggio politico, impronta inconfondibile data da Sinclair, vengono completamente a svanire. Per la critica non siamo nemmeno più di fronte alla stessa band…

La forze dirompente degli MC5 degli esordi inizia a svanire, non c’è più urgenza espressiva mentre manca completamente la volontà di sperimentare. A blandire il tutto vengono aggiunti alla line-up due tastieristi e successive rielaborazioni in studio ammorbidiscono il suono grezzo, tipico della band.

Con la svolta stilistica i fan e la critica inevitabilmente si dividono, alcuni addirittura si sentono traditi dai messaggi dei testi, non più politicizzati. Le vendite furono mediocri ed anche i tour non vennero ben accolti come in precedenza.

Un anno di palchi in giro per gli States ed ecco uscire il terzo ed ultimo album del quintetto, “High Times” del 1971. Ancor più accessibile, grazie a una certa atmosfera rhythm & blues, si rivela un fallimento totale, non raggiungendo minimamente le classifiche nazionali. Sebbene fosse il miglior recensito e anche i membri della band fossero soddisfatti per una maggiore libertà creativa concessa dall’Atlantic, non fu ben promosso dalla casa madre.

Il gruppo ormai era allo sbando: abbandonati definitivamente dall’Atlantic Records e sostituito il bassista per abuso di eroina, in breve i due chitarristi annunciano il loro ritiro dai palchi. Alle soglie della bancarotta, nel capodanno del 1972, gli MC5 si esibiscono per l’ultima volta live, nella cara e mitica Grande Ballroom, sala da ballo e concerti i cui muri echeggiarono dei loro momenti di gloria.

Come ultimo atto creativo la band concepì tre brani per la colonna sonora del film inglese “Gold” per infine sciogliersi nello stesso 1972

La band dissoluta, seguace della mitica triade sesso, droga e rock&roll, era arrivata al capolinea, ormai, ma nel giro di pochi anni fu già annoverata tra i più importanti gruppi americani di hard rock. La storia del rock molto deve a questo quintetto di giovani del Michingam, influenzando con il loro stile non solo il punk prossimo a venire ma anche l’hard rock, l’heavy metal, l’hardcore, fino a band più moderne quali i rapcore Rage Against the Machine che ne ereditano tanto l’attitudine musicale che politica. 

Innumerevoli sono le band infine, anche famose, che hanno onorato i Cinque di Detroit con cover dei loro brani più famosi

E’ del 2003 una nostalgica reunion della band, in formato quartetto, suggerita dai tre sopravvissuti Wayne Kramer, il bassista Michael Devis e il batterista Dennis Thompson. Per l’occasione ingaggiano Handsome Dick Manitoba alla voce, già frontman della punk band newyorkese The Dictators.

Rob Tyner era infatti deceduto nel 1991 all’età di 46 anni dopo una fruttuosa carriera di produttore, manager e promotore nella sua Detroit, mentre Fred “Sonic” Smith finì alla stessa maniera qualche anno dopo, alla giovane età di 45 anni, lasciando vedova la moglie Patti. Alla morte del bassista nel 2012 la band si scioglie nuovamente. Nel 2006 gli MC5 vengono ufficialmente inseriti nella Hall of Fame tra le leggende del rock and roll del Michigam mentre due anni più tardi “Kick out the Jams” fu votato tra i brani più leggendari dello Stato.

Molto è stato detto di questa band nei due articoli a loro dedicati, ma per chi volesse vivere in prima persona l’atmosfera di quegli anni ruggenti, consigliamo la visione di due film documentari sulla mitica band di Detroit: MC5: Kick out the Jams (1999), un collage di 30 minuti di scatti vintage ad opera del documentarista e fotografo ufficiale della band Leni Sinclair, sullo sfondo di registrazioni live, e MC5: La vera testimonianza (2002), lungometraggio di due ore con testimonianze di chi condivise gli anni folli della band, alternate a indimenticabili scene di musica live.

“GOLD” 1972 Spezzone del film con colonna sonora dei Motor City Five

 

— Onda Musicale

Tags: Patti Smith/Sex Pistols/Rolling Stone/Ramones/Bruce Springsteen/Rage Against the Machine/MC5
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