Musica

Il punk e l’ideologia che influenzò il mondo e lo spaventò

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Tre giovani punk

L’impennata della scena punk – e il riscontro del pubblico – tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 non si limitarono al solo settore musicale. Divenne un’ideologia che influenzò letteratura, poesia, moda e ribellione politica.

Tutti conoscono il sound del punk: senza filtri e senza respiro, un assalto di claustrofobia sonora catturato in modo grezzo in uno studio, garage, salotto, addirittura nei vicoli

I riff di chitarra sono taglienti e sregolati, guidati da una batteria potente e veloce su una linea di basso grintosa e determinante. Le voci sono grezze ed espressive, urlano testi carichi di messaggi superando gli strumenti. Aggressività, frustrazione, ironico sarcasmo, e tutto questo ad alto volume. Anche il look punk è riconoscibile: capelli corti e spettinati, vestiti strappati, catene, borchie, indumenti in pelle e trucco. Per i suoi creatori e il suo pubblico, il punk rappresentava un’identità culturale che esprimeva rabbia, frustrazione e ribellione.

L’impennata della scena punk – e il riscontro del pubblico – tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 non si limitarono al solo settore musicale. Divenne un’ideologia che influenzò letteratura, poesia, moda e ribellione politica. Tuttavia, la musica ne divenne il centro gravitazionale, fornendo ritmo e identità a un genere che sarebbe esploso, imploso e reinventato nell’arco di decenni, in tutto il mondo.

Definire l’indefinibile

Come movimento, il punk per sua natura sfugge a ogni definizione. Nel suo libro Punk StyleMonica Sklar lo definisce come “un nuovo modo vitale di esprimere idee di una sottocultura che comprendeva aspetti artistici, musicali, di moda e stile di vita…normalmente radicato in coloro che in qualche modo si sentono emarginati dalla società”.

La parola punk originariamente era un termine arcaico per “prostituta” – il termine “puncke” è stato usato in questo senso da Shakespeare in Misura per misura, seppure in modo ambiguo – e più tardi divenne un termine gergale per indicare in generale buoni a nulla miscredenti o carismatici in opposizione all’autorità, come i personaggi interpretati da James Dean e Marlon Brando in film come Gioventù bruciata e Il selvaggio. Era inoltre ampiamente usato nello slang dei carcerati per definire una vittima di atteggiamenti di sottomissione sessuale.  

La sua nascita come corrente musicale non è chiara, ma probabilmente risale a molto prima di quando è stata percepita

Una nota sul quotidiano San Francisco Call del 3 ottobre 1899 riportava il commento indignato di un tale Otto Wise, che definiva il canto di un compagno di confraternita come “il canto più punk che abbia mai sentito”. In questo e in altri contesti musicali, che furono numerosi, la parola punk veniva usata come aggettivo per descrivere qualsiasi tipo di musica che fosse volutamente grezzo e non tecnico, riflettendo le caratteristiche di chi la faceva.

Ben lungi dall’essere la semplice espressione di idee alternative o musica banalmente di natura poco colta, quando si affermò, il “punk rock” era percepito come parte di una missione intenzionalmente provocatoria

Il dizionario Miriam-Webster definisce questo stile musicale “caratterizzato da espressioni estreme e spesso volutamente offensive di alienazione e malcontento sociale”, sebbene il termine non fosse di uso comune quando il movimento cominciò a farsi sentire. Era nell’aria, comunque: nel numero di maggio 1971 della celebre rivista musicale Creem, il giornalista Dave Marsh, in una retrospettiva sulla band statunitense degli anni ’60 “Question Mark and the Mysterians”, li descriveva come un “esempio di riferimento del punk rock”, segnando una delle prime volte in cui il termine veniva usato per definire il genere.

Gruppi americani come i New York Dolls e i Ramones (“New York rock”), The Stooges e gli MC5 a Detroit (“garage rock”) erano caratterizzati da una musicalità lontana dalla tecnica e da un approccio spavaldo

Ma questo termine così associato a mascalzoni di vario tipo non era visto di buon occhio, e veniva usato principalmente dai giornalisti per classificare gli elementi della loro musica. Un articolo del 1976 di John Ingham sulla rivista UK’s Sounds era intitolato “Welcome to the (?) Rock Special” (Benvenuti allo speciale sul rock (?)), dove il punto interrogativo indicava chiaramente come nessuno sapesse come chiamare il nuovo movimento che stava emergendo in USA, Australia e nel Regno Unito. Quantomeno sul versante orientale dell’Atlantico, il punk rock non ebbe una sua definizione identitaria finché non ci fu una band adatta a rappresentarla.

Punto di svolta

E qui entrano in scena i Sex Pistols. La scena punk della metà degli anni ’70 nel Regno Unito emerse in un contesto di declino economico e disordini civili. L’economia era in piena recessione, gli scontri tra la polizia e i cittadini sulle strade erano frequenti, la Gran Bretagna scendeva la classifica delle potenze economiche e – sullo sfondo di un impero decadente e sempre più costoso – le prospettive per i giovani erano sconfortanti. Uno “Stato fallito” e ingovernabile, come lo sintetizzò il giornalista Simon Jenkins, che scrisse: 

La parola ‘sciopero’ era su ogni pagina di ogni giornale quasi ogni giorno. I servizi pubblici erano al collasso. Questo Paese era veramente nel caos.”

In questo contesto, nella metà degli anni ’70 l’emergere di una variopinta controcultura di gruppi musicali che sembravano dare voce alle frustrazioni della popolazione, ha rappresentato un allettante catalizzatore per i giovani disillusi

La musicalità del punk rock – o la mancanza di musicalità, come veniva percepita in alcuni ambienti – fu già di per sé una reazione. Se dal punto di vista artistico le canzoni facevano pensare che i musicisti avessero solo una vaga conoscenza degli strumenti che suonavano (una recensione del 1973 dei New York Dolls paragonava le sonorità del gruppo a quella di un tosaerba), si trattava di una reazione conscia alle grandiose band che riempivano gli stadi e proponevano uno sconnesso rock progressivo e performance operistiche e indulgenti.

Il punk rock, quando arrivò, proponeva una musica tagliente, rapida e grezza, concerti caotici e imprevedibili che a volte incitavano le folle represse alla violenza

Niente assolo virtuosi e scintillante scenotecnica: l’abilità musicale veniva dopo l’atteggiamento e la sensazione di accessibilità; sul palco non c’erano rock star agiate e viziate, ma persone comuni con difficoltà e frustrazioni, e qualcosa da dire. I testi erano spesso politicizzati o critici verso quello che appariva sempre di più un Paese governato da istituzioni oscure e retrograde.

Questo stile ruvido ma carismatico contribuì a creare una moda “a prova di recessione”

Il look ascetico e trasandato di rock band americane come i Ramones e i Television e di artisti come Lou Reed e Patti Smith – jeans strappati tenuti insieme da spille da balia, indumenti e magliette riciclate da negozio dell’usato – si diffuse da un lato all’altro dell’Atlantico e si trasformò in stili individualistici che erano per definizione un’affermazione di unicità. Anche se scimmiottato – ironicamente – dai fan, il movimento emergente forniva una piattaforma per l’auto-espressione che era autentica, estemporanea e accessibile a tutti.

Alcune delle espressioni più audaci furono realizzate da Vivienne Westwood, che al tempo aveva una relazione con Malcolm McLaren, personalità in vista e promoter

Quest’ultimo, dopo un periodo negli USA come manager dei New York Dolls, si dedicò a una band locale chiamata The Strand, che lui e Westwood usarono come una sorta di manifesto musicale per la loro boutique di moda a Chelsea. Con l’aumento di popolarità della moda fetish, Westwood e McLaren avevano cambiato nome alla boutique – da Too Fast To Live, Too Young To Die a SEX – nonché il nome dei The Strand a Sex Pistols, con McLaren che descriveva l’estetica concepita per la band come quella di “sexy e giovani assassini”.

“L’antitesi della specie umana”

Successo e popolarità erano scomodamente in antitesi alla filosofia punk, ma questa fu anche la conseguenza inevitabile della connessione con un grande numero di compratori di dischi. Questo portò a un episodio che fece scandalo nel dicembre 1976, quando il presentatore televisivo della BBC Bill Grundy – che per un cambiamento dell’ultimo minuto si trovò a intervistare i Sex Pistols invece dei Queen in un programma in prima serata – provocò la band sull’autenticità del loro antimaterialismo, con una domanda sulle 40.000 sterline (circa 47.300 euro al cambio attuale) accettate per un contratto discografico.

Il cantante John Lydon, che allora si faceva chiamare Johnny Rotten (Johnny “marcio”), borbottò una parolaccia sottovoce, che Grundy gli chiese di ripetere, a dispetto delle rigide politiche della BBC

Dopo ulteriori insistenze, il chitarrista Steve Jones si scagliò in un’invettiva contro il presentatore, che fu trasmessa interamente dal vivo. La carriera di Grundy ne rimase irrimediabilmente segnata, e i Sex Pistols in un attimo divennero famosi. Bernard Partridge, membro del Consiglio della Grande Londra, ha descritto la band come l’“antitesi della specie umana”, aggiungendo di ritenere il punk rock in generale “disgustoso, degradante, orribile, sudicio, perverso, voyeuristico e nauseante… penso che la maggior parte di questi gruppi verrebbe ampiamente migliorata da una morte improvvisa”.

Anarchia nel Regno Unito

La percepita minaccia che il punk rock rappresentava per la società era chiaramente espressa da quello che sarebbe diventato un inno contro l’ordine costituito. Come obiettivo, in quanto capo dello Stato di un Paese sottoposto ad austerità, la Regina era perfetta. Nonostante la band abbia negato che “God Save the Queen sia stata concepita appositamente per l’evento, McLaren fece in modo che il singolo uscisse in concomitanza con il Giubileo d’argento della Regina Elisabetta, il 27 maggio 1977.

Originariamente promossa usando il ritratto della Regina con una spilla da balia appuntata sulla bocca e la copertina che la ritraeva con sulla bocca e sugli occhi lettere ritagliate dai titoli dei giornali, nello stile “richiesta di riscatto”, la canzone fu vista – non a torto – come un attacco alla famiglia reale e ai suoi valori. Bandita dalla BBC, divenne un successo popolare ma al contempo mise la band nel mirino dei sostenitori della monarchia: il batterista Paul Cook fu aggredito fuori da una stazione della metropolitana da sei uomini armati di coltelli; John Lydon fu attaccato da alcune persone con dei rasoi fuori da un pub a Highbury, riportando lesioni al viso e a una mano.

Lydon – che scrisse il testo – ha sempre sostenuto che la canzone, originariamente intitolata No Future, sia stata fraintesa

Nel libro Isle of Noises, Lydon dichiara all’autore Daniel Rachel che quel singolo ha catturato “la sensazione di rabbia, dell’indifferenza della Regina nei confronti della popolazione e il distacco rispetto a noi come persone”. Ma sul The Times nel 2022, ha dichiarato:

Non provo alcun astio nei confronti di nessun membro della famiglia reale. Né l’ho mai provato. È l’istituzione che mi infastidisce, e il presupposto che debba pagarla io.”

45 anni dopo, una nuova pubblicazione della canzone raggiunse per la prima volta il primo posto delle classifiche nel Regno Unito, il 4 giugno 2022, proprio nel weekend del Giubileo di platino della Regina.

La provocazione insita nelle dichiarazioni anti-sistema, anti-capitalismo e anti-conformismo della cultura punk inevitabilmente l’hanno portata verso atmosfere più cupe, che hanno ampliato il gap tra la generazione più vecchia e conservatrice e i punk stessi

Come il teorico culturale Dick Hebdige scrive in Subculture: The Meaning of Style (Sottocultura, il significato dello stile), “Nessuna sottocultura ha cercato con più cupa determinazione del punk di staccarsi dal paesaggio scontato delle forme normalizzate, né di tirarsi addosso una tale veemente disapprovazione”. La violenza raramente mancava nelle serate e nei concerti punk, sia tra la folla, tra la folla e i membri della band e tra il pubblico più “puritano” che cercava lo scontro con una sottocultura vista come una vera e propria minaccia allo stile di vita britannico. Quindi anche i punk stessi divennero degli obiettivi.  

“Gli atteggiamenti e le prese di posizione trasgressivi e irriverenti del punk hanno causato una feroce reazione da parte della cultura normativa”, scrive Andrew H. Carroll in ‘Running Riot’: Violence and British Punk Communities, 1975-1984 (Verso lo scompiglio: violenza e comunità punk britanniche, 1975-1984), “e li hanno ulteriormente isolati dalla società normata; le reazioni degli oppositori hanno spinto i punk sempre più profondamente nella loro comunità alternativa”.

Un’altra teoria collegava l’aggressività percepita del punk al vertiginoso aumento dei divorzi e alla dissoluzione di ciò che molti consideravano i valori della famiglia “tradizionale”

Come scrive Connell, “uno dei modi con cui i giovani hanno reagito a questo è stato attraverso la costruzione di una nuova comunità, incentrata sulla musica punk, che usava la violenza per definirsi”. Venivano usati anche sinistri accessori come catene per cani e coltelli. Sempre con l’intento di attaccare e impressionare le vecchie generazioni, sui vestiti veniva spesso riportata la svastica e altri simboli del nazismo, come palese provocazione nei confronti di chi trent’anni prima aveva combattuto la Seconda guerra mondiale.

Quest’ultimo aspetto fu ampiamente ostentato da John Richie – meglio conosciuto con il suo nome d’arte Sid Vicious – che divenne il bassista dei Sex Pistols nel 1977. Vicious incarnò il lato più autodistruttivo del punk: privo di talento come musicista, divenne un eroinomane, aggrediva il pubblico, si incideva slogan sul petto durante le performance e nel 1978 fu arrestato per omicidio di secondo grado per la morte della sua ragazza Nancy Spungen, avvenuta dopo una festa a New YorkVicious morì di overdose mentre era in attesa di giudizio, a febbraio 1979.

Il punk diventa mainstream

La morte di Vicious suonò come una campana a morto per il punk stesso. Tra le band che si susseguirono ai Sex Pistols ci furono i Buzzcocks, The Damned e The Slits, e tutti contribuirono a sviluppare il punk rock come genere con vari temi politici, dall’austerità all’uguaglianza, e alcuni – tra cui i The Clash – raggiunsero un notevole successo. Proprio i The Clash fecero delle tensioni razziali una delle loro bandiere di protesta, dopo che il cantante Joe Strummer fu testimone di episodi di violenza tra la polizia e alcuni partecipanti neri al Carnevale di Notting Hill nel 1976, sui quali scrisse la canzone White Riot.

Quando gli anni ’70 cedettero il passo agli anni ‘80, il punk divenne ancora più diffuso

Ma con l’avanzare del decennio, l’inflazione diminuì, l’economia migliorò e nuove – più volatili – band attirarono l’attenzione delle giovani generazioni. Meno minacciosi e audaci, i colori accesi, i tagli di capelli creativi, l’uso del trucco e altre manifestazioni più tranquille della moda musicale degli anni ’80 apparvero come naturale evoluzione del punk. Ma stilisticamente molte delle band che seguirono si posero in esagerato contrasto con i loro predecessori. Artisti influenzati dal movimento punk come i Duran Duran, gli Spandau Ballet, i Siouxsie, i Banshees e gli Adam and the Ants si guadagnarono il soprannome di “peacock punks” (pavoni punk). La rabbia si placò, le motivazioni divennero meno aggressive; le chitarre furono potenziate con nuove tecnologie, come i sintetizzatori, che ancora una volta portarono a canzoni che i punk della prima ora come i Sex Pistols avrebbero direttamente cestinato. Il punk come sottoscultura rimase, ma la musica popolare si evolse.

La loro filosofia, tuttavia, non fece lo stesso, e da allora è periodicamente riemersa, con movimenti come il gothic rock, il grunge e l’EMO, che mostrano molti degli attributi anarchici che caratterizzarono il punk. Alcuni degli album prodotti in quella prima ondata spesso compaiono nelle classifiche degli esperti tra i migliori album di tutti i tempi

Una delle band identificate come una sorta di erede spirituale dei Sex Pistols è nata a Seattle nel 1987. Ma per il cantante del gruppo era la filosofia, non la musica, che accomunava le due band: “L’unico motivo per cui potrei essere d’accordo con chi ci chiama “i Sex Pistols degli anni ‘90” è che, per entrambe la band, la musica è un’espressione molto naturale, molto sincera”, disse Kurt Cobain, dei Nirvana. 

“Tutta la notorietà che hanno avuto i Sex Pistols era totalmente meritata,
hanno meritato tutto il successo che hanno avuto”

(fonte nationalgeographic.it)

— Onda Musicale

Tags: Nirvana/Queen/Kurt Cobain/Sex Pistols/Sid Vicious/lydon
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