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Gab de la Vega: intervista per l’uscita dell’album “Life burns”

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Gab de La Vega

Gab De La Vega: la forza della vulnerabilità in una vita che brucia. “Life burns” è il nuovo album.

Gab De La Vega ha appena pubblicato il suo quarto album in studio, “Life Burns”, un album di carattere e dalle molte sfaccettature, non solo dal punto di vista musicale. Un progetto così personale trova la sua massima espressione in un album sentito, aperto e diretto. Così “Life Burns” arriva con l’impeto di un incendio. Abbiamo intervistato Gab De La Vega in esclusiva per Onda Musicale, per un approfondimento circa tutto ciò che gravita attorno a “Life Burns” e alla sua musica.

Gab, “Life Burns” è il tuo quarto album in studio e sembra essere un viaggio profondo attraverso le tue esperienze personali. Come hai trovato l’ispirazione per questo lavoro e quali sono le tematiche principali che intendi esplorare attraverso la musica in questo progetto?

«Come dici tu, questo album è frutto delle mie esperienze personali, ma non solo. Ho condensato storie di vita, esperienze mie e altrui in un album che reputo essere molto sentito. Non c’è una parola o una nota che non siano frutto di una scossa emotiva, positiva o negativa, in tutto l’album. Più che di tematiche, parlerei di approcci. Un approccio senza filtri, onesto, autentico e senza paura di essere. Credo che il mondo sia già fin troppo costruito e schermato. Io non ne sono immune (così
come chiunque altro), ma con “Life Burns” ho voluto proprio rovesciare questo paradigma e presentare una testimonianza di autenticità senza compromessi. Non mi sono mai sentito così libero e svincolato come in questo momento. Vedo che le canzoni “arrivano” per come sono, quindi credo che chi ascolta riesca a farsi toccare da ciò che i brani portano con se.
»

Parliamo della produzione dell’album. Hai sottolineato l’importanza di mantenere l’autenticità e l’organicità nella registrazione. Come hai lavorato con il tuo co-produttore, Simone Piccinelli, per raggiungere questo equilibrio e cosa pensi abbia aggiunto alla tua musica questa collaborazione?

«C’è stato comunque un lavoro preparatorio, ma l’idea era quella di creare un album in studio che fosse in grado di catturare la portata “live” di un mio concerto con la band. Penso che gli arrangiamenti, che sono stati curati con maestria da Simone Piccinelli, sebbene studiati e calibrati, risultino estremamente spontanei e naturali e si sposino bene con il mio songwriting.
Con Simone ci conosciamo ormai da anni, lui sa cosa mi piace e io so cosa piace a lui. Ormai è una squadra ben allenata e rodata e credo che con “Life Burns” questo sodalizio sia arrivato alla giusta maturazione. Credo che le sue doti musicali si incastrino bene con il tipo di scrittura che propongo io e il risultato è ciò che potete ascoltare in questo nuovo album

“Life Burns” presenta una varietà di suoni e atmosfere, dal punk all’intimo. Come hai affrontato la sfida di mantenere coeso l’album nonostante questa diversità stilistica? C’è un filo conduttore che unisce le tracce ognuna racconta una storia indipendente?

«Penso che ogni brano sia in grado di esistere individualmente, eppure acquisisce una certa profondità aggiuntiva nel momento in cui è incluso nell’insieme dell’album. La varietà che ne nasce è uno dei punti di forza di “Life Burns” come album e non come raccolta di canzoni (sono due cose ben diverse!). Penso che il filo conduttore stia più nelle intenzioni e nell’urgenza comunicativa più che nello stile musicale. “Life Burns” è un album vivo, pulsante e questo è ciò che fa da collante a tutto. Lo devi affrontare così come viene, brano dopo brano, lasciandoti trasportare. Penso che alla luce di tutto questo le differenze stilistiche tra i brani scompaiano e l’album possa essere vissuto come un opera unica che si sviluppa in vari episodi

La tua musica arriva come e una forma di espressione sincera e onesta. Come ti senti riguardo alla vulnerabilità che vede condividere la tua arte con il pubblico? Credi che la tua sincerità abbia un impatto particolare sulla tua connessione con gli ascoltatori?

«Penso che riuscire a mostrarsi per come si è, anche nei momenti di difficoltà e fragilità non sia un segno di debolezza, ma di grande forza. Mi sono trovato spesso a schermarmi, a mettere paraventi, facciate e distanze per non far trasparire cose che in realtà fanno parte non solo della mia esperienza personale, ma dell’esperienza umana in sé. Tutti sperimentano nella vita (chi più, chi meno), dei momenti di difficoltà. Mostrarsi vulnerabili non significa farsi compatire, ma significa mostrarsi
umani, completi e in connessione con le proprie emozioni e quelle degli altri. Penso che con un album come “Life Burns” possa riuscire a raggiungere più persone non solo per la musica (che può piacere o meno), ma per il fatto che è un album proteso verso l’altro, verso il contatto, la comunicazione e la condivisione tra me e chi ascolta. “Mi faccio vedere e allo stesso
tempo vi vedo” – questo è ciò che è racchiuso nella forma espressiva scelta per questo album.
»

Hai annunciato un tour per promuovere “Life Burns”, sia con la band che come solista. Gab de la Vega come ti prepari per i concerti e cosa ti aspetti dall’interazione con il pubblico durante queste esibizioni dal vivo?

«Le prime date full band sono andate molto bene! Il concerto full band è decisamente più d’impatto rispetto a quello solista. L’interazione col pubblico è forse meno verbale, ma più “fisica”, perché ci sono sul palco 4 figure distinte che però interagiscono e all’unisono creano un muro sonoro dinamico e variegato.
Nei live acustici ritrovo una dimensione più intima, personale e l’interazione è più verbale, perché nel ritmo di un live solista c’è più tempo per parlare dei brani, per scambiare due battute con il pubblico, che è a portata e non fisicamente così distante come può essere spesso in un live full band. Il live con la band è preparato insieme agli altri, con prove, decisioni di setlist condivise e attenzione tecnica maggiore (dato che il palco è ben più articolato). I concerti solisti mi vedono
proporre una scaletta calibrata sul tipo di evento, nella quale mi piace inserire ogni tanto tributi e cover, spesso inaspettati per il genere che propongo. Il live acustico è decisamente incentrato sull’intimità e sulla semplicità. Quello full band
sull’impatto e sull’intrattenimento.
»

Hai avuto l’opportunità di suonare con artisti rinomati come Frank Turner, Against Me! e altri. In che modo queste esperienze hanno influenzato la tua musica e la tua prospettiva sull’industria musicale?

«Avere la possibilità di interagire e condividere il palco con artisti di questo livello è sicuramente un grande stimolo. Frank Turner è quello che io definisco una “bellissima anomalia” nell’industria musicale. Sebbene abbia ottenuto grandi risultati nella sua carriera, ha un ruolo attivo nella gestione di tutto ciò che fa, fino ad arrivare a decidere chi andrà in tour con lui (o suonerà al suo festival “Lost Evenings”, come è capitato a me e alla mia band!), oltre ad essere molto coinvolto in tutto ciò
che riguarda la promozione della sua musica. A certi livelli, questo non è da dare per scontato
.

Stessa cosa per Laura Jane Grace e Against Me!, attitudine punk, ma grande professionalità dal punto di vista artistico.
Vedere l’approccio di alcuni artisti e band che mi sono stati di ispirazione in prima persona mi ha sicuramente aiutato a trovare la mia dimensione e il mio metodo, non solo dal punto di vista artistico ma anche nell’essere parte attiva in tutto ciò che faccio. Da una parte è chiaramente una necessità (se non lo faccio io… non lo farà nessun altro!), dall’altra parte imparare come funziona il mondo della musica mi ha aiutato a capire quali sono le mosse giuste per poter promuovere la
propria musica e i propri live.

E poi… vedere il livello di “musicianship” che questi artisti hanno acquisito col tempo non può che essere fonte di grande ispirazione. Il livello dei live che propongono è altissimo!»

Infine, Gab de la Vega, vorrei sapere di più sul processo creativo dietro la copertina dell’album e il layout grafico. Qual è stata la tua visione artistica per la presentazione visiva di “Life Burns” e come hai collaborato con il tatuatore Christophe Bonardi per realizzare questa visione?

«Avevo ben chiara l’idea dietro la copertina di “Life Burns”. Non potendo però chiamarmi “artista”dal punto di vista del disegno, ho dovuto affidarmi a qualcuno che fosse in grado di mettere letteralmente nero su bianco la mia visione. Alla fine la persona giusta si è rivelata essere Christophe Bonardi, tattoo artist rinomato nella mia città, Brescia, ma non solo.
Ha colto immediatamente quello che volevo ed è stato tutto molto naturale nel creare l’immaginario che volevo ottenere per “Life Burns”
.

Lo stile di Christophe è proprio quello che cercavo e credo che l’aspetto visuale contribuisca tantissimo a far arrivare un album nelle sue intenzioni. Dopo tutto, la prima cosa che si vede è la copertina. Deve essere in grado di colpire e attrarre. Penso che in questo senso ci siamo riusciti. La mano tocca le fiamme, in un gesto teso, forte, e d’impatto. “La vita brucia” e nella copertina c’è tutta la forza di questa affermazione!»

— Onda Musicale

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