Musica

13 dicembre 1974: George Harrison viene invitato a pranzo alla Casa Bianca

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In teoria, il tour di Dark Horse nel 1974 in teoria doveva dare ad Harrison la possibilità di suonare le canzoni del suo ultimo disco e diffondere il credo della musica indiana che amava tanto.

Ma poiché si trattava del primo tour in Nord America da parte di un Beatle dal 1966 in poi, le date vennero offuscate dalla nostalgia relativamente recente per i Fab Four. Il rifiuto di Harrison di piegarsi al suo passato – il cantautore sostenne che «[i Beatles] non erano stati tutto questo granché» in una conferenza prima del tour – o di far parte di una qualsiasi band in cui ci fosse McCartney, sembrò un’eresia a molti.

Qualsiasi rimasuglio di benevolenza scomparve dopo le prime date, quando i critici criticarono duramente i suoi vocalizzi dilaniati dalla laringite e la presenza dell’orchestra di Ravi Shankar sul palco durante gran parte del concerto. Gli affronti subiti durante il tour rinominato «Dark Hoarse» [ndt: hoarse vuol dire rauco, è un gioco di parole con il titolo originale del disco] fece sì che non andasse più in tour fino al 1991.

Ma al ventiduenne Jack Ford il concerto piacque. Il figlio del presidente da poco inaugurato assistette al concerto il 16 novembre a Salt Lake City e usò la sua influenza per andare nel backstage e incontrare i musicisti. Ford invitò Harrison e la band a passare dalla Casa Bianca se ne avessero avuto occasione.

Il 13 dicembre, il giovane Ford accolse Harrison, suo padre Harry Harrison e i compagni del tour Ravi Shankar, Billy Preston e il sassofonista Tom Scott fuori dalla Casa Bianca prima di scortarli nel solarium, per un pranzo a base di manzo e verdure mentre Dark Horse suonava in sottofondo. Dopo un a visita veloce all’Executive Mansion guidata dalla sorella di Jack, Susan Ford, rimasero nella Cabinet Room per incontrare il Presidente stesso.

Entrammo nella sala conferenze del Presidente con il tavolo ovale e la poltrona e i cartelli identificativi del Segretario della difesa, Segretario di questo e quello; ci sedemmo su quelle sedie facendo i buffoni” ricorda Scott. Il gruppo riuscì persino a trovare il pianoforte e a fare una piccola jam nell’attesa.

Presto vennero scortati nella Stanza Ovale per un incontro non così formale con il presidente Ford«George era bravissimo a rompere il ghiaccio» ha raccontato Scott a Rolling Stone all’epoca. Consapevole dell’occasione imperdibile per promuovere una delle cause a cui teneva di più, Ford appuntò una spilletta WIN (Whip Inflation Now) su Harrison, che in cambio gli diede una spilletta con la scritta “Om”.

«Ford ci portò in una piccola sala accanto dove con conservava tutto il materiale per la campagna WIN: poster, orologi, maglioni, magliette» disse Scott«Sembrava di stare in una stanza alla Dark Horse Records [l’etichetta di Harrison], piena di magliette, borse e asciugamani».

Ford ed Harrison parlarono per circa venticinque minuti, ed è noto che toccarono l’argomento drammatico della deportazione di John Lennon, orchestrata in gran parte dal predecessore di Ford, Richard Nixon. Il fotografo della Casa Bianca David Kennerly si impegnò a ritrarre il momento storico.

Harrison ammise che Ford «non aveva tanta familiarità con la mia musica», ma trovò nel presidente un ospite congeniale. «Sembrava a suo agio. Era molto più affabile di quanto ci si sarebbe aspettato. Uno può solo immaginare tutto quello con cui deve avere a che fare».

— Onda Musicale

Tags: John Lennon/The Beatles/George Harrison
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