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Steely Dan: rivoluzionari con l’animo classico

Gli Steely Dan negli anni Settanta

Il tastierista e cantante Donald Fagen e il chitarrista e bassista Walter Becker registrano, nella New York di fine anni ’60, canzoni rock-blues eccentriche, anche se ancora immature.

Tramite il giro di Jay And Americans iniziano a scrivere brani per altri, tra cui più della metà del bell’esordio di Linda Hoover, I Mean To Shine, che purtroppo uscirà solo nel 2022, mentre la title-track sarà di lì a poco interpretata da Barbra Streisand. Trovato un contatto con l’Abc, i due fanno uscire, insieme a dei musicisti amici, il loro primo album a nome Steely Dan, Can’t Buy A Thrill (1972). La loro musica è una sintesi incredibile di rock, jazz, r’n’b, latin, country, doo-woop che avvolge e allo stesso tempo crea un cantautorato anni ’70 che, per quanto sostanzialmente classico, ha qualcosa di inaudito.

Gli Steely Dan sono per loro stessa ammissione, «passatisti»

Per Fagen l’apice insuperato della musica popolare è stato Charlie Parker. Ma il gusto sia del dettaglio sia della melodia di insieme delle loro canzoni è difficilmente paragonabile ad altro. Le loro liriche, che possono inizialmente ricordare tematiche relative al riflusso politico-sociale americano dei primi anni ’70, sono feroci e criptiche, raccontano l’America narrando storielle paradossali e beffarde tra il drammatico, l’assurdo, il ridicolo, con un’indomabile vena di sarcasmo.

IL SUCCESSIVO

Countdown To Ecstasy, con canzoni più audaci, annovera lunghi assoli perlopiù di chitarra, come a evocare gli epici intermezzi strumentali dei Grateful Dead. Complesso e dalle trame fittissime, l’album ha un risultato di vendite inferiore rispetto al predecessore, forse anche perché viene percepito come «prog», se si può usare questo termine. Pretzel Logic (’74) è più disinvolto, dinamico, colmo di jazz e soul, e scala le chart grazie anche all’irresistibile singolo Rikki Don’t Lose This Number.

Alcuni critici definiscono jazz rock la loro musica, ma Fagen preciserà che si tratta solo di «rock con dello swing»

I seguenti Katy Lied (’75) e The Royal Scam (’76) vedono la luce in un periodo in cui i due usano sempre di più sessionmen e sono ossessionati dalla perfezione tecnica. Al netto di alcune peculiarità (le canzoni più dirette nel primo o la centralità della chitarra nel secondo), i due dischi non registrano significativi passi avanti. Ma nel ’77, con Aja, avviene una rivoluzione: le canzoni, mai così jazz, sono come rallentate e dilatate verso superfici catartiche, di una poesia infinita. Gli Steely Dan hanno partorito il loro capolavoro, che venderà oltre 5 milioni di copie. Il lavoro per dare un degno seguito a Aja è faticoso e snervante, con ore passate a realizzare poche decine di secondi di musica e sessionmen sfruttati oltre il limite. Solo nell’80 esce l’ottimo Gaucho, che cattura, con un funky calibrato e nervoso, l’essenza di Aja senza la sua profondità. A causa di questo enorme sforzo di realizzazione e dei problemi, soprattutto di droga, di Becker, gli Steely Dan si sciolgono.

Donald Fagen darà alla luce album splendidi come The Nightfly, mentre Becker si dedicherà più alla carriera di produttore

Nei ’90 si riavvicineranno sino a far uscire due album, Two Against Nature (2000) e Everything Must Go (2003) sulla scia del minimalismo funky di Gaucho, buoni ma un po’ scontati. Walter Becker ci lascerà purtroppo nel 2017. Il cofanetto Collection contiene 6 cd di varie radio performance attraverso l’America dal 1993 al 2003, più jazz e soul delle tracce in studio, dalla resa sonora quasi sempre buona od ottima.

(di Roberto Franco – link)

— Onda Musicale

Tags: Barbra Streisand
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