Restaurato in 4k, dopo una lunghissima ricerca dei segmenti originali, lo spettacolare evento che ebbe luogo alle pendici del Vesuvio torna nelle sale pronto a interrogare l’infinito.
Fondamentalmente ci interessa poco e nulla dei litigi tra Roger Waters e David Gilmour
Perché come si è capito dalle dichiarazioni degli altri componenti della band, la realtà è che non sono mai andati d’accordo e che finché si è giovani, belli e ribelli e con la volontà di fare, allora tutte le discrepanze e le differenze si appianano, perché la musica diventa il centro di tutto. Poi andando avanti al centro finiscono altre cose, altre persone, altri ideali, cambiano le idee e le posizioni politiche. Ci si intestardisce anche, così che Roger Waters e David Gilmour si insultano senza mezzi termini ormai da anni, sembrando quasi più due ex coniugi che litigano per un divorzio di cui quasi tutti gli avvocati si sono lavati le mani. E allora lasciamoli alla loro zuffa permanente, a noi poco importa.
Non torneranno più insieme o forse sì, vedi alla voce fratelli Gallagher
A noi per ora interessa il patrimonio ineguagliabile che i Pink Floyd hanno lasciato al mondo, e che lasceranno alle prossime generazioni. Stiamo parlando dei Pink Floyd che tutti dovrebbero conoscere, anche nelle scuole, considerato che l’educazione musicale in molte realtà consiste nello strimpellare su una pianola o soffiare in un flauto – che è bellissimo, intendiamoci – però bisognerebbe anche studiare e conoscere la storia di chi gli strumenti li ha cambiati, li ha fatti diventare un’altra cosa, ha cambiato anche le nostre vite e segnato le nostre epoche…Tutto questo solo per introdurre uno dei concerti più importanti che la storia della musica e dell’Italia musicale abbia mai vantato, visto che le riprese sono state effettuate nel sito archeologico di Pompei. Stiamo parlando del “Pink Floyd Live At Pompei”, nato per un caso o una distrazione, chiamatela come volete. Come ci insegna lo psichiatra, antropologo e filosofo svizzero Carl Gustav Jung, niente accade per caso, e quello che ci accade è fatto da una serie di sincronicità, che dobbiamo essere bravi a vedere e cogliere.
Il lavoro di Adrian Maben
Quello che in maniera quasi del tutto banale ha fatto il documentarista scozzese Adrian Maben, allora studente a Roma al Centro Sperimentale di cinematografia, che dopo essersi accorto di aver perso il passaporto in vacanza, nel sito archeologico di Pompei, insieme alla ragazza, ritorna lì con la speranza di ritrovarlo, e nel momento in cui lo ritrova, insieme al passaporto raccoglie la sincronicità e alzando gli occhi nella vastità della storia del museo archeologico di Pompei pensa ad un paesaggio alla De Chirico, pensa alla band che più di ogni altra sposa quel frammento di eternità e storia che non si può cambiare con suoni che cambiano il frammento della realtà che si sta vivendo, o meglio il mix perfetto tra eternità, gloria, passato e futuro è solo dei Pink Floyd, su questo ci piove poco, anche se non siete estimatori, non è un problema nostro. E dunque si tratta di un live nato per caso, che è ritornato nelle sale dal 24 aprile al 30 aprile, e vista la grande affluenza di pubblico, rimarrà fino a oggi in sala, in una versione restaurata resa possibile da Lana Topham, custode, archivista ufficiale dei Pink Floyd.
Ecco le sue parole
“Dal 1994 – ha spiegato – ho cercato senza sosta i filmati originali di Pink Floyd at Pompei. Il ritrovamento del negativo originale in 35 mm del 1972 è stato un momento davvero speciale. La nuova versione restaurata presenta per la prima volta il montaggio completo di 90 minuti, combinando la performance di 60 minuti con i segmenti aggiuntivi girati negli Abbey Road Studios poco dopo. Da quel momento è iniziato il restauro digitale del film, accompagnato da quello del sonoro, affidato a Steven Wilson”. Pink Floyd Live at Pompei-MCMLXXII è in formato 4K delle immagini e audio in Dolby Atmos, e capirete che la definizione delle immagini è straordinaria e l’audio è semplicemente fenomenale. E poi i particolari che si raccolgono in questo restauro rimarranno impressi non solo nella mente dei fan accaniti dei Pink Floyd ma anche per chi ama in maniera del tutto conscia una band che non ha avuto eguali. Da David Gilmour che mastica il plettro della sua chitarra, dagli appunti, da quanti volti si intravedono su Richard Wright, anche fisicamente, i cosiddetti cambiamenti estetici: barba lunga, corta, rasata…Una specie di sogno questo ritorno al cinema di un Live che sembra un’esperienza onirica appunto, degna di un quadro di De Chirico, come ha sottolineato Steven Wilson, leader dei Porcupine Tree chiamato a lavorare alla rimasterizzazione del progetto, dichiarando tutta la sua ammirazione e il suo amore per i Pink Floyd.
E ancora
“I Pink Floyd – ha detto – sono sempre stati la mia band preferita. Mio padre mi aveva praticamente fatto il lavaggio del cervello con The Dark Side Of The Moon, ma non conoscevo l’altro lato della loro musica – quello psichedelico e improvvisativo – fino a quando vidi proprio Pink Floyd at Pompei. Sono Roger Waters, David Gilmour, Richard Wright e Nick Mason, in quei quattro giorni del 1971, che si lasciano guardare e proteggere solo dalla storia, perché, per chi non lo sapesse, Live At Pompei non ha un pubblico, è solo la storia, sono le rovine, e Pompei che ascolta a trattiene le emozioni e le perdite di controllo della band che in quegli anni lì, gli anni 70 stava cambiando suono e tempo alla musica. Sono le rovine di una città che ascolta e tace, ed è il silenzio che applaude, è l’austerità del luogo che porta alla concentrazione. La Processione della Vergine che bloccò i camion della produzione, dove davanti al Sacro si bloccarono anche i Pink Floyd, e poi quel famosissimo cavo talmente lungo da arrivare dall’anfiteatro al Municipio di Pompei, vista l’insufficienza di energia. E poi c’è Echoes, c’è One of these days, c’è Seamus, c’è una parte di storia della musica e anche cinematografica che definire imperdibile è poco.

Sì, perché Pompei fa la sua parte, in maniera straordinaria perché, se le persone fanno i luoghi la storia di un luogo e in grado di rifare l’intera storia di un uomo, di riproporla sotto un’altra veste. Così i Pink Floyd appaiono completamente da soli, (anche se circondati dagli addetti ai lavori) appaiono per come forse non saranno più, per tante ragioni: appaiono loro quattro con le loro piccole imperfezioni e insicurezze, appaiono con i loro strumenti, appaiono come singoli, sembra che Pompei gli mostri già il loro futuro, anche stando attenti a cogliere piccole sfumature dei quattro. Fino al 7 maggio nei cinema, distribuito da Nexo Studios, Pink Floyd Live at Pompei- MCMLXXII, si può tranquillamente racchiudere ed immaginare in queste parole di Giorgio De Chirico: “In questo secolo di faticoso lavoro compiuto attraverso tutto il medioevo; i sogni di mezzanotte e i magnifici incubi di Masaccio o di Paolo Uccello si risolvono nella chiarezza immobile e nella trasparenza adamantina di una pittura felice e tranquilla, ma che serba in sé un’inquietudine come nave giunta al porto sereno d’un paese solatìo e ridente dopo aver vagato per mari tenebrosi e traversato zone battute da venti contrari. Il Quattrocento ci offre questo spettacolo, il più bello che ci sia dato godere nella storia dell’arte nostra, d’una pittura chiara e solida in cui figure e cose appaiono come lavate e purificate e risplendenti d’una luce intensa. Fenomeno di bellezza metafisica che ha qualcosa di primaverile e di autunnale nel tempo stesso”.
(di Graziella Balestrieri – link)