Grace Jones è una figura leggendaria, un’artista poliedrica che ha lasciato un’impronta profonda nel mondo della musica, della moda, del cinema e della cultura pop.
Con il suo stile androgino, la sua presenza scenica magnetica e la sua capacità di fondere generi musicali diversi, Grace Jones ha ridefinito i confini dell’arte performativa, diventando un’icona culturale senza tempo ed è diventata una delle artiste più rivoluzionarie del XX e XXI secolo.
Grace Beverly Jones nasce il 19 maggio 1948 a Spanish Town (Giamaica) in una famiglia religiosa e conservatrice
Cresciuta in un contesto rigido, con un padre pastore pentecostale, Grace si ribella fin da giovane alle convenzioni, mostrando un carattere forte e indipendente. Negli anni ’60, si trasferisce negli Stati Uniti, a Syracuse (New York), dove inizia a esplorare il mondo della moda e della performance. La sua bellezza unica, con lineamenti scolpiti e un fisico statuario, la rende una modella di successo a Parigi e New York, dove lavora per marchi come Yves Saint Laurent e Kenzo, apparendo sulle copertine di riviste come Vogue e Elle.
Tuttavia, è nella musica che Grace Jones trova il mezzo per esprimere pienamente la sua creatività. A metà degli anni ’70, firma un contratto con la Island Records e inizia la sua carriera musicale, che la porterà a diventare una pioniera di generi come il disco, il reggae, il funk, la new wave e il pop sperimentale.
Lo stile musicale di Grace Jones: un’esplosione di generi
Lo stile musicale di Grace Jones è difficile da classificare, poiché fonde elementi di diversi generi in modo audace e innovativo. Nei suoi primi album, come Portfolio (1977), Fame (1978) e Muse (1979), si immerge nel mondo della disco music, con sonorità glamour e ritmi ballabili che riflettono l’atmosfera delle discoteche di New York e Parigi. Brani come “I Need a Man” e la sua reinterpretazione di “La Vie en Rose” di Édith Piaf diventano successi immediati, grazie alla sua voce profonda e sensuale e al suo approccio teatrale.
Negli anni ’80 Grace Jones evolve verso un suono più sperimentale
E lo da collaborando con produttori visionari come Chris Blackwell e il duo Sly Dunbar e Robbie Shakespeare (Sly & Robbie). Album come Warm Leatherette (1980), Nightclubbing (1981) e Living My Life (1982) segnano il suo periodo d’oro, in cui abbraccia la new wave, il reggae, il funk e il pop elettronico. Questi lavori sono caratterizzati da una produzione all’avanguardia e da testi che esplorano temi di identità, sessualità, potere e ribellione.
Uno degli aspetti più distintivi dello stile di Grace Jones è la sua capacità di reinventare cover di brani celebri, trasformandole in qualcosa di completamente nuovo. Ad esempio, la sua versione di “Warm Leatherette” dei The Normal, un brano punk elettronico, diventa un inno post-punk, mentre “Love Is the Drug” dei Roxy Music si trasforma in un’esplosione di energia funk e reggae.
Negli ultimi decenni Grace Jones ha continuato a esplorare nuovi territori musicali, come dimostra il suo album Hurricane (2008), che mescola reggae, elettronica e suoni orchestrali, con testi personali che riflettono sulle sue radici giamaicane e sulla sua vita. Questo album, prodotto in parte da Ivor Guest, è considerato uno dei suoi lavori più maturi e introspettivi.

Le sue collaborazioni principali
Le collaborazioni di Grace Jones sono state fondamentali per plasmare il suo suono unico. Tra i suoi partner artistici più importanti troviamo:
- Sly & Robbie: il leggendario duo reggae giamaicano ha prodotto alcuni dei suoi album più iconici, tra cui Nightclubbing. La loro abilità nel combinare ritmi reggae con elementi funk ed elettronici ha dato vita a brani come “Pull Up to the Bumper” e “My Jamaican Guy”, che rimangono pietre miliari della sua discografia.
- Chris Blackwell: fondatore della Island Records, Blackwell ha creduto nel potenziale di Grace Jones e ha guidato la sua transizione dalla disco alla new wave, contribuendo a definire il suono degli anni ’80.
- Jean-Paul Goude: il celebre fotografo e regista francese non è stato solo un collaboratore artistico, ma anche una figura chiave nella vita privata di Grace. Goude ha creato alcune delle immagini più iconiche di Grace, come la copertina di Nightclubbing, e ha diretto i suoi videoclip più memorabili, come quello di “Slave to the Rhythm” (1985). La loro relazione ha influenzato profondamente l’estetica di Grace Jones, caratterizzata da un mix di futurismo, androginia e provocazione.
- Trevor Horn: il produttore britannico, noto per il suo lavoro con artisti come i Frankie Goes to Hollywood, ha collaborato con Grace Jones per l’album Slave to the Rhythm (1985), un progetto concettuale che combina musica, spoken word e sperimentazione sonora.
- Nile Rodgers: il leggendario produttore e chitarrista degli Chic ha lavorato con Grace Jones in Portfolio, contribuendo al suo suono disco iniziale.
Queste collaborazioni hanno permesso a Grace di spingersi oltre i confini tradizionali della musica pop, creando un’estetica sonora e visiva che ha influenzato generazioni di artisti, da Madonna a Lady Gaga.
La sua vita privata fra ribellione e mistero
La vita privata di Grace Jones è stata tanto affascinante e complessa quanto la sua carriera. Conosciuta per la sua personalità enigmatica e per il suo rifiuto delle convenzioni, ha sempre mantenuto un’aura di mistero. La sua relazione con Jean-Paul Goude negli anni ’80 è stata una delle più significative della sua vita: i due hanno avuto un figlio, Paulo, nato nel 1979, che oggi è un musicista. La loro relazione, però, è stata anche turbolenta, segnata da momenti di grande creatività ma anche da tensioni personali.
Grace Jones è stata legata sentimentalmente ad altre figure di spicco, come l’attore Dolph Lundgren, che ha lavorato come sua guardia del corpo prima di diventare famoso. La loro relazione negli anni ’80 è stata caratterizzata da una forte chimica, ma anche da scontri dovuti ai loro caratteri forti.
Nonostante la sua immagine pubblica di femme fatale e icona androgina, ha sempre sottolineato l’importanza della sua famiglia e delle sue radici giamaicane. In Hurricane, dedica il brano “Williams’ Blood” alla sua famiglia, esplorando il contrasto tra la sua educazione religiosa e il suo spirito ribelle.
Grace Jones è anche nota per il suo approccio senza filtri alla vita: leggendarie sono le sue performance dal vivo, in cui ha spesso sfidato il pubblico con provocazioni e improvvisazioni, e le sue apparizioni in talk show, dove il suo carisma ha spesso rubato la scena.

I suoi maggiori successi
Grace Jones ha prodotto numerosi brani che hanno segnato la storia della musica. Ecco alcuni dei suoi maggiori successi:
- “La Vie en Rose” (1977): la sua reinterpretazione del classico di Édith Piaf è diventata un inno disco, grazie alla sua voce sensuale e all’arrangiamento sofisticato.
- “Pull Up to the Bumper” (1981): un brano funky e provocatorio, con un testo pieno di doppi sensi, che è diventato un classico delle piste da ballo.
- “Slave to the Rhythm” (1985): un capolavoro sperimentale che mescola pop, elettronica e spoken word, accompagnato da un videoclip iconico diretto da Goude.
- “I’ve Seen That Face Before (Libertango)” (1981): una reinterpretazione del tango di Astor Piazzolla, trasformato in un brano new wave con atmosfere oscure e cinematografiche.
- “My Jamaican Guy” (1982): un omaggio alle sue radici giamaicane, con un ritmo reggae irresistibile.
- “Warm Leatherette” (1980): una cover post-punk che ha segnato la svolta stilistica di Jones verso sonorità più audaci e moderne.
Icona culturale che ha influenzato la moda, il cinema (con ruoli in film come Conan il Distruttore e 007 – Bersaglio mobile), la performance art e la rappresentazione di genere
La sua androginia, il suo rifiuto delle norme di genere e la sua capacità di trasformare ogni performance in un evento artistico hanno ispirato artisti come Annie Lennox, Björk, Rihanna e Janelle Monáe. A oltre 70 anni, Grace Jones rimane una forza creativa instancabile, continuando a esibirsi dal vivo con la stessa energia e carisma degli esordi. La sua capacità di reinventarsi costantemente, senza mai perdere la sua autenticità, la rende una figura unica nel panorama culturale globale.
Alcune curiosità su Grace Jones
Appassionata di recitazione fin dai tempi del college, ha realizzato numerosi film d’azione e horror indipendenti, oltre a recitare in Conan il barbaro (1984) al fianco di Arnold Schwarzenegger, anche se il suo ruolo più famoso e sfaccettato è stato quello di May Day in ‘007 – Bersaglio Mobile’ (1985). Non si è però mai perdonata di avere rifiutato il ruolo che forse avrebbe potuto rivoluzionare la sua carriera: si tratta della parte del replicante Zhora in ‘Blade Runner’, che declinò senza neppure aver letto la sceneggiatura, su consiglio del fotografo Jean-Paul Goude, per il timore che si trattasse di un film troppo commerciale, di cassetta. La notte seguente, in volo per Parigi, Grace lesse il copione e richiamò per accettare, ma ormai il ruolo era andato a Joanna Cassidy.
Grace Jones ha una richiesta molto specifica (e chic) per gli organizzatori dei suoi concerti: ogni sera, all’arrivo in camerino, da contratto deve trovare nel ghiaccio due dozzine di ostriche, di tipo Colchester o Fine de Claire. Non devono però essere sgusciate, perché teme che tagliate male potrebbero ferirle le gengive, e poi perché desidera non disperderne il succo. Nel kit deve esserle dunque fornito anche un coltello per ostriche. Niente ostriche? Niente concerto. Patti chiari, amicizia lunga.
Grace Jones è celebre soprattutto per la sua androginia, che si riflette anche in un timbro vocale capace di estendersi dal basso in alto per due ottave e mezzo. Negli anni ‘80 ha toccato l’apice dell’ambiguità con il look spigoloso con cui amava immortalarla il geniale e visionario compagno Jean-Paul Goude: i capelli quasi piallati su linee spezzate, gli zigomi forti fatti risaltare dal trucco e la mascella ugualmente sagomata, fino ai vestiti geometrici e appuntiti.
“Mi piace vestirmi come un ragazzo. Lo adoro. Il futuro non è il sesso.
Puoi essere un ragazzo, una ragazza, qualunque cosa tu voglia”
Una volta a New York per i suoi impegni nell’alta moda, Grace Jones divenne una frequentatrice fissa del nuovissimo Studio 54, il locale di tendenza che aveva appena aperto in città, teatro delle follie più eccentriche del jet set. Nella sua autobiografia ‘I’ll Never Write My Memoirs’, la cantante si definisce “the wildest party animal ever”: senza dubbio l’atmosfera disinibita e l’ambiente sfrenato del club contribuirono agli eccessi di Grace anche rispetto all’abuso di ogni tipo di sostanza:
“Ho preso la mia primissima pillola di ecstasy in compagnia di Timothy Leary,
che è un po’ come volare sulla luna con Neil Armstrong “
Negli ultimi anni, Grace Jones ama mostrare la sua abilità con l’hula hoop sul palco mentre canta la super-hit ‘Slave To The Rhythm’. Soprattutto, lo fa apparentemente senza il minimo sforzo. Si tratta di un gioco che pratica con la massima naturalezza fin dall’infanzia, in Giamaica, e ha suggerito in un’intervista del 2018 che il trucco sta nella quasi immobilità: chi non riesce a dominare il cerchio è proprio perché agita troppo il bacino! Una delle migliori performance di hooping della Jones risale al recente Giubileo della Regina, a Londra, spronata anche dall’amico Elton John che l’ha minacciata di non presentarsi al suo show se lei non avesse eseguito quel numero.
Album in studio di Grace Jones
- 1977 – Portfolio
- 1978 – Fame
- 1979 – Muse
- 1980 – Warm Leatherette
- 1981 – Nightclubbing
- 1982 – Living My Life
- 1985 – Slave to the Rhythm
- 1986 – Inside Story
- 1989 – Bulletproof Heart
- 2008 – Hurricane