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Geronimo Black: la band dimenticata che anticipò il rock moderno (ma non venne capita)

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I Geronimo Black rappresentano una delle pagine più affascinanti e (forse) trascurate della storia del rock americano degli anni ’70.

Fondata nel 1972 dal batterista Jimmy Carl Black, la band Geronimo Black nacque come un progetto collaterale che riuniva alcuni dei musicisti più talentuosi dell’epoca, molti dei quali provenienti dall’orbita di Frank Zappa e dalle scene underground più innovative della California.

Le origini: un nome carico di significato

Il nome della band non fu scelto a caso. Jimmy Carl Black decise di chiamare il gruppo “Geronimo Black” in onore del suo figlio più giovane, Geronimo, creando così un ponte emotivo tra la sua vita privata e quella artistica. Questa scelta rifletteva l’approccio personale e intimo che caratterizzava la musica del gruppo, nonostante la potenza e l’aggressività del loro sound.

Una superband “ante litteram

La formazione originale dei Geronimo Black leggeva come un who’s who del rock progressivo e sperimentale americano. Jimmy Carl Black, già noto per essere stato il batterista delle Mothers of Invention di Frank Zappa, fungeva da leader e catalizzatore creativo. Al suo fianco si schierarono musicisti di calibro eccezionale:

Andy Cahan alle tastiere portava l’esperienza maturata collaborando con Dr. John, il leggendario pianista di New Orleans. Tjay Cantrelli (nome d’arte di John Barberis) al sassofono arrivava dalla band Love, uno dei gruppi più influenti della scena psichedelica di Los Angeles. I fratelli Bunk e Buzz Gardner, entrambi provenienti dalle Mothers of Invention, completavano la sezione fiati con la loro esperienza nell’avant-garde jazzistico di Zappa.

Tom Leavey al basso e Denny Walley alla chitarra completavano la formazione. Walley, in particolare, aveva già militato nella Magic Band di Captain Beefheart e successivamente avrebbe collaborato nuovamente con Frank Zappa dal 1975 al 1979, confermando il suo status di musicista di primo piano nell’underground rock californiano.

L’album di debutto fu un capolavoro incompreso

Nel 1972 i Geronimo Black entrarono nei prestigiosi Sound City Studios di Los Angeles per registrare il loro album di debutto per l’etichetta Uni Records. La produzione fu affidata a Keith Olsen, che più tardi sarebbe diventato famoso per aver prodotto il leggendario album “Rumours” dei Fleetwood Mac. Questa collaborazione rappresentava già un indicatore della qualità e dell’ambizione del progetto.

L’album omonimo “Geronimo Black” presentava una fusione unica di hard rock, blues acido, jazz-rock e progressive rock. Brani come “Low Ridin’ Man“, “Siesta” e “L.A. County Jail” mostravano la versatilità del gruppo, capace di passare da momenti di pura potenza rock a sezioni più sperimentali e jazz-oriented. “An American National Anthem” rappresentava forse il momento più ambizioso dell’album, una riflessione musicale sull’identità americana filtrata attraverso la lente critica tipica della controcultura dell’epoca.

I Geronimo Black e lo scontro con il “sistema”

Nonostante la qualità indiscussa della musica e le credenziali impressionanti dei musicisti, i Geronimo Black si scontrarono presto con le dinamiche dell’industria musicale. Quando il loro manager Russ Regan smise di lavorare con il gruppo, la band si trovò senza un sostegno adeguato all’interno della casa discografica.

Come raccontò successivamente Denny Walley in un’intervista, la situazione degenerò rapidamente: la band venne percepita come incontrollabile e problematica dalla casa discografica. Il loro atteggiamento ribelle, i comportamenti sopra le righe e l’immagine anticonformista li trasformarono da potenziali star a persone non gradite. La Uni Records arrivò persino a vietare ai membri della band l’accesso agli uffici della compagnia, segnando di fatto la fine del loro contratto discografico.

Il tentativo di rinascita

Dopo lo scioglimento iniziale, i Geronimo Black tentarono un comeback negli anni ’80 con l’album “Welcome Back, Geronimo Black“, pubblicato dall’etichetta indipendente Helios. Questa volta la formazione includeva Gerry McGee, ex chitarrista della Magic Band di Captain Beefheart, a testimonianza della continuità dei legami all’interno della scena underground californiana.

Tuttavia, questo secondo capitolo non riuscì a ricreare la magia e l’impatto del progetto originale. Il momentum era ormai perduto e la scena musicale era cambiata profondamente rispetto ai primi anni ’70.

L’eredità familiare e la rinascita del Nuovo Millennio

La storia dei Geronimo Black ebbe un’appendice inaspettata nel 2003, quando i figli di Jimmy Carl Black, Geronimo e James D. Black, decisero di formare “Geronimo Black Two“. Questo nuovo progetto, pur mantenendo alcuni elementi stilistici della band originale, rappresentava più un omaggio al padre che una vera continuazione artistica. L’album fu pubblicato sotto l’etichetta Inkanish Records, fondata dallo stesso Jimmy Carl Black.

Riscoperta e rivalutazione

Nel 2019, l’etichetta spagnola Munster Records ha pubblicato “Freak Out Phantasia“, una raccolta di registrazioni live e di studio inedite che ha permesso una rivalutazione critica dell’importanza dei Geronimo Black nella storia del rock. Questo album ha rivelato aspetti sconosciuti della band, mostrando un gruppo ancora più sperimentale e avventuroso di quanto si potesse immaginare dalle registrazioni ufficiali.

Geronimo Black: un suono fuori dal tempo

La musica dei Geronimo Black si caratterizzava per una fusione unica di generi che anticipava molte delle tendenze del rock degli anni successivi. Il loro approccio al blues rock incorporava elementi jazz, progressive e persino proto-punk, creando un sound che risultava contemporaneamente familiare e rivoluzionario.

La presenza di una sezione fiati così prominente, guidata dai fratelli Gardner e da Tjay Cantrelli, conferiva alla band una dimensione orchestrale che la distingueva nettamente dai power trio tipici dell’epoca. Questa scelta arrangiamentale, derivata dall’esperienza zappiana, permetteva esplorazioni armoniche e timbriche impossibili per formazioni più convenzionali.

Quando il talento non basta

I Geronimo Black rappresentano un perfetto esempio di come il talento musicale non sia sempre sufficiente per garantire il successo commerciale. La combinazione di personalità difficili, scarso supporto dell’industria musicale e forse una visione artistica troppo avanzata per i tempi contribuì al loro fallimento commerciale.

Tuttavia, la loro influenza sulla scena underground e su molti musicisti successivi è innegabile. La loro capacità di fondere generi diversi e di mantenere un’identità artistica indipendente li colloca tra i precursori di molte delle innovazioni che caratterizzeranno il rock alternativo e progressivo degli anni successivi.

La storia dei Geronimo Black rimane una delle narrazioni più affascinanti del rock americano degli anni ’70

Una band che avrebbe potuto cambiare il corso della musica popolare, ma che si scontrò con i limiti e le contraddizioni del sistema industriale musicale dell’epoca. La loro breve parabola artistica rappresenta sia un monito sui pericoli dell’industria musicale sia una testimonianza della forza creativa che può emergere quando musicisti di talento si uniscono con una visione comune. I Geronimo Black meritano di essere ricordati non solo come una curiosità storica, ma come uno dei gruppi più innovativi e coraggiosi della loro generazione.

La recente riscoperta delle loro registrazioni dimostra che il tempo, spesso, è il miglior giudice della qualità artistica. Quello che negli anni ’70 appariva come un fallimento commerciale, oggi si rivela come un tesoro nascosto del rock americano, capace di ispirare nuove generazioni di musicisti e appassionati

— Onda Musicale

Tags: Frank Zappa/Captain Beefheart
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