Brian May (nato nel 1947) è universalmente riconosciuto come il leggendario chitarrista dei Queen, una delle band più iconiche della storia del rock.
Ma Brian May è molto più di un semplice chitarrista: è un compositore, un arrangiatore, un cantante e persino un astrofisico, il cui stile musicale riflette una mente brillante e un approccio unico alla musica. Con il suo suono distintivo, caratterizzato dalla chitarra artigianale “Red Special” e da un’abilità nel creare armonie epiche e melodie indimenticabili, May ha ridefinito il ruolo del chitarrista nel rock.
Il suo stile unisce virtuosismo, teatralità e una sensibilità melodica, spaziando dal rock progressivo all’hard rock, dal pop al blues, con un tocco di sperimentazione che riflette la sua personalità poliedrica.
Radici e influenze: un crogiolo di suoni e scienza
Lo stile musicale di Brian May è il risultato di un mix di influenze musicali e di un approccio analitico alla creatività, influenzato dalla sua formazione scientifica. Cresciuto a Twickenham (Londra), Brian May sviluppò un interesse precoce per la musica attraverso il rock’n’roll degli anni ‘50, con artisti come Buddy Holly, The Shadows e Elvis Presley che ispirarono il suo amore per la chitarra e le melodie accattivanti. In particolare, Hank Marvin dei The Shadows, con il suo suono pulito e melodico su una Fender Stratocaster, ebbe un impatto significativo sul giovane May, influenzando il suo approccio ai riff e agli assoli.
Tuttavia, Brian May non si limitò al rock’n’roll
La sua passione per la musica classica, in particolare Bach e Wagner, lo portò a esplorare armonie complesse e strutture orchestrali, che divennero un tratto distintivo delle sue composizioni con i Queen. Anche il blues, il jazz e il rock psichedelico degli anni ‘60, con band come i Beatles e i Jimi Hendrix Experience, giocarono un ruolo nel plasmare il suo suono. La sua formazione accademica in fisica e astronomia (culminata con un dottorato in astrofisica completato nel 2007) si riflesse nel suo approccio metodico alla musica, con un’attenzione ai dettagli tecnici e alla sperimentazione sonora.
Un elemento unico delle sue influenze fu la costruzione della “Red Special”, la chitarra che May costruì da adolescente con l’aiuto di suo padre, utilizzando materiali di recupero come il legno di un camino del XVIII secolo. Questo strumento, con il suo suono caldo e versatile, divenne il cuore del suo stile, permettendogli di creare un timbro immediatamente riconoscibile. (leggi l’articolo)
Il suo suono: epico, teatrale e melodico
Il suono di Brian May è sinonimo di grandeur, melodia e versatilità. Con i Queen, ha contribuito a creare un sound che spaziava dall’hard rock al pop, dal progressive rock all’opera rock, con un’attenzione costante alla costruzione di armonie stratificate e arrangiamenti epici.
Ecco le componenti principali del suo stile:
- Hard rock e riff iconici: Brian May è noto per riff potenti e memorabili, come quelli di “Bohemian Rhapsody”, “Tie Your Mother Down” e “Fat Bottomed Girls”. Questi riff combinano energia cruda e precisione melodica, spesso costruiti su scale pentatoniche e accordi di potenza, ma con un tocco di raffinatezza che li rende distintivi.
- Opera rock e armonie orchestrali: nei brani come “Bohemian Rhapsody” e “Somebody to Love”, Brian May utilizzò la chitarra per creare texture orchestrali, sovrapponendo più tracce per simulare un coro di strumenti. Il suo approccio alla chitarra era quasi sinfonico, con armonie che richiamavano la musica classica.
- Pop e melodia: come compositore scrisse alcune delle melodie più amate dei Queen, come “We Will Rock You” e “I Want It All”. Anche nei brani più semplici, come “We Will Rock You” (basato su un ritmo di stomp e clap), la sua capacità di creare ganci melodici era straordinaria.
- Blues e influenze classiche: sebbene i Queen siano noti per il loro stile teatrale, May incorporava elementi blues in brani come “Now I’m Here” e assoli che richiamavano lo stile di Eric Clapton o quello di Rory Gallagher.
- Sperimentazione sonora: Brian May era un pioniere della sperimentazione in studio, utilizzando tecniche come il feedback controllato, il reverse tape e la sovraincisione per creare paesaggi sonori unici, come nell’intro di “Procession” o nel caos controllato di “The Prophet’s Song”.
Il suono di Brian May è caratterizzato da un equilibrio tra potenza e delicatezza, con un’attenzione maniacale alla costruzione di armonie e un uso creativo della sua Red Special, che gli permetteva di passare da toni aggressivi a linee melodiche eteree.
Tecnica chitarristica: precisione e narrazione sonora
Come chitarrista, Brian May è celebre per il suo suono distintivo e per un approccio che privilegia la melodia e l’espressività rispetto al virtuosismo fine a sé stesso. La sua tecnica è caratterizzata da una combinazione di precisione scientifica e creatività artistica.
Ecco i dettagli principali:
- Tono e strumentazione: la Red Special, con il suo corpo in mogano e il manico artigianale, è il cuore del suono di Brian May. Dotata di tre pickup Burns Tri-Sonic e un sistema di selettori di fase, la chitarra offre un timbro versatile, capace di passare da suoni caldi e morbidi a toni aggressivi. May utilizzava amplificatori Vox AC30, spesso spinti al massimo per ottenere un suono saturo ma chiaro. Invece di un plettro, Brian May usava una moneta da sei pence, che gli dava un attacco nitido e un controllo preciso sul tocco.
- Assoli e fraseggio: gli assoli di May sono tra i più riconoscibili del rock, grazie alla loro natura melodica e narrativa. Brani come “Bohemian Rhapsody”, “Brighton Rock” e “Killer Queen” mostrano la sua abilità nel creare assoli che sembrano cantare, con fraseggi che combinano scale pentatoniche, scale maggiori e minori, e un uso espressivo di bending e vibrato. Il suo assolo in “Bohemian Rhapsody” è un esempio perfetto di come un assolo possa servire la struttura emotiva di una canzone.
- Armonie a strati: una delle firme di Brian May è l’uso di armonie chitarristiche sovrapposte, spesso create sovraincidendo più tracce della sua Red Special. In brani come “Good Company” o “The Millionaire Waltz”, la chitarra imita strumenti orchestrali, creando un effetto corale unico. Questo approccio riflette la sua influenza classica e la sua capacità di pensare alla chitarra come a un’orchestra.
- Tecnica ritmica: come chitarrista ritmico, May era altrettanto abile, creando riff e accompagnamenti che spaziavano dalla potenza di “Hammer to Fall” alla delicatezza di “Love of My Life”. Il suo uso di accordi aperti e arpeggi contribuiva a dare ai brani dei Queen una ricchezza armonica unica.
- Effetti e sperimentazione: Brian May faceva un uso creativo di effetti come il delay (in “Brighton Rock” crea un effetto di “duetto” con se stesso) e il tremolo, ma sempre al servizio della canzone. La sua abilità nel manipolare il feedback, come in “I Want It All”, aggiungeva un elemento drammatico al suo suono.
- Composizione e arrangiamento: come compositore era un maestro nel bilanciare accessibilità e complessità. Brani come “We Will Rock You” dimostrano la sua capacità di creare inni universali con strutture minimali, mentre “The Prophet’s Song” mostra la sua propensione per il progressive rock, con cambi di tempo e armonie intricate.
Voce e presenza scenica
Sebbene Freddie Mercury fosse il frontman carismatico dei Queen, Brian May (al secolo Brian Harold May) contribuiva con la sua voce e la sua presenza scenica in modo significativo. La sua voce, calda e leggermente rauca, era perfetta per brani come “’39” (un folk fantascientifico) e “Good Company” (un omaggio al dixieland). Come corista, le sue armonie vocali, spesso in combinazione con Mercury e Roger Taylor, erano un elemento chiave del suono corale dei Queen, come si sente in “Somebody to Love” o “Bohemian Rhapsody”.
Sul palco Brian May era una presenza stabile e carismatica, con un atteggiamento che bilanciava umiltà e sicurezza. La sua interazione con Freddie Mercury durante i concerti, come nei duetti chitarristici e vocali di “Love of My Life”, era un punto culminante delle performance dei Queen. La sua abilità nel coinvolgere il pubblico, come nel ritmo collettivo di “We Will Rock You”, contribuì a rendere i concerti della band leggendari.

Brian May emerse come musicista negli anni ‘70
Quello fu un periodo di grande diversità musicale, in cui il rock si stava frammentando in generi come il glam, il progressive e l’hard rock. I Queen, con il loro mix di teatralità, virtuosismo e accessibilità pop, si inserirono perfettamente in questo contesto, e May fu una forza trainante dietro il loro suono unico. La sua capacità di unire riff hard rock a elementi operistici e melodie pop contribuì a rendere i Queen una delle band più innovative dell’epoca.
Come compositore affrontò temi diversi, dalla spiritualità e l’introspezione (“’39”, “Who Wants to Live Forever”) all’energia celebrativa (“We Will Rock You”, “I Want It All”). La sua sensibilità scientifica si riflette in brani come “’39”, che narra di un viaggio spaziale con un tocco di relatività einsteiniana, mentre la sua abilità nel creare inni da stadio ha reso i Queen una presenza dominante nei concerti degli anni ‘70 e ‘80.
Brian May influenzò una generazione di chitarristi, da Steve Vai a Joe Satriani
La sua Red Special divenne un’icona, e il suo uso di armonie chitarristiche ispirò band come Muse e The Darkness. Inoltre, il suo lavoro come produttore e arrangiatore, insieme al suo impegno umanitario (come il concerto per Freddie Mercury nel 1992) e il suo attivismo per i diritti degli animali, lo hanno reso una figura rispettata oltre la musica.
La carriera musicale di Brian May si è evoluta parallelamente a quella dei Queen e nella sua produzione solista
Negli anni ‘70, contribuì a capolavori come A Night at the Opera (1975) e News of the World (1977), scrivendo brani che spaziavano dal progressive rock (“The Prophet’s Song”) al pop-rock (“You’re My Best Friend”). Negli anni ‘80, con album come The Game (1980) e The Works (1984), si adattò a sonorità più pop e sintetiche, pur mantenendo il suo suono chitarristico distintivo in brani come “Hammer to Fall”.
Come solista, album come Back to the Light (1992) e Another World (1998) mostrano un lato più personale di May, con testi che esplorano temi di perdita, spiritualità e resilienza, come in “Resurrection” e “Too Much Love Will Kill You”. La sua collaborazione con i Queen post-Mercury, con cantanti come Paul Rodgers e Adam Lambert, ha dimostrato la sua capacità di mantenere viva l’eredità della band.
I suoi testi spaziano dall’epico al personale, spesso con un tocco di malinconia o riflessione filosofica. Brani come “Who Wants to Live Forever” affrontano temi di mortalità e amore eterno, mentre “’39” combina narrazione fantascientifica e folk. Anche il suo umorismo, come in “Fat Bottomed Girls”, aggiunge un elemento giocoso al suo repertorio.
Brian May rimane una figura centrale nella storia del rock, sia come membro dei Queen sia come artista solista
La sua discografia con i Queen, che include classici come A Night at the Opera, News of the World e Made in Heaven, è considerata una pietra miliare del rock. La Red Special, con il suo suono unico, è diventata un’icona, e Brian ha collaborato con aziende come Burns e Guild per creare versioni accessibili a chiunque (o quasi) dello strumento.
Il suo contributo al Concert for Freddie Mercury e il suo lavoro con i Queen + Adam Lambert hanno mantenuto viva l’eredità della band, mentre la sua carriera accademica in astrofisica lo ha reso un modello di versatilità. Brian May ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il titolo di Comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico (CBE) nel 2005 per i suoi contributi alla musica e alla scienza. La sua influenza si estende a chitarristi e band che ammirano il suo approccio melodico e orchestrale, come Matt Bellamy dei Muse e Slash.