L’autunno di quest’anno prevede non poche sorprese in ambito musicale e una di queste potrebbe far impazzire di gioia i fan di Robbie Williams – in primis – così come i più fedeli seguaci del suono Britpop.
La popstar britannica, infatti, ha da poco annunciato l’uscita del suo prossimo album, intitolato “BRITPOP”, appunto; con annesso rilascio di un singolo d’anticipazione, “Rocket”, il quale, inoltre, vede l’insolita collaborazione della ben nota leggenda dei Black Sabbath, Tommy Iommi, a imbracciare la chitarra.
Fallisce l’infelice esperimento cinematografico, compiuto grazie al buon biopic “Better Man” – solo 10 milioni incassati al box-office, in risposta ai 110 richiesti per la spese di realizzazione –, il quale sembrava aver incuriosito proprio tutti, a causa della rivoluzionaria trovata scimmiesca: quella che, per intenderci, ha permesso a una scimmia in CGI, appunto, di vestire i panni del buon Robbie.
Molto meglio, in questo senso, aveva fatto la docu-serie, targata Netflix, dal titolo omonimo “Robbie Williams”: un lungometraggio sentito e sincero, il quale ha permesso di mettere insieme un ritratto autentico della popstar; capace, dunque, di far emergere successi e momenti di gloria, ma anche ombre, lati oscuri, le numerose cadute che ne hanno caratterizzato il percorso artistico e umano.
Ebbene, dopo simili fatiche, Robbie decide di fare ritorno sul sentiero battuto, da sempre, con maggior frequenza: la musica. I richiami sono più che chiari, esplicitati sin dal titolo del disco (di cui ancora non si conosce la data d’uscita) e accompagnati da un tripudio di chitarre elettriche: Williams, in altri termini, pare deciso a ripartire dal punto preciso che in passato ne avviò in qualche modo la carriera, vale a dire il Britpop. Complice, forse, il rinnovato interesse per il genere e per l’estetica afferente ad esso, in seguito alla notizia della live reunion degli Oasis.
È un buon momento, insomma, per cavalcare l’ondata di nostalgia relativa a quel sound seducente, direttamente proveniente dai nineties, sempre più simili a un tempo e un mondo andati perduti. Non è un caso che la copertina del nuovo album ritragga lo stesso Williams, biondo e in tuta adidas rossa: un chiaro riferimento alla celebre fotografia scattata in quel di Glastonbury ’95, quando ancora frequentava i fratelli Gallagher.
“Rocket” – rilasciato ufficialmente il 23 maggio scorso – è nient’altro che il tentativo di riportare l’ascoltatore indietro nel tempo, facendo eco ai grandi successi della pop-rock music britannica e sfruttando tormentoni linguistici acclarati (quel “What a time to be alive” ancora riecheggia nella testa dell’ascoltatore, non solo per merito di Williams). L’energia non manca, intendiamoci. Appare solo difficile e, forse, un po’ pretenzioso, tentare di rilanciare la propria carriera musicale per mezzo di un prodotto, il quale intende ricalcare quanto giocoforza appartiene al passato, con il serio rischio di farsi brutta copia.
A proposito del disco, infatti, il performer di Stoke-on-Trent ha dichiarato:
Volevo creare l’album che avrei voluto scrivere e pubblicare dopo aver lasciato i Take That nel 1995. Era l’apice del Britpop e un’epoca d’oro per la musica britannica. Ho lavorato con alcuni dei miei idoli su questo album: è crudo, ci sono più chitarre ed è un disco ancora più energico e potente del solito. C’è un po’ di ‘Brit’ e sicuramente anche un po’ di ‘pop’. Sono immensamente orgoglioso di questo progetto e non vedo l’ora che i fan lo ascoltino. Non vedo l’ora, inoltre, di eseguire uno o due brani dal vivo durante il mio prossimo tour ‘BRITPOP’, che naturalmente partirà dal Regno Unito”
Il tour in questione, inoltre, toccherà anche l’Italia e, precisamente, lo stadio Nereo Rocco di Trieste, in data 17 luglio 2025
In conclusione, se la storia di Robbie Williams – quantomeno nelle sue pagine più gloriose – si è sempre sviluppata lontano dai confini del Britpop – eccettuato qualche flirt di breve durata –, per quale ragione tornare su di un cavallo di battaglia proprio di altri artisti di quel periodo? Il rischio di un flop appare palpabile, ma al buon Robbie – lo sappiamo – non manca una buona dose di coraggio. E, allora, buona fortuna, Rob.