Di seguito la classifica dei doppi album più belli della storia della musica stilata da Ultimate Classic Rock in cui 35 doppi album sono stati messi in ordine di preferenza dalla redazione.
Citiamo le classifiche perché spesso ci sembra un buon modo per fare delle playlist, piuttosto che dire che ogni doppio album meriti o meno la posizione che è stata assegnata dai magazine che prendiamo come riferimenti. Ci si meraviglia che nei primi 20 non ci sia l’album di Prince “1999” che è alla posizione 32, al numero 31 c’è “Rattle and Hum” degli U2, al 30 l’Electric Light Orchestra con “Out of the blues” e solo al 29esimo posto c’è “Quadrophenia” degli Who. Ma com’è possibile? Gli Smashing Pumpkins con “Mellon Collie and the Infinite Sadness” è solo al 25esimo posto, così come “The Name of this band is Talking Heads” è alla numero 21.
Senza lasciarci coinvolgere troppo quindi, vediamo le altre 20 posizioni della classifica di Ultimate Classic Rock.
Le posizioni dalla numero 20 alla 11
Ecco i doppi album che si sono piazzati fra il ventesimo e l’undicesimo posto:
- 20. The Cure – Kiss Me, Kiss Me, Kiss Me (1987)
- 19. Todd Rundgren – Something/Anything? (1972)
- 18. Genesis – The Lamb Lies Down on Broadway (1974)
- 17. The Who – Tommy (1969)
- 16. Peter Frampton – Frampton Comes Alive! (1976)
- 15. Miles Davis – Bitches Brew (1970)
- 14. Bruce Springsteen – The River (1980)
- 13. Derek and the Dominos – Layla and Other Assorted Love Songs (1970)
- 12. The Jimi Hendrix Experience – Electric Ladyland (1968)
- 11. Prince – Sign O’ the Times (1987)
Le posizioni dalla numero 10 alla 6
Ecco invece le posizioni dalla numero 10 alla 6:
- 10. Fleetwood Mac – Tusk (1979)
- 9. The Allman Brothers Band – At Fillmore East (1971)
- 8. Pink Floyd – The Wall (1979)
- 7. Elton John – Goodbye Yellow Brick Road (1973)
- 6. Stevie Wonder – Songs in the Key of Life (1976)
#5 Led Zeppelin – Physical Graffiti (1975)
Il sesto lavoro in studio dei Led Zeppelin, Physical Graffiti, entrò direttamente al n. 1 in Gran Bretagna e si piazzò al terzo posto negli Stati Uniti. Con brani-manifesto come Ten Years Gone, Kashmir e The Wanton Song, il doppio LP divenne subito oggetto di culto. Parliamo di 82 minuti di musica sopraffina che hanno totalizzato circa 16 milioni di copie vendute. Per molti questo è l’ultimo, grande capolavoro della band; di certo segna la metà del loro cammino artistico. Il materiale era talmente abbondante da imporre il formato doppio. Robert Plant lo ha sempre definito l’album più ispirato, creativo ed epico dei Led Zeppelin. All’opposto, John Paul Jones sfiorò l’abbandono in piena lavorazione, allungando i tempi di produzione fino a 18 mesi: la sua crisi mistica arrivò al punto da fargli valutare un futuro come maestro di coro nella Winchester Cathedral… Ipotesi che, per fortuna, si dissolse in fretta.
“Vorrei che fossimo ricordati per ‘Kashmir’
(R. Plant)
più che per ‘Stairway to Heaven’”
#4 The Clash – London Calling (1979)
London Calling è il terzo album in studio dei Clash che uscì come doppio LP il 14 dicembre 1979 nel Regno Unito e il 10 gennaio 1980 negli Stati Uniti. È universalmente classificato come uno dei dischi più importanti di sempre. In quel periodo la band aveva appena licenziato lo storico manager Bernie Rhodes; Joe Strummer e Mick Jones erano in blocco creativo da oltre un anno e si rinchiusero in studio per scrivere d’urgenza 18 brani nuovi in poche settimane. London Calling ha segnato il salto della band dal punk “puro” a un ventaglio sonoro che inglobava anche altri generi come lo ska e il rockabilly e perfino accenni hard-rock. Il risultato è un ponte tra l’irruenza punk e la nascente new wave, con arrangiamenti ricchi di fiati, pianoforti honky-tonk e linee di basso dub. Entrò direttamente nella Top 10 britannica con il prezzo lancio di 5 sterline per un doppio, mossa pensata per tenere fede allo slogan “punk is affordable – Il punk è conveniente”. La stampa inglese lo decretò immediatamente capolavoro.
London Calling mostrò che il punk poteva assorbire qualsiasi lingua musicale rimanendo politicamente incendiario. Senza di lui, gruppi come Rancid, Manic Street Preachers o persino gli U2 di War avrebbero suonato diversamente. Il titolo-slogan “London calling…” rimane un marchio identitario della città, echeggiato in film, spot e persino negli annunci della metropolitana.
#3 Bob Dylan – Blonde on Blonde (1966)
Pubblicato il 20 giugno 1966, Blonde on Blonde di Bob Dylan è il primo doppio LP della storia del rock: già questo basterebbe a renderlo un totem, ma la sua grandezza va ben oltre. Spostandosi da New York a Nashville, Dylan combina la ruvida elettricità del folk-rock con l’eleganza dei session player del Sud. Ne esce un timbro metallico e scintillante, fitto di chitarre liquide e batterie a passo jazz-blues: nessuno prima aveva creato un suono così metropolitano e così country insieme. Subito acclamato dalla critica britannica, l’album diventa doppio-platino in USA e staziona regolarmente nelle classifiche dei “migliori dischi di sempre”.
#2 The Rolling Stones – Exile on Main St. (1972)
Exile on Main St. è un doppio LP privo di concept, ma con una sequenza studiata per alternare sferragliate e momenti contemplativi; ne risulta un “romanzo” di 67 minuti che non chiede tagli. In quel periodo i Rolling Stones erano “esiliati” in Francia nella villa di Keith Richards, perché il fisco inglese chiedeva loro troppe tasse. L’album fu registrato proprio in quella villa, utilizzando apparecchiature di studio sistemate in un van. Poche altre opere hanno catturato così bene la vita “on the run” di una rock-band: eccessi, disordine, creatività a caldo. Il fruscio di fondo è parte integrante della musica. Exile on Main St. non è perfetto in senso hi-fi; è perfetto in senso umano. Suona come dovrebbe suonare il rock: sporco di polvere di strada e notti insonni. Ecco perché ancora oggi lo consideriamo un disco bellissimo, racconta una storia vera e la fa vibrare in ogni nota di chitarra.
#1 The Beatles – The White Album (1968)
Pubblicato il 22 novembre 1968, The Beatles – soprannominato “White Album” per la copertina minimalista di Richard Hamilton – è il nono LP del gruppo (decimo contando Magical Mystery Tour), con 30 canzoni distribuite su doppio vinile.
Reduce dal ritiro a Rishikesh, il quartetto arriva a Londra con un centinaio di canzoni in cantiere che mostrano subito una spiccata individualità: Lennon è visionario, McCartney melodista infallibile, Harrison spirituale, Starr in cerca di spazio. In studio le tensioni esplodono: litigi, dimissioni temporanee di Ringo, session parallele. Eppure, da quel disordine nasce un’opera d’arte irripetibile. Dal rock di “Back in the U.S.S.R.” al proto-metal di “Helter Skelter”, al collage avanguardista “Revolution 9”, il disco tocca rock ’n’ roll, folk, blues, musica da camera, country. Nessun altro album degli anni Sessanta presenta uno spettro stilistico tanto ampio; ascoltarlo è come sfogliare un atlante delle possibilità pop. Il “White Album” è un paradosso perfetto: un’opera tumultuosa e frammentaria che, proprio grazie al suo caos, diventa universale. Racconta quattro personalità in frattura ma ancora in grado di trasformare ogni intuizione in canzone memorabile. Per questo, a più di mezzo secolo dall’uscita, rimane un riferimento obbligato: perché dimostra che la grande arte pop non teme la contraddizione e anzi, si nutre di essa.
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