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“Lover”: il ritorno di Richard Ashcroft (ma ne avevamo davvero bisogno?)

Richard Ashcroft

Il ritorno di Richard Ashcroft è realtà. Dopo sette anni dall’ultimo album in studio, infatti, l’artista britannico torna a far parlare di sé grazie al rilascio del suo nuovo singolo, intitolato “Lover”, il quale dovrebbe anticipare le note del prossimo album in studio, di cui, però, non si conosce ancora il nome.

I segnali di un suo ritorno, d’altronde, sembravano, ormai, piuttosto chiari, soprattutto in seguito all’annuncio della sua presenza al live reunion tour degli Oasis, in qualità di special guest, dati gli ottimi rapporti con i fratelli Gallagher: non dimentichiamoci, a tal proposito, della prestazione vocale offerta in “All Around the World” (Oasis, 1997), così come di “Cast No Shadow” (Oasis, 1995), scritta da Noel Gallagher e dedicata, appunto, al cantautore inglese.
Arrivato dopo la pubblicazione di “Acoustic Hymns Vol. 1”, “Lover” appare subito come un brano di difficile comprensione rispetto al canzoniere, denso di capolavori, del buon Richard.

Hip hop, pop, l’utilizzo di bassi profondi, a scandire l’intersecarsi e il sovrapporsi di cori e tracce vocali di timbro differente, non possono che spiazzare l’ascoltatore più navigato dell’ex Verve, quanto mai disorientato – e comprensibilmente –, poiché situato in un luogo che non lascia spazio nemmeno all’eco più lontana della psichedelia, come della cifra shoegaze che ne hanno caratterizzato la brillante carriera.

Non è una rottura totale con il passato, intendiamoci, ma si tratta, più che chiaramente, di un tentativo pressoché disperato di farsi attuale, con un risultato che, a tratti, può persino sfociare nella parodia, se non, addirittura, nel ridicolo

Ashcroft, infatti, a questo giro, pare presentarsi al pubblico come poco meno di un pesce fuor d’acqua, cercando di calarsi all’interno di panni che evidentemente non sembrano calzargli come dovrebbero. E questo ne sminuisce, senz’altro, il genio artistico: quello che, per intenderci, ha ispirato uno degli artisti inglesi più importanti degli anni ’90. Il brano, inoltre, rielabora in chiave moderna quanto già contenuto in “Love and Affection”, della cantante e compositrice britannica Joan Armatrading, la quale – al contrario di chi scrive – si è detta entusiasta del lavoro di Ashcroft. Sul piano del testo la situazione non migliora di certo – il ritornello rischia di finire fra i peggiori della sua carriera solista –, poiché siamo distanti anni luce dai fasti di un tempo, rimasti insuperati.

Diciamolo senza troppi giri di parole, allora

Lover” tenta di farsi inno e canto liberatorio, con elementi che mirano a fare in modo che il brano assurga, in qualche maniera, a una dimensione alla quale, a conti fatti, non appartiene. E siccome essa si configura come qualcosa di simile a un’indicazione piuttosto eloquente circa la direzione musicale futura che il cantante di Wigan ha intenzione di prendere, è pressoché evidente quanto eventuali preoccupazioni a riguardo – da parte dei fan più affezionati, si intende – siano più che legittime.

Poiché, per quanto doloroso possa essere ammetterlo, da Richard Ashcroft, vale a dire da colui che ha dato vita a brani immortali – quali “Bitter Sweet Symphony”, “Sonnet”, “The Drugs Don’t Work” e così via – è lecito aspettarsi qualcosa in più. Nulla di paragonabile a quanto appena citato, certo: ma qualcosa di leggermente superiore al “nuovo corso” sin qui descritto – se così vogliamo chiamarlo –, sì.

— Onda Musicale

Tags: Noel Gallagher, Oasis, Verve
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