Ieri sul canale YouTube di Rick Beato è andata online una lunga intervista a David Gilmour. Un incontro in cui il chitarrista ha svelato dettagli sul suo approccio alla musica, alla chitarra e al processo creativo, oltre a confermare di essere già al lavoro su un nuovo album.
Abbiamo cercato di riassumere in maniera un po’ schematica la lunghissima intervista (quasi due ore) che trovate in fondo all’articolo.
Tecniche chitarristiche e fonti di ispirazione
David Gilmour ha mostrato il suo modo personale di affrontare la chitarra: un fingerstyle “pigro e automatico” in cui un solo dito copre due corde, liberando spazio per variazioni melodiche. Ha raccontato l’origine della progressione di accordi di Dogs, nata da un embrione degli anni ’60 chiamato “Difficult Dave”, con un’eco dello strumming dei Moody Blues.
Fondamentale per la nascita di Comfortably Numb fu invece la “high string guitar”, una particolare accordatura che gli aprì nuovi orizzonti sonori.
E non poteva mancare il ricordo di Jimi Hendrix: dopo averlo visto suonare a Londra, Gilmour decise di inseguire un sustain più espressivo, esperienza che definisce ancora oggi “folgorante”.

Il processo creativo: tra casualità e intuito
In studio, David Gilmour parte spesso da semplici esperimenti di accordi e timbri, lasciando che siano le reazioni degli altri musicisti a rivelare il potenziale di un’idea. Così nacque la melodia del coro di Comfortably Numb: una linea cantata senza parole che Bob Ezrin volle fortemente nell’album. Waters aggiunse modifiche, tra cui il celebre passaggio sulla frase “I have become comfortably numb”. Il primo assolo fu registrato come improvvisazione in una demo su nastro a quattro tracce e rimase pressoché intatto. L’assolo finale, invece, Gilmour continua a reinventarlo ogni volta, rifiutando l’idea di ripetere a memoria una registrazione.
Anche il riff di Wish You Were Here arrivò per caso, “caduto fuori” da una Martin a 12 corde appena acquistata.
Registrazione e produzione: tra analogico e digitale
Gilmour ha ricordato i tempi pionieristici agli Abbey Road Studios, con l’editing manuale del nastro e i primi passi verso il multitraccia. Un’epoca fatta di forbici d’ottone e nastri tagliati a mano, prima dell’avvento del digitale. Con Pro Tools, adottato dai primi anni 2000, Gilmour ha trovato lo strumento ideale: lo usa come un registratore “pulito”, senza artifici, convinto della sua fedeltà sonora.
Non è mancato un accenno al ruolo di Polly Samson, compagna e collaboratrice, che dal periodo di The Division Bell in poi ha rappresentato una voce critica e costruttiva, quasi una produttrice non ufficiale.
Suono e strumenti
Dalla prima Fuzz Face regalatagli nel 1968, ai leggendari Hiwatt collegati in configurazioni particolari, Gilmour ha ripercorso il suo arsenale sonoro.
Ha spiegato la preferenza per i pickup P90, il posizionamento “non convenzionale” del compressore prima della distorsione e l’uso dei Tube Driver per simulare la saturazione naturale di un amplificatore.
Curioso anche l’aneddoto su una vecchia unità Zoom: nonostante la sua semplicità, è stata utilizzata per alcuni soli in studio, dimostrando quanto per lui conti l’efficacia nel mix finale più che la raffinatezza tecnica dello strumento.
Filosofia e prospettive
Gilmour rifiuta le etichette di genere, incluso il “progressive rock”, convinto che i Pink Floyd abbiano anticipato certe caratteristiche senza definirsi tali.
Rivendica l’unicità del suo stile chitarristico, frutto più di casualità e memoria muscolare che di calcoli teorici, e sottolinea quanto per lui sia importante la qualità del suono dal vivo.
Sul capitolo Pink Floyd, parla del gruppo come di “un manico comodo” per descrivere persone che suonavano insieme, senza rimpianti per la fine della band. Ha espresso infine il suo legame speciale con Rick Wright, ricordando come suonare con lui lo facesse sentire “a casa”.
Un nuovo disco in arrivo
La rivelazione che tutti i fan aspettavano è arrivata verso la fine: David Gilmour sta effettivamente registrando un nuovo album. È nelle fasi iniziali, ma potrebbe vedere la luce già nel 2026 . Una conferma che alimenta l’attesa e testimonia come la sua creatività sia tutt’altro che esaurita.
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