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Mick Jagger: “Exile è stato il più difficile disco degli Stones”

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Nel corso di una lunga e grandiosa carriera i Rolling Stones hanno combattuto molto spesso contro le avversità.

Mick Jagger (classe 1943) e gli altri della band si sono spesso ritrovati in circostanze indesiderate ma hanno sempre dimostrato un talento unico nel riuscire ad uscirne. La creazione di Exile On Main Street (nel 1972) si rivelò l’ennesimo bivio, ma anche una volta una situazione che la band affrontò (ancora una volta) molto abilmente. Ascoltando il disco (uno dei loro capolavori) non si immaginerebbe di certo che gli Stones stessero attraversando un periodo di disordine e di confusione.

Exile On Main Street è stato registrato durante un periodo precario in cui ogni membro del gruppo viveva da esiliato fiscale nel Regno Unito. Di conseguenza, la decisione di registrare le varie sezioni in luoghi diversi (ma sempre lussuosi) sparsi in tutto il mondo, inclusa la villa francese affittata da Keith Richards: Villa Nellcôte a Villefranche sur Mer (Costa Azzurra). Per l’intero processo di registrazione Richards ha vissuto tarato sul proprio fuso orario e il disco stava nascendo più a sua immagine e somiglianza rispetto a Mick Jagger. Keith Richards ha coinvolto una serie di musicisti nel tentativo di farsi aiutare con il suono espansivo che stava cercando di creare, e si è rivelato molto difficoltoso sintonizzare tutti fra loro. Da molti punti di vista.

Le parole di Mick Jagger al magazine GQ

Abbiamo continuato a lavorare quando Keith non c’era. Questo è quello che dice Keith comunque. L’altro giorno ho sentito un’intervista con lui dove ha detto: “Mi svegliavo e sentivo che stavano suonando e dicevo,” accidenti, hanno suonato senza di me tutta la notte”.

E ancora:

Il problema di Exile è che ci sono molti musicisti. Ci sono due pianisti, due suonatori di fiati, Jimmy Miller a volte suona la batteria. Ci sono tutti i tipi di combinazioni in corso: Mick Taylor suona il basso se Bill non c’è. Voglio dire, il problema dei dischi è che puoi fare dischi con due persone. Quindi non importa se non ci sono tutti.”

La genesi del disco

Le registrazioni avvenivano prevalentemente di notte anche se Jagger Wyman erano spesso assenti, per ragioni facilmente intuibili e riconducibili a qualche ragazza del posto. Uno dei casi più celebri riguarda la registrazione del brano “Happy”, cantato proprio da Keith Richards. Anch’esso viene registrato in cantina, ma viene inciso dai soli Richards (chitarra e voce), Bobby Keys al sassofono e Jimmy Miller alle percussioni, gli unici presenti in quel pomeriggio in cui il buon Richards, ripresosi momentaneamente dalla botta, decide di scendere giù in cantina per registrare qualcosa.

La band delle sessioni di Nellcôte (questo era il nome della villa di Richards) è composta principalmente da Keith Richards, Bobby Keys, Mick Taylor, Charlie Watts, Jimmy Miller (batterista e produttore che sostituì momentaneamente Watts per l’incisione di Happy Shine a Light), e Mick Jagger quando era disponibile. Ci sono voluti quasi tre anni per creare Exile e nulla nel processo era semplice. Sebbene fosse soddisfatto del prodotto finale, è stato un viaggio che Jagger non desiderava replicare mai più. “Exile On Main Street” è il risultato di perfetto connubio fra boogie e blues e vede come protagonista un Keith Richards che fa un uso massiccio di droghe di ogni tipo, al punto da rallentare le registrazioni.

Jagger ha aggiunto:

Ero molto reticente a dover fare tutto questo lavoro su Exile. Non mi dispiace farlo. Non sono sicuro se lo vorrei mai rifare però. Penso che sia tutto affascinante e penso che il disco sia stato un momento interessante e tutto il resto, ma è molto difficile cercare di spiegarlo alle persone”.

Riguardo i problemi che hanno dovuto affrontare, Jagger ha precisato:

Ovviamente non ci sono su alcuni di loro, anche se arrivo a metà. O Mick Taylor non c’è. E sulle tracce che abbiamo registrato all’Olympic, Keith non c’è. Era tutto piuttosto caotico. E l’abbiamo reso più difficile per noi stessi realizzando un doppio album. Questi fatti hanno raddoppiato il nostro carico di lavoro”.

Fortunatamente tutto il lavoro che gli Stones hanno (faticosamente) riversato in Exile è un disco fra i più apprezzati della loro gigantesca discografia, certamente il risultato di quell’alchimia creatasi nel gruppo, capace comunque di assemblare nel caos (dis)organizzato della villa in Provenza un doppio album a base di blues, country, rock and roll e soul.È stato un periodo sperimentale che avrebbe potuto essere disastroso, ma ora sembra forse il loro miglior colpo di genio.

Dopo la pubblicazione del disco, avvenuta il 12 maggio 1972, queste sono le parole del critico musicale americano Lester Bangs (14 dicembre 1948 – 30 aprile 1982):

Exile on Main Street è uscito solo 3 mesi fa e praticamente mi sono fatto venire l’ulcera e anche le emorroidi cercando di farmelo piacere in qualche modo. Alla fine ho lasciato perdere, ho scritto una recensione che era una stroncatura quasi totale e ho cercato di levarmelo dalla testa. Un paio di settimane dopo sono tornato in California, me ne sono procurato una copia per vedere se per caso era migliorato col tempo, e mi ha fatto cadere dalla sedia. Ora penso che forse sia il disco più bello degli Stones in assoluto.”

— Onda Musicale

Tags: Mick Jagger/Keith Richards/The Rolling Stones
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