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Woodstock, la setlist: Bert Sommer

Bethel e Woodstock sono due piccole cittadine molto simili tra loro. La prima dista circa 170 Km da New York City e 4500 Km da Los Angeles, dall’altra parte degli Stati Uniti.

Di suo non ha granché da offrire, se non bei paesaggi montani, tanto verde e, nelle stagioni migliori, un bel cielo azzurro. E in effetti non starebbe neanche in questa storia, se non fosse che ha ospitato il più importante festival del rock che sia mai stato realizzato. Woodstock è una cittadina che si trova poco più a nord di Bethel, ma a Bethel c’era lo spazio giusto e la giusta atmosfera.

Il terzo ad apparire davanti alla folla è Bert Sommer, e ora ve lo faccio conoscere.

Sono le ore 19:30 circa del 15 agosto

Sul palco sale un poco conosciuto ragazzo di vent’anni, i cui capelli sono incredibilmente più famosi del suo volto. Lo so, quello che ho appena scritto sembra folle, eppure è la realtà. I capelli di Bert Sommer sono stati scelti per essere messi nella locandina dello spettacolo di Brodway di “Hair”. Spettacolo cui chiaramente fa parte, con il ruolo di Woof, uno dei ragazzi della “tribù”.

In realtà Bert, che è nato a New York nel febbraio del 1949, suonava già da un pezzo, nonostante la sua giovane età. Musicista autodidatta, suonava pianoforte e chitarra, e già in età adolescenziale aveva iniziato a scrivere i suoi primi pezzi. Iniziando ad entrare nel giro dei cantautori locali, fece la conoscenza di Leslie West, che diventerà poi noto per essere tra i fondatori dei Mountain. Per lui e la sua band di allora (i Vagrants) ha scritto diversi brani, permettendogli così di entrare ancora più in profondità nello showbiz.

Nel 1967 i Left Banke cercano un cantante ed ecco che si presentano da Bert Sommer, che entrerà a far parte della band. Band che, però, dura poco a causa di problemi legali. Ma il nostro non molla e allora ecco che viene raggiunto dai produttori di Hair, il nuovo musical a tema antimilitarista e anticonformista che sta per partire a Broadway. Bert, come detto, darà il volto a Woof, nella sua versione teatrale, e sarà i capelli della locandina ufficiale.

Nel 1969 arriva il contratto con la Capitol

E, grazie alla persona di Artie Kornfeld (che lavora con la major e che ha creato il Festival), sale su quel palco. Bert suonò dieci brani, tra cui “Jennifer” e una versione meravigliosa di “America” del duo Simon & Garfunkel. Ed è tutto qui.

Oltre ad aver ricevuto una standing ovation, non c’è stato altro. In effetti Bert Sommer è ricordato più che altro per il fatto che sia stato tra i pochi che non sono diventati famosi a Woodstock. Tutti, o quasi, hanno ricevuto fama nei giorni e negli anni a seguire. C’è chi si è letteralmente costruito una carriera, grazie alla partecipazione al Festival di Woodstock. Tranne lui.

Addirittura, per anni, non si sapeva neanche se avesse effettivamente partecipato, perché non risulta nelle prime registrazioni del live né è stato ripreso dal famosissimo film (in realtà fu ripreso, ma le scene furono in gran parte tagliate). Eppure la sua esibizione fu piacevolissima. Pare che il motivo stia dietro ai dissidi tra case discografiche.

Ira Stone, che ha suonato su quel palco insieme a Bert, dice la sua, intervistato da ilsussidiario.net:

Diciamo che non tutti hanno avuto lo stesso trattamento. C’erano molte cose governate dal business. Forse troppe.”

Sembra incredibile ma è andata davvero così. Tagliato fuori dal più grande concerto di tutti i tempi per motivi economici. Lui e Ira (e anche Artie) hanno davvero cercato di capire cosa ci fosse dietro, ma nessuno gli ha mai dato una risposta sincera.

Comunque Bert incide diversi dischi fino al 1977. Nessuno di questi raggiungerà mai posizioni ragguardevoli, anche a causa dell’esclusione dai documenti ufficiali del Concerto. Si ritroverà ad Albany, all’inizio degli anni ’80, per suonare qui e là nei vari locali della sua città natale, senza mai avere la fama che meriterebbe. Purtroppo Bert Sommer muore per un’insufficienza respiratoria nel 1990 all’età di quarantun anni.

Ma qualcuno ha pensato di rivalutare Bert Sommer.

Esiste un sito internet per ricordarlo (www.bertsommer.com), gestito dal fratello, con informazioni su di lui e sulla sua musica. Durante la visita al sito, “Smile”, una delle sue canzoni, ci accompagna nella lettura. Una canzone che sa di quella spensieratezza e di quella ricerca di gioia propria di quell’estate.

Molte testate giornalistiche, sia straniere ma anche italiane, parlano del rammarico che è nato dopo l’esclusione della sua performance a Woodstock. Pensare che per Woodstock e per quello che ha rappresentato per centinaia di migliaia di persone, Bert ha anche scritto una canzone, “We’re All Playing in the Same Band”. Mai parole così cariche di sentimenti di condivisione furono meno seguite.

Alla prossima settimana con Tim Hardin!

— Onda Musicale

Tags: Woodstock
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