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Una meraviglia chiamata Matia Bazar: c’è tutta una vita, in un’ora d’amore

Perché quando nominiamo i Matia Bazar il nostro sguardo si illumina con un sorriso? Conosciamo a memoria tante loro canzoni, eppure non li conosciamo a fondo. Chi sono, da dove vengono? Perché proprio quel nome? E perché ogni volta che li ascoltiamo, la nostra mente corre immancabilmente ad un momento preciso della nostra vita?

Raccontare la storia dei Matia Bazar significa andare alla ricerca delle singole provenienze musicali dei vari componenti del gruppo. Provenienze eterogenee ma tutte con un unico denominatore comune: la Liguria. Una terra alla quale la musica italiana, dal Progressive delle origini fino al più autorevole cantautorato, deve molto.

In principio furono i Jet
Jet al decollo, 1971

Piero Cassano, Aldo Stellita, Carlo Marrale e Renzo Cochis formano i Jet. Siamo a Genova, è il 1971. Partecipano all’8ª edizione di Un disco per l’estate con Vivere in te. Prendono parte ad altre manifestazioni come il Festival di Musica d’Avanguardia ma soprattutto arrivano sul palco del Festival di Sanremo. È il 1973, la 23ª edizione del festival più popolare d’Italia: propongono Anikana-o, che viene però eliminata nel corso della seconda serata.

I Jet omaggiano la compagnia di bandiera
Nascita di un linguaggio nuovo

Dopo l’esperienza sanremese il gruppo si scioglie. È l’alba del 1974, tre dei suoi quattro componenti, Piero Cassano, Aldo Stellita e Carlo Marrale intendono dare forma ad un nuovo linguaggio, una scrittura in cui una nuova sonorità possa inglobare sia le potenzialità sinfoniche del Progressive che le armonie più semplici della cosiddetta Musica Leggera. Durante una sessione dei Jet, la band era rimasta affascinata dalle armonie di una corista, una certa Antonella Ruggiero.

Genovese del quartiere Pegli, Antonella ha studiato all’istituto d’arte e forse non si rende conto appieno delle proprie capacità canore: lavora infatti come grafica per uno studio pubblicitario della città. Ha una voce splendida di cui nessuno sembra essersene accorto. Con i Jet, ha contribuito all’incisione dell’LP Fede, speranza, carità, prestando la voce nei cori della canzone. La Durium, la casa discografica che ha i Jet sotto contratto, si dimentica di riportarne il nome tra gli artisti, privandola dell’accredito ufficiale. Credito e molto altro ancora, intendono invece darglielo il trio Cassano – Stellita – Marrale: la considerazione è talmente alta che il nuovo gruppo potrebbe chiamarsi come lei, Matia. Matia è infatti il suo primissimo pseudonimo e il gruppo vorrebbe valorizzarlo.

Genesi di un nome

Ammettiamolo: quando ci accorgemmo di loro, restammo incantati da quel nome dal suono inconsueto. Matia era poco più di un soprannome per Antonella Ruggiero e la provenienza genovese del gruppo generò un equivoco: Matia come Matan, che a Genova significa matta? No, la verità era un’altra e rende l’idea della modernità che animava la band. Matia non rivela una connotazione sessuale certa, può avere una valenza sia femminile che maschile. Quanto al termine aggiunto, fu una mossa autopromozionale molto astuta, degna del miglior Gustave Courbet: Bazar corrispondeva all’idea che la band voleva dare di sé stessa, saper fare tutto da sé, dalla scrittura dei pezzi, all’organizzazione dei tour, alla scelta dei look, come se avesse un proprio bazar, una sorta di Atelier artistico da cui poter attingere.

Manca ancora un tassello

Manca un batterista. Sta per far ingresso in questo Bazar Giancarlo Golzi. Proviene dai Museo Rosenbach. Quella di Giancarlo Golzi è una storia nella storia e merita di essere conosciuta: alla fine degli anni Sessanta un complesso, La Quinta Strada, sta tentando di farsi notare. Il gruppo è formato dal cantante Marco Biancheri, Alberto Moreno alle tastiere, Pit Corradi chitarra solista e, appunto, Giancarlo Golzi alla batteria. All’inizio del 1971 il gruppo cambia nome, trasformandosi in “Inaugurazione del Museo Rosenbach”. L’anno successivo vengono scritturati dalla Dischi Ricordi, che sta “investendo” molto nel Progressive, sostenendo gruppi emergenti, fra i quali anche il Banco del Mutuo Soccorso. Il gruppo abbrevia il nome in Museo Rosenbach.

Pubblicano Zarathustra

l’album diventerà uno dei lavori più rappresentativi del prog italiano. Rappresenta un esempio di rock sinfonico con testi a tema, secondo i canoni del “concept album”, che prevedono brani dalla continuità filologica.

Come spesso succede quando si è molto avanti sui tempi, il disco si rivela un insuccesso. Siamo nel 1973, all’alba degli anni di piombo: al disco viene attribuita una valenza politica di matrice nera.

la copertina incriminata

La copertina, opera del grafico della casa discografica Caesar Monti, ricorda uno dei tanti collage su tela realizzati da Mimmo Rotella. Da uno sfondo nero, emerge una composizione che raffigura il volto di un uomo. La forma è ottenuta da un collage con vari oggetti, tra i quali anche la sezione di un busto, quello di Benito Mussolini. Il movimento artistico-musicale del tempo è dichiaratamente orientato a sinistra e innescherà varie azioni di disturbo sulla diffusione del disco. Ma c’è di più: il tema portante dell’album è incentrato su Così parlò Zarathustra, opera del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, che è considerato dalla cultura di massa un “incubatore” di ideologie totalitarie.

A poco valgono le scuse e le smentite della Ricordi e dei componenti del gruppo. Si diffonde un alone di apologia del fascismo che di fatto emargina i Museo Rosenbach da tutti i più importanti eventi musicali. Riescono a partecipare al Festival di musica d’avanguardia di Napoli ma poco dopo si sciolgono. Non ne possono più, hanno bisogno di una ventata d’aria fresca, devono voltare pagina se vogliono rimanere nel mondo della musica. È l’inizio del 1975. Giancarlo Golzi prende la palla al balzo e bussa alla porta di quel che resta dei Jet. I Jet, Antonella Ruggiero e lui: nascono i Matia Bazar. 

Nel loro Bazar

Il quintetto, appena composto, debutta nel 1975 con il singolo Stasera… che sera! Passano pochi mesi ed esce Per un’ora d’amore, un pezzo innovativo e dalla sonorità straordinaria. La chitarra flamencheggiante di Carlo Marrale vola leggera su un testo sensuale, impreziosito dalle armonie di Antonella Ruggiero, gemme incastonate su una sezione ritmica particolarmente affiatata: il brano emana una sensualità avvolgente, che conquista critica e pubblico già al primissimo ascolto.        

Nel 1976 esce il singolo Cavallo Bianco, quasi un ritorno immediato al genere progressive: è nuovamente un grande successo. L’anno successivo il complesso approda al Festival di Sanremo.

È il 5 marzo 1977 quando Mike Bongiorno e Maria Giovanna Elmi annunciano i Matia Bazar e la loro Ma perché. I tempi televisivi (e la sintassi) di super Mike quella sera non viaggiano al massimo, ma lasciano presto spazio all’elettricità di Ma perché. La nuova canzone, quasi un Elettrochoc ante litteram, fa subito presa tra i giovanissimi anticipando di un lustro il tipico sound anni Ottanta.

Pochi mesi più tardi esce Solo tu. È una delle canzoni italiane più iconiche, dal ritornello familiare e accomodante. con questo pezzo i Matia Bazar hanno conquistato una fetta molto allargata di pubblico e di mercato. Le loro canzoni non parlano mai di politica né affrontano tematiche sociali.

Ciò potrebbe limitarne la portata ed invece riscontrano grande apprezzamento anche presso gli ascoltatori più sofisticati dell’autorevole cantautorato nazionale.

Perfino questo pubblico più selettivo si riconosce nella raffinata leggerezza dei Matia Bazar. Sanno narrare storie d’amore come pochi altri, con una semplicità quasi spontanea, senza nessuna pretesa di psicologismi criptati alla Lucio Battisti, né dei sociologici sospiri alla Claudio Baglioni.

I Matia descrivono unicamente situazioni amorose ideali, un tu ed io, evitando proposizioni conflittuali (tu, io, l’altro) alla Riccardo Cocciante. Si astengono da qualsiasi allusione sessuale, evitando di evocare situazioni borderline alla Franco Califano. Da questo punto di vista sono antitetici alla musica dei cantautori, che domina incontrastata il mercato della canzone nazionale. Eppure, Solo Tu raggiunge la vetta delle classifiche di vendita dei 45 con oltre un milione di copie vendute. La leggiadria quasi vacanziera della canzone attira il settore marketing di una nota azienda alimentare dell’epoca, la Tanara Gelati, che paga i diritti d’autore per poterla utilizzare nello spot pubblicitario dei suoi prodotti.

Di nuovo a Sanremo

Nel 1978 i Matia partecipano per la seconda volta consecutiva al Festival di Sanremo.

È il momento di E dirsi ciao. Il brano è di una qualità leggermente inferiore al loro abituale standard ma ottiene comunque il primo posto. Ormai, la fama della band è talmente consolidata, che il pubblico sa cosa può attendersi ad ogni nuova uscita e acquista a colpo sicuro.

Nel 1979 esce Tournée

sono arrivati a pubblicare quattro album, uno all’anno. Per la Ariston Records sono ormai un grande asset commerciale. I Matia Bazar si stanno evolvendo in qualcosa di più compiuto, stanno iniziando a parlare anche “al plurale”, uscendo dalla semplicità di un rapporto esclusivamente di coppia. È arrivato il momento di C’è tutto un mondo intorno, un’esortazione ad uscire dal guscio, a cercare qualcosa al di fuori di sé stessi, specie nei momenti di buio, quando non riusciamo a guardare avanti.

Stefania Rotolo annuncia C’è tutto un mondo intorno

La canzone, già emozionante di per sé, è interpretata in modo magistrale ed eseguita alla perfezione da tutta la band. E’ semplicemente un brano perfetto. Le voci di Carlo Marrale e Antonella Ruggiero trovano supporto e spinta dal resto del gruppo, che si mette in gioco con vocalizzi in controcanto, conferendo alla canzone una dimensione quasi operistica. Tutti ci danno dentro veramente, è un nuovo ritorno alle atmosfere progressive, che prevedono una ricerca di sonorità meno banali e polifonicamente più strutturate.

Primi cambi in formazione

Nel marzo del 1981, il tastierista Piero Cassano lascia il gruppo e viene sostituito da Mauro Sabbione. Nel 1983, i Matia Bazar partecipano al Festival di Sanremo per la terza volta. Presentano Vacanze romane, che ottiene una straordinaria popolarità anticipando le nuove sonorità elettroniche in arrivo dell’Inghilterra.

Siamo nel bel mezzo degli anni Ottanta, la new wave ha messo rotta verso le nuove generazioni. Neanche i Matia Bazar rimangono indifferenti e virano il timone del loro suono indirizzandolo verso le sonorità di questo movimento Oltremanica. Anche il loro look si adegua, trasformandosi in un qualcosa di più fashion e sofisticato. Per TV Sorrisi e Canzoni sono loro il miglior complesso italiano dell’anno.

La musica sta cambiando. In Italia non c’è molto spazio per i gruppi musicali che hanno una donna come cantante. Le “frontwoman” sono assai poche: c’è Patrizia Di Malta del Gruppo Italiano, che ha fatto ballare il Paese per un’estate intera con Tropicana, uno dei tormentoni dell’estate ’82. Ma si tratta di un’eccezione – e poi, per i Matia Bazar, il termine tormentone non si addice, è riduttivo. Ogni nuova canzone dei Matia è foriera di nuove rivelazioni. È un periodo di grande turbolenza all’interno del gruppo: anche Mauro Sabbione sta per salutare, lascerà il gruppo nel corso dell’anno e verrà sostituito da un nuovo tastierista, Sergio Cossu

Nel 1985 tornano al Festival di Sanremo

Nella nuova formazione vanno al Festival con Souvenir. Vincono il Premio della Critica ma è per l’estate che i Matia Bazar hanno in serbo il grande colpo. Arriva in tutte le radio Ti sento, brano con il quale la fama del gruppo scoppia a livello internazionale. Il fatto che I Feel You (la versione in lingua inglese di Ti sento) abbia un discreto successo anche in Italia, da la misura del provincialismo che ancora alberga nei nostri discografici, restii a proporre canzoni italiane all’estero nella loro versione originale.

Ti sento è un’altra gemma risplendente di sonorità d’avanguardia, che miscela le tastiere e i sintetizzatori in un sound dall’anima elettronica. Diventerà un grande classico della canzone italiana, uno dei più iconici degli anni Ottanta. Tuttavia, è il loro canto del cigno.

Le strade dei Matia, dei Matia Bazar che avevamo imparato a conoscere, sono ad un definitivo punto di svolta. Non esistono dissapori, l’amicizia tra i componenti è ben salda, così come il reciproco rispetto delle scelte di ciascuno. Nella vita di un’artista possono accadere molte cose, esattamente come in quella di chiunque altro. Vivendo, si scoprono nuove priorità, tutto ha un inizio e anche una fine, i Matia non saranno un’eccezione. Quando ascoltammo Antonella Ruggiero cantare Non ti dimentico, “sentimmo” che quella meraviglia che avevamo amato fin da ragazzi, era finita per sempre.

Era mercoledì 24 febbraio 1999 quando dal palco dell’Ariston “Matia” iniziò a cantare la sua canzone da solista:

Se non ci fosse il vento

che ruba il sonno al mare,

se non ci fossero le nuvole

che all’improvviso ritornano,

Io ti raggiungerei

tra l’orizzonte e il cielo,

per poterti dire che

non ti dimentico.”

La sua voce volò leggera per dedicare l’amore a qualcuno che non c’era più, che viveva oltre le nuvole, in tutta la Natura. Strofe intimissime, ispirate e dedicate ad Aldo Stellita, scomparso un anno prima, il bassista e co-fondatore dei Matia Bazar, nonché suo compagno per molto tempo. Nemmeno i “nostri” Matia Bazar esistevano più. Rimanemmo incantanti: la voce di Antonella Ruggiero aveva sfiorato tante volte vette altissime ma quella sera sfiorò la misticità più assoluta.

Resteranno scolpite nella nostra memoria le suggestioni di questa band italiana con il nome dal sesso indefinito, apolitica e apartitica. Un gruppo dalla modernità senza tempo e proprio per questo candidato all’eternità. Una meraviglia chiamata Matia Bazar.

— Onda Musicale

Tags: Matia Bazar
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