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Woodstock, la setlist: Melanie

Bethel e Woodstock sono due piccole cittadine molto simili tra loro. La prima dista circa 170 Km da New York City e 4500 Km da Los Angeles, dall’altra parte degli Stati Uniti.

Di suo non ha granché da offrire, se non bei paesaggi montani, tanto verde e, nelle stagioni migliori, un bel cielo azzurro. E in effetti non starebbe neanche in questa storia, se non fosse che ha ospitato il più importante festival del rock che sia mai stato realizzato. Woodstock è una cittadina che si trova poco più a nord di Bethel, ma a Bethel c’era lo spazio giusto e la giusta atmosfera.

La prima donna ad esibirsi da sola è Melanie Safka. Conosciamola insieme.

Primi anni

Melanie Anne Safka-Schekeryk nasce nel 1947 a New York. La madre, cantante di jazz, le faceva ascoltare i dischi dei suoi musicisti preferiti, quindi, già molto piccola, Melanie ascoltava le voci di Bessie Smith e Billie Holiday, ma anche quella di Lotte Lenya, interprete della musica di Kurt Weill.

Fa il suo pubblico debutto all’età di quattro anni, cantando in radio “Gimme a Little Kiss”, uno standard reso immortale da Dean Martin. Ma è durante gli anni ’60 che inizia la sua vera carriera. Si fa sentire, come molti, nei locali del Greenwich, fino a quando non firma un contratto con la Columbia. Contratto che, però, mollerà dopo un paio di singoli, perché la casa discografica non si sarebbe occupata della distribuzione dei dischi. Quindi passa alla Buddah Records, scelta che le cambierà notevolmente la vita.

Nata per essere…

Nel 1968, durante un’audizione per la Buddah, incontra Peter Schekeryk che la prende sotto la sua ala protettiva (e sposerà…). Insieme realizzano il primo disco “Born To Be”, facendo conoscere la meravigliosa voce di Melanie. Un mix tra Edith Piaf e Joan Baez, con un vibrato che rimane facilmente in memoria. La musica, invece, è eterogenea, tanto che alcuni critici pensavano che mancasse una certa coerenza stilistica. In realtà Melanie sapeva bene dove voleva arrivare e lo ha ben dimostrato gli anni successivi. Personalmente credo che senza di lei, molte artiste non avrebbero avuto lo stesso successo. Tra queste nomino sicuramente Patti Smith e Tori Amos.

Siccome l’album ebbe un discreto successo, il capo della Buddah (amico di Kornfeld, organizzatore del Festival), la lancia sul palco per farla entrare nel mondo dello showbiz. Così, il 15 agosto, tra le 23 e le 23:30, si ritrova davanti a mezzo milione di persone, che la attendevano sotto la pioggia. Aveva 22 anni. Un sogno. Con lei c’era solo la madre ma sarà costretta ad abbandonarla per andare nel back stage. In albergo incontra alcuni dei personaggi che amava di più. Memorabile l’incontro con Janis Joplin, non tanto perché le sia accaduto qualcosa, ma perché fu quell’incontro a farle capire che stava accadendo sul serio.

Di quel giorno ricorda:

Ci era stato detto che bisognava prendere l’elicottero. Non ero mai stata in un elicottero prima. Salimmo sull’elicottero ma fermarono mia madre… mi chiesero chi fosse e io dissi chi era. Hanno detto: “no madri, solo artisti e manager”. Non ho nemmeno avuto l’intelligenza di dire “oh sì, lei è il mio manager”. Ho detto “ciao mamma” e ci siamo separate

Il concerto

Per quanto breve, il suo intervento fu incredibile. Innanzitutto è la prima delle donne soliste ad esibirsi (dopo di lei, Joan Baez e Janis Joplin); è anche una delle tre ad esibirsi senza band, nuda e cruda. Il set, all’inizio, le mette un po’ di agitazione perché sembra che nessuno conosca i brani, nonostante abbiano (seppur sporadicamente) fatto il giro delle emittenti; la gente però inizia ad apprezzarla quando canta una sua versione di “Mr. Tamburine Man” di Dylan. La lentezza con cui la canta, rende il brano una specie di ninna nanna dolcissima. Sfrutta ogni sua dote per recuperare l’inizio del suo show, portandolo dove voleva.

C’è un piccolo aneddoto che le permetterà, qualche anno dopo l’esibizione, di scrivere una canzone. Sembra che il pubblico, durante la sua esibizione, abbia iniziato ad accendere candele o, più probabilmente, accendini o fiammiferi. “Lay Down (Candles in the Rain)” è la sua prima canzone ad entrare in classifica, facendo breccia nella top ten.

E ora che si fa?

Dopo il successo raggiunto grazie al Festival di Woodstock, Melanie ha continuato la sua carriera. I dischi successivi al 1970 (cioè praticamente tutta la sua discografia), le permetteranno di partecipare ad alcuni dei festival più prestigiosi del mondo: Isle of Wight, Glastonbury, Strawberry Field. Sull’isola di Wight sarà presentata addirittura da Keith Moon, a conferma del crescente sostegno che i suoi fan, sempre più numerosi, le danno.

Nel 1971 fonda la sua etichetta, la “Neighborhood Records”, col marito e inizia a farsi i dischi da sola. Uno dei più grandi successi è la controversa “Brand New Key”, che, oltre a vendere più di tre milioni di dischi in tutto il mondo e ad essere usata come colonna sonora per il film “Boogie Nights” (nel 1997), sarà anche oggetto di censura per una fantomatica chiave di lettura freudiana che, pare, permetta di leggere il brano in chiave sessuale.

Vero o no, Melanie è ancora in attività. Più volte premiata con Grammy di vario tipo, è ambasciatrice dell’Unicef. Ha anche scritto un musical e ha partecipato come attrice e musicista ad un altro spettacolo dedicato alla sua relazione con il marito, morto nel 2010. Ultima curiosità: non ho trovato attendibile la notizia (per cui non vi nominerò il sito che me l’ha fornita), ma pare che la rivista Glam’mag l’abbia nominata, alla bella età di 75 anni, “cantante più sexy del mondo”. Cosa che, più che altro ci dimostra come Melanie sia ancora sulla cresta dell’onda.

Breve interludio: Ravi Shankar

Ravi Shankar è stato il più famoso suonatore di sitar che l’occidente abbia mai conosciuto. Si deve a lui tutta quella musica indiana inserita in gran parte dei dischi da metà anni ’60 in poi (a partire dai Beatles, e nel senso che ne ha lanciato la moda), e quindi non poteva mancare un suo intervento al Festival.

Portato al successo da George Harrison, Shankar è stato ospitato nei piani alti delle classifiche e ha saputo far incontrare l’occidente con l’India.

Grande amatore, ha avuto diversi figli più o meno legittimi. Due, in particolare, sono diventate piuttosto famose come musiciste. La prima è Norah Jones, meravigliosa artista soul e jazz, e l’altra è Anoushka Shankar, che oltre ad essere una musicista eccezionale, cura anche la Fondazione dedicata al padre, morto nel 2012.

Alla prossima settimana con Arlo Guthrie.

— Onda Musicale

Tags: Janis Joplin, The Beatles, Joan Baez, Bob Dylan, Keith Moon
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