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Depeche Mode: all you ever wanted, all you ever needed

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I Depeche Mode sono una delle più grandi band di sempre e, a pochi giorni dalla scomparsa di Andy Fletcher, vogliamo ripercorrere insieme gli eventi che li hanno fatti entrare nell’Olimpo del rock.

Gli esordi

Vince Clark e Andrew Fletcher, nel 1976 a Basildon, UK, si uniscono per formare una band che cambierà diversi nomi: No Romance in China, Norman and the Worms, French Look e Composition of Sound. Oltre ai due, ai primissimi esordi, si trovano altri due musicisti: Mark Pex e Martin Lee Gore. Il primo abbandonerà quasi subito dopo il fallimento dei No Romance in China, mentre Martin Lee Gore rimane e ai tre si aggiunge un altro elemento, Dave Gahan. La band cambia nuovamente nome, per assestarsi definitivamente in Depeche Mode, sembra dal nome di una rivista di moda francese.

I quattro iniziano subito con il botto quando, nel 1980, un paio dei loro primi singoli, “Dreaming of Me” e “New Life” raggiungono posizioni più che accettabili nella classifica inglese.

Grazie al successo commerciale, e al lavoro con Daniel Miller, il gruppo inglese gode di una certa fama, testimoniata anche dai numerosi passaggi radiofonici.

Il coinvolgimento, a questo punto, è tale da permettere ai Depeche Mode di pubblicare il primo di una lunga serie di fortunati album, “Speak & Spell”, che contiene la famosissima hit, “Just Can’t Get Enough”. La serie di fortunati eventi mette la band di fronte alla necessità di iniziare delle tournée, ma Clark lascerà perché non era quello che cercava. Al suo posto arriva Alan Wilder.

La grande ispirazione

Martin Gore, che firma la maggior parte dei brani dei Depeche Mode, vive così un momento idilliaco di grande ispirazione, che permetterà ai quattro di Basildon di pubblicare quasi un album all’anno, fino al 1990.

È a metà degli anni ’80 che, con il disco “Some Great Reward” sbancano anche negli States, trainati dal successo del brano “People Are People”.

Il primo spartiacque della loro carriera si può mettere nel 1985, quando esce una compilation dei loro singoli dal 1981 fino a quel momento. “The Singles 81-85”, comprende inoltre due inediti (“Shake the Disease” e “It’s Called a Heart”) più alcune B-Sides e altri brani minori.

Music for the Masses e la consacrazione internazionale

Del 1986 è “Black Celebration”, disco dal carattere più cupo e meno solare dei precedenti, ma è con il capolavoro “Music for the Masses” che i Depeche Mode raggiungono la fama internazionale. Martin Gore passa alla chitarra, mettendo da parte i suoni elettronici delle tastiere per avere un sound più acustico e meno sperimentale. E il cambiamento si sente.

Music for the Masses”, con i singoli “Strange Love”, “Never let me Down” e “Behind the Wheel”arriva a fare il sold out al Rose Bowl di Pasadena, California, con più di 60.000 spettatori.

Nel 1990, invece, escono due brani particolarmente cari ai fan dei Depeche Mode, “Enjoy the Silence” e “Personal Jesus”. Le vendite complessive dei due dischi si aggirano intorno ai due milioni di copie (di cui uno, solo per la prima settimana di uscita di “Enjoy the Silence”) e le canzoni vedono l’apprezzamento di altri grandi artisti che ne faranno delle loro versioni. Tra tutti Johnny Cash e Marilyn Manson per quanto riguarda “Personal Jesus”, e Tori Amos e i Lacuna Coil per “Enjoy the Silence”.

Dopo la vetta, il crollo

Dieci anni di attività non sono pochi e i rapporti personali tendono a deteriorarsi facilmente. Vivere a stretto contatto con delle persone che, di fatto, diventano la tua famiglia può non essere facile, soprattutto se è difficile prendere una pausa dal contatto e dal lavoro.

Così è stato anche per i Depeche Mode che, dietro la facciata di professionismo, nascondevano un periodo di crisi cominciato con il tour mondiale per promuovere Violator. Andy era caduto in depressione; Dave aveva sviluppato una tossicodipendenza; Martin e Alan faticavano a rapportarsi tra loro.

Nonostante tutto i concerti continuano, ma il peso degli impegni è gravoso. Dave, nel 1993, durante la tappa a New Orleans del The Devotional Tour, ha un infarto dovuto ad una overdose di eroina. E poi, dopo non troppo tempo, due costole fratturate, un divorzio e un tentato suicidio. Insomma, davvero un brutto periodo. E, come se non bastasse, dopo 13 anni di carriera, Alan Wilder decide di lasciare definitivamente la band, soprattutto a causa dei pessimi rapporti con gli altri componenti. Lo shock è grosso, ma i Depeche Mode rimasti decidono di continuare a far vivere il gruppo.

Ultra, la quasi morte di Gahan e i progetti da solista

Nel 1997 esce “Ultra”, ottavo disco in studio. Per questo progetto i Depeche Mode si affidano alla produzione di Tim Simenon. L’album, anticipato da “Barrell of a Gun” e da “It’s Not Good” si piazza al primo posto in diverse classifiche internazionali, ma un grosso, enorme, problema attanaglia i lavori. Poco tempo prima, Dave, a causa di un’ennesima overdose di speedball, viene salvato in extremis dalla morte. Nonostante avesse provato a disintossicarsi, infatti, Gahan non è riuscito del tutto nel suo intento. Il medico certificherà una morte clinica di ben 3 minuti, prima che si riprendesse.

Tutto ciò ha portato a ritardare le registrazioni, in quanto Dave non era ancora in grado di reggere un lavoro di quella portata.

Nel 1998, dopo che Dave si è finalmente ripreso, esce il seguito della raccolta di singoli, “The Singles 86-98” al quale segue un tour promozionale di 60 concerti in 3 mesi. Un nuovo tour de force che li porterà dall’Estonia agli Stati uniti.

E poi ancora tour. Nel 2001, per l’uscita di “Exciter”, i Depeche Mode saranno in giro per il mondo per il “The Exciter Tour”. Insomma, la stanchezza si fa sentire al punto da costringere i ragazzi a prendersi una pausa dalla convivenza forzata e dal lavoro. Ed è in quest’ottica che vanno guardati i lavori da solista di Dave Gahan e di Martin Gore, tra l’altro, apprezzabilissimi entrambi.

Gli anni più recenti

La pausa giova i componenti del gruppo, e nel 2005 esce un nuovo LP, “Playing the Angel”, nuova pietra miliare. Due le caratteristiche principali. Innanzitutto Dave Gahan decide di partecipare alla scrittura dei brani, firmando “Suffer well”, “I want it all” e “Nothing’s impossible”. E poi il tema del disco riguarda la dicotomia bene/male, angeli/demoni. Un ulteriore passo in avanti sulla profondità degli argomenti trattati.

I tempi si allargano e per ascoltare nuovi lavori in studio bisogna attendere fino al 2009, con l’uscita di “Sounds of the Universe”. Nel frattempo escono diverse raccolte e best of che sanno racchiudere i quasi 30 anni di carriera di una delle band più longeve del panorama rock internazionale.

Il tour di “Sounds” è nuovamente molto lungo ma, verso la fine, ci regala una gradita sorpresa. Alla rinomata Royal Albert Hall di Londra, infatti, Alan Wilder fa una comparsata per accompagnare al pianoforte Martin Gore su “Somebody”. Non che in questo modo volesse far credere di ritornare nella band, ma evidentemente i dissapori degli anni precedenti sono stati superati.

Ancora una lunga pausa e nel 2013 viene dato alle stampe il nuovo disco, “Delta Machine”, che riceve nuovamente ottime recensioni e si posiziona nei vertici delle più importanti classifiche europee. E ancora, nel 2017, esce un ultimo attesissimo album: “Spirit”.

Ora, con la prematura scomparsa di Andy Fletcher, le carte sono da rimescolare. Lo shock è ancora molto alto, e l’unica cosa che si può fare è augurargli che la terra gli sia lieve.

— Onda Musicale

Tags: Marilyn Manson/Lacuna Coil/Dave Gahan/Depeche Mode
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