Nel 1987 i Grateful Dead stavano – involontariamente – per entrare nel loro periodo di massimo picco commerciale.
Dopo oltre 20 anni di evoluzione i Grateful Dead e Jerry Garcia si erano già assicurati il posto di gruppo cult più popolare d’America o quasi. Senza dischi di platino o singoli in mega chart, la band aveva creato il proprio mondo di fandom e tradizione che incoraggiava i fan a dedicare alla band quanto più tempo ed energia umanamente possibile.
L’arrivo di In the Dark, il dodicesimo album in studio della band
Anche se non hanno mai prestato particolare attenzione al lavoro in studio e non avevano effettivamente pubblicato un LP in studio dai tempi di Go to Heaven degli anni ’80, i Grateful Dead avevano tra le mani un disco di successo sorprendente. Il mainstream ha improvvisamente dedicato molto tempo alla band, in gran parte grazie all’innegabile orecchiabilità del singolo principale dell’album: “Touch of Grey“.
Queste le parole di Jerry Garcia nel documentario “Dead Ringers”:
Ho sentito ‘Touch of Grey’ per la prima volta, ho sentito [Robert] Hunter farlo. Lo fa con una melodia diversa, quindi ho riscritto la melodia. Lo ha fatto in modo completamente diverso, ma ho adorato il modo in cui ha funzionato.”
Con ritmi sbarazzini e un coro edificante, “Touch of Grey” era la canzone pop-friendly che la maggior parte dei fan casuali pensava che i Dead non avrebbero mai realizzato. Ma quando lo fecero, “Touch of Grey” fu accolto dalla sua prima esibizione dal vivo nel 1982 fino al suo status di singolo di successo cinque anni dopo.
Spiega ancora Garcia:
La canzone si è trasformata in un inno in questo ultimo tour. Tutti la adorano. Non importa più cosa significasse originariamente. Mi piace non legare le cose, se possibile. Quella cosa di fluttuare… ma è una bella canzone da cantare. È una grande canzone da eseguire. Funziona davvero bene. Quindi, dal punto di vista di un musicista, la canzone ha una vita propria? Si, ha una vita propria.”
