In primo pianoMusica

Nina Hagen, dalle origini a “Unity”: il ritorno della madrina del punk tedesco

Copertina di Unity di Nina Hagen

Immaginate di premere “Play” sulla prima traccia di Unity, l’ultimo album di Nina Hagen, senza conoscerla da vicino.

Dovrebbe essere la “madrina del punk tedesco”, ma quello che senti – intitolato Shadrack e cantato unicamente in tedesco – ha ben poco in comune con Ramones o Sex Pistols. Tra drum machine, sintetizzatori e voci robotiche ricorda più una traccia da Blackout di Britney Spears, o della Lady Gaga delle origini.

La differenza più importante è la voce della cantante, cavernosa, teatrale, ostentatamente graffiante – che basta però a far capire che cosa vi attende, certo non una popstar come tante. 

Unity: il gioco dell’estetica

Catharina “Nina” Hagen è associata al punk, ma in verità vive sin dalle origini sospesa tra due mondi: questo e il New Wave, di cui accoglie l’estetica con la spontaneità di chi vi si dedica a tempo pieno. Il suo lato punk emerge nelle tematiche di cui tratta e l’angolo in cui si pone, dominato da una rabbia frustrata verso le sovrastrutture del mondo dominate dal capitalismo e dal patriarcato. 

La natura più ragionata, più cruda e realistica della narrativa di Hagen non fa che arricchire il suo caratteristico stile. Nella vita come al microfono, Nina Hagen incarna il camp nella sua forma più elevata: capelli cotonati e tinti, trucco marcato, abbigliamento a stampe chiassose e cromaticamente discordi. Anche ora che è una signora di una certa età non abbandona le sue preferenze, come una Dolly Parton con meno glitter, più acetato e altrettanta lacca. E proprio come Parton, Hagen carica il suo senso di giustizia e i suoi messaggi con l’autorità data dall’età matura e dalla carriera longeva.

Uno sguardo sul mondo

Vedasi Unity: aspro, sintetico, cantato con una verve teatrale e pieno di immagini crude e d’impatto (quando non canta in tedesco, per chi non lo sa). Ci sono, bisogna dirlo, i momenti più ovvi e pop – United Women Of The World, pur essendo musicalmente impetuosa, ed è molto gradito il cameo di Liz Mitchel dei Boney M, non dice molto sulla questione del femminismo eccetto “le donne sono forti e assennate e meritano il potere” – ma ci sono anche gli sguardi più universali e maturi. Spetta un posto d’onore all’apprezzata 16 Tons, un’elegia alle vittime del capitalismo in cui la performance di Hagen sputa contro il sistema tutto il suo odio. 

“Carichi sedici tonnellate e cosa ottieni? Un altro giorno più anziano e più a fondo nei debiti/San Pietro, non chiamarmi/perché non posso venire/devo la mia anima al negozio della compagnia”

Nina Hagen tra vita e spettacolo

Nina Hagen è la figlia di un sopravvissuto all’Olocausto, figlio a sua volta di una sua vittima: basta questo a trasfigurare Shadrack da semplice traccia electropop ballabile a manifesto d’intenti e resistenza, in cui le atmosfere glam diventano un modo per elevarsi al di sopra dei suoi interlocutori e approcciarli non da punkettara stracciona, ma da gran dama. Ed è da qui che nasce la vena più intellettuale del suo lavoro, spesso pregno di riferimenti letterari e mistici.

Shadrack fa riferimento a un personaggio dell’Antico Testamento che sopravvive al tentativo di Re Nabucodonosor di bruciarlo vivo per la sua forte fede nel Signore, e coprire di glam la sua biblica grandezza – con un assaggio di basso di King George Clinton – la attualizza senza privarla del suo fascino. Dopotutto, i cantanti oggi non sono forse i nuovi miti? Oltre che rendersi appetibile anche a chi – soprattutto se ebreo – non conosce il tedesco, ma potrebbe comunque aver bisogno di uno Shadrack al suo fianco. 

Gli unici screzi nella convinzione progressista di Nina Hagen riguardano la comunità trans

Alla quale ha rivolto una atteggiamento più vicino a quello degli oppressori ai quali sbraita sempre addosso. Nel 2021 è infatti diventata ambasciatrice per il Detransition Advocacy Network, un’organizzazione che si occupa di sostenere e promuovere le persone che, dopo aver compiuto il processo di transizione, decidono di tornare indietro. Questo farebbe di lei una TERF (“Trans Exclusionary Radical Feminist”), una sottocategoria di attiviste che aggrediscono e prevaricano le persone trans sotto la guisa del femminismo.

Appare però una luce di speranza proprio nella vituperata United Women Of The World, e nel cartello “trans live matters” sorretto da una delle manifestanti presenti nel video musicale. Sarà un tentativo di sistemare la reputazione e indicare di aver cambiato idea o semplicemente non se ne sarà accorta? Non si può che sperare per il meglio, perché con credenziali di questo livello sarebbe un peccato inciampare all’arrivo. 

Queste la track-list e la copertina di ‘Unity’, il nuovo album di Nina Hagen:
  1. Shadrack
  2. United Women of the World
  3. Unity
  4. 16 Tons
  5. Atomwaffensperrvertrag
  6. Gib Mir Deine Liebe
  7. Venusfliegenfalle
  8. Redemption Day
  9. Geld Geld Geld
  10. Die Antwort Weiss Ganz Allein der Wind
  11. Open My Heart (Dinner Time)
  12. It Doesn’t Matter Now

— Onda Musicale

Tags: Nina Hagen
Sponsorizzato
Leggi anche
Un disco per il week end: “Misplaced Childhood” dei Marillion (1985)
“Bamba pa ti” è il singolo inedito della The Overmiles Band