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Animals è il miglior album dei Pink Floyd e vi spieghiamo il perchè

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Seguendo la migliore dottrina Hunter Thompson, non perdo tempo a dirvi cosa sia Animals o chi siano i Pink Floyd, o chi ci suonasse nel 1977.

Detto ciò mi trovo costretto a mettere nero su bianco le ovvie ragioni per le quali Animals sia il miglior album dei Pink Floyd

Me ne ritrovo costretto perché taluni amici sono riusciti a sparare la pallonata che Wish You Were Here sia invece il migliore, commettendo diversi reati di opinione in rapida sequenza. Aggiungo che, ovviamente, quando parlo di album dei Pink Floyd parlo di quelli veri, quelli con Syd Barrett al comando e poi quelli guidati da Roger Waters. Una volta uscito Roger dalla band, i Floyd valgono il dieci per cento del valore totale, in termini artistici compositivi. Hanno suonato a Venezia sulla bagnarola galleggiante? Sempre dieci per cento, forse anche meno. Se per ottemperare all’assenza di Waters devi mettere su una band con più del doppio dei musicisti e portarli a Venezia per distrarre il pubblico dal vero show… (Mi andava di dirlo questo, per aumentare l’astio e la strafottenza di questo articolo.)

Proseguiamo

Togliamo di mezzo Syd a cui vogliamo tutti bene, togliamo di mezzo The Piper at the Gates of Dawn e lo mettiamo tra i più grandi dischi di musica psichedelica — così nessuno si spazientisce. Poi togliamo (sono belli, eh!) Meddle, Atom Heart Mother, Ummagumma, Obscured by Clouds, A Saucerful of Secrets. E anche More,

Rimangono i Fantastici Cinque: The Dark Side of the Moon (il più bell’album della storia della musica), Wish You Were Here (l’album più fortunato della storia della musica perché segue il più bell’album della storia della musica), Animals (il miglior album dei Pink Floyd, se conosci i Pink Floyd), The Wall (il muro, ma per gli amici il mattone, con affetto), e The Final Cut (un album di una bellezza sconcertante, quando chiunque altro sarebbe andato invece in vacanza alle Bahamas con la valigia piena di royalties).

Wish You Were Here” non va messo in discussione

Non spreco il mio tempo libero qui per chiarire perché Wish You Were Here sia un album per chi ha paura, per chi fa il romanticone con la chitarra sulla spiaggia o per chi, sorseggiando un bicchiere di vino seduto sul divano di casa, ascoltando Shine On You Crazy Diamond, pensa alle bollette da pagare. No, io sono qui, e sono abbastanza felice di esserlo, per dire che Animals è il miglior album dei Pink Floyd. Eccone, nella speranza di essere chiaro, i punti essenziali della mia verità.

Animals è un disco autentico

Dice quello che pensa. Non si nasconde. Suona caustico, chiuso, oppresso, perché è quello che vuole gridare, si sente chiuso e oppresso per davvero. I maiali e i cani lo rendono così. La cassa e il rullante e l’intera batteria di Nick Mason manca di alti, suona sorda e piena, non fa respirare. Nessuno ti vuole far respirare durante l’ascolto di Animals.

Big man, pig man!” è una chiara forma di rappresentazione della rabbia umana, nonché un ingresso fenomenale. Quale canzone inizia in maniera altrettanto polemica/rabbiosa/esplicita/anarchica quanto Pigs? Mentre tutto il resto gira intorno sincopato, pulito, cattivo, non sembra quasi che il suono stia seviziando quei maiali lì? Li facciamo scendere nell’abisso, li facciamo un po’ cagare sotto quindi, e meritatamente.

Storicamente, era il 1977

Animals è colto, è punk (direbbe qualcuno), è rock, è davvero una goduria per le orecchie dall’inizio alla fine. La lettura della Fattoria degli Animali (di Orwell, non “nella vecchia fattoria”) è la cosa migliore che si possa fare associata all’esistenza di Animals dei Pink Floyd, che sono ancora quattro, registrano tutto loro e tutti insieme, e c’è solo qualche chitarra in più, altrimenti sarebbe riproducibile al volo da chiunque. Come un perfetto sandwich, inizio e fine dell’album sono gestite dall’esemplare “Pigs on the wing”, e che il Cielo fulmini chi la scambia per una canzone d’amore. Amore sociale, quello sì. Socialismo? Forse. Qui si parla di politica, non di romanticherie. Facciamoci avanti.

Deliberatamente ignoriamo i testi e ci concentriamo solo sulla musica

I quattro Pink Floyd fanno il meglio del meglio, chiaramente, con ogni singolo strumento. Tutto preciso, tutto studiato a tavolino, ogni nota, ogni silenzio, ogni fraseggio, tutto incastrato con il musicista che ti sta di fianco e, pazienza se ti sta davvero sui coglioni. Gilmour e Wright spiattellano deliziose parti di chitarra e Moog, e piano, e Rhodes e tutto il resto. Il basso, poco conta chi lo imbracciasse, è in ogni caso una forma di manuale su come andava suonato, in quel contesto lì, in quell’anno lì, un basso elettrico. Il basso di Animals racconta la seconda metà degli Anni Settanta in Inghilterra senza dire una sola parola ma sputando chiaramente anche qualche fuck, con un chiaro accento inglese. 

Il basso di Animals rifiuta l’America e se la prende con la Thatcher, profeticamente. In questo, poi, la batteria lo sostiene in praticamente tutte le argomentazioni. L’amico al pub o in ufficio che non ti fa sentire solo, mentre sbraiti tutte le tue motivazioni per stare incazzato come una bestia. Waters è un semidio e se ne prende la responsabilità, e fa bene.

La copertina dell’album, e tutta la storia della sua realizzazione

Vivo a Londra e non c’è centro commerciale o fashion design che tenga. La Battersea Power Station è una location perfetta.Tutto qui? Sì, basta, che mi sto innervosendo. Tutto il resto lo trovate detto e stradetto nelle recensioni normali.

Solo un’ultima cosa, una frase illuminante che mi è venuta dieci minuti fa:

“Quando finisce ‘The Dark Side Of The Moon’ non sai cosa ascoltare dopo,
ma quando finisce ‘Animals’ hai solo voglia di riascoltarlo di nuovo”

(scritto da Ivan Perilli – ivanperilli.medium.com)

— Onda Musicale

Tags: Syd Barrett/Pink Floyd/David Gilmour/Roger Waters/Richard Wright/Nick Mason
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