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Vasco Rossi al debutto, lo stralunato esordio tra cantautorato e rock

Vasco Rossi anni Settanta

Dire Vasco Rossi in Italia non è molto diverso che pronunciare la parola rock. Eppure, il primo disco del rocker di Zocca ce lo presenta nelle vesti insolite di cantautore.

…Ma cosa vuoi che sia una canzone… è il primo lavoro di Vasco Rossi ed esce il 25 maggio del 1978 ed è infatti un lavoro che appartiene al cantautorato all’epoca tanto in voga. Ma da dove arriva quel ventiseienne dalla voce strascicata e l’immaginario blandamente rivoluzionario?

Vasco Rossi nasce il 7 febbraio del 1952 a Zocca; il padre, camionista, è stato prigioniero durante la II Guerra mondiale in Germania e il ragazzino deve il suo nome, così particolare, a un compagno di detenzione del papà. La mamma, Novella, è invece appassionata di musica e vuole a tutti i costi che il figlio riceva una solida educazione musicale.

Sembra strano e quasi surreale ma il cantante che ha impersonato la trasgressione nostrana, quel misto di tortellini e rassicurante rivoluzione, da bambino studia canto e a tredici anni vince L’Usignolo d’Oro. Alla faccia di chi pensa che il Vasco non sia capace d’intonazione, il giovane è invece quasi un ragazzo prodigio che adotterà il suo particolare stile solo per una scelta espressiva.

Vasco è comunque già un carattere inquieto e lo dimostra quando viene mandato a scuola dai salesiani. Dopo vari contrasti e un paio di fughe che, a testimonianza di una gioventù bruciacchiata e di una ribellione abbastanza annacquata, si risolvono in casa di una zia di Bologna. E sarà proprio lei a ospitarlo quando – abbandonati i salesiani – Vasco si trasferirà a Bologna per studiare ragioneria.

Appassionato di rock italiano e inglese, Vasco vive l’inquietudine della Bologna degli anni Settanta, senza tuttavia mischiarsi mai con gli ambienti politici. Si fidanza con una femminista, tale Paola Panzacchi. Rapporto da cui, per usare le sue parole, esce con le ossa rotte. La sua strada, però, Vasco Rossi la trova in modo imprevisto come DJ e fondatore di Punto Radio, una delle prime radio libere d’Italia.

In questo periodo conosce i musicisti che spesso lo accompagneranno, Gaetano Curreri, Maurizio Solieri, Massimo Riva e Red Ronnie, lontano dall’essere un guru no-vax e attivo a sua volta nelle radio libere. Un po’ alla volta Vasco si inventa cantautore e nel 1977 esce un singolo, Jenny/Silvia, due embrioni di canzoni che saranno nel suo primo album.

Il 45 giri è un piccolo successo locale e Vasco Rossi ci prova con un intero album, …Ma cosa vuoi che sia una canzone…, lavoro che inaugura l’amore del nostro per i puntini di sospensione. È il 1978 e occorre fare il punto della situazione di quel tempo. Il progressive, il più importante movimento rock italiano, è ormai ben avviato sul viale del tramonto; il punk impazza nel mondo anglosassone ma in Italia si riverbera debolmente.

È l’epoca dei cantautori, quelli puri come De Gregori e Guccini, ma anche quelli inclassificabili come Dalla e Gaetano o votati al pop come Battisti. Inoltre, Ivan Graziani, Eugenio Finardi e pochi altri vanno mettendo a punto una sorta di cantautorato con sapori elettrici e rock. Vasco assimila tutto e propone una sua prima formula, ancora non molto personale e troppo debitrice alle tante influenze.

Ed ecco così che …Ma cosa vuoi che sia una canzone… suona sorprendente se si pensa alle future evoluzioni e a certe canzoni fin troppo ingenue. Eppure, il lavoro fa già intravedere le potenzialità del futuro Vasco, anche se all’epoca probabilmente nessuno avrebbe scommesso cento lire sul fatto che in pochi anni avrebbe venduto milioni di copie.

In formazione sono presenti parecchi nomi che accompagneranno Vasco e si metteranno in luce nel pop italico. Gaetano Curreri, per esempio, autore delle musiche, degli arrangiamenti e impegnato alle tastiere con un piglio quasi prog; Maurizio Solieri, alla chitarra acustica in un brano e Ricky Portera, qui solo ai cori.

L’album si apre con La Nostra relazione, brano melodico e lento che già all’epoca rischia di suonare un po’ datato. Si tratta di uno dei pochi brani del primo album che sarà occasionalmente ripreso nei live da Vasco. L’andamento melodico un po’ tra Califano e Ivan Graziani, le parti di chitarra elettrica un po’ ruffiane, tutto congiura contro il brano.

Eppure. Eppure, è impossibile non restare conquistati almeno un po’ dalla voce acerba ed emozionata del giovane Vasco e da una melodia tanto zuccherina quanto accattivante. Un pezzo che rischia continuamente di scivolare nel kitsch più indifendibile ma che, misteriosamente, risulta piacevole.

…E poi mi parli di una vita insieme propone – guarda un po’ – un altro titolo coi puntini di sospensione. Affiora subito il Vasco anticonformista della porta accanto, che suscita più tenerezza che preoccupazione. Lo spoken evoca un po’ il grande Piero Ciampi, mentre il ritornello non è immune dal coevo Rino Gaetano. Il testo, tutto sommato, si può leggere anche in una chiave anti-sessista piuttosto attuale.

Silvia è un bozzetto folk-prog dolce e bucolico. Le atmosfere anticipano un po’ Albachiara, uno dei primi cavalli di battaglia di Vasco Rossi, e paiono quasi citare – senza la stessa classe, va detto – Gioco di Bimba de Le Orme. La chitarra acustica e il mellotron creano comunque una suggestione delicata che contrasta piacevolmente con l’ugola di carta vetrata del Blasco.

Tu che dormivi piano naviga più o meno per gli stessi mari di Silvia; una delicata ballata acustica con intarsi di tastiere quasi prog. Il brano scorre piacevole, pur mancando la quadratura del cerchio melodico che Vasco raggiungerà con Albachiara. Una cosa è certa, mai come in questo debutto troveremo tanto piano e chitarra acustica tra le note di Vasco Rossi.

Jenny è pazza rappresenta forse il momento più alto del primo album di Vasco.
Il testo pare sia in realtà piuttosto autobiografico: la Jenny della storia rappresenta Vasco nel difficile periodo universitario. Un racconto sospeso tra depressione e giudizio della società verso chi non è ben allineato.

Il brano è molto lungo e strutturato quasi come una suite, una vera rarità nel canzoniere di Vasco. Due lunghi assoli, il primo di chitarra elettrica, il secondo del sintetizzatore, fanno di Jenny un pezzo che è davvero curioso ascoltare col senno di poi.

Ambarabaciccicoccò è introdotta dalle voci di Vasco e di altri musicisti in sala di registrazione. Il testo è insolitamente politico e prende di mira il gap generazionale tra vecchi comunisti e nuovo progressismo. Come sempre, quando si parla di generazioni che si avvicendano, alcune parti del testo suonano ancora oggi valide e perfettamente attuali.

A livello musicale l’andamento è quello di un rock strascicato quasi alla Rolling Stones, mentre Vasco sfoggia i prodromi del futuro istrione. Ed il tempo crea eroi è la vera chiusura del disco, prima del breve strumentale Ciao che, col piano di Curreri, conclude l’album.

La canzone, una ballata acustica con chitarra e violino in primo piano, evoca il Bob Dylan di confine di Desire, uscito un paio d’anni prima. Il testo sta sempre dalle parti di una critica un po’ banalotta della società conformista che non capisce i non allineati. Nel complesso, però, il brano si ascolta con piacere. Il finale propone la voce sussurrante e quasi diabolica di Vasco, ad anticipare alcune cose future.

…Ma cosa vuoi che sia una canzone… è un esordio che passa sostanzialmente inosservato ma che – ascoltato oggi – è molto interessante. La nostalgia è innanzitutto per tempi in cui un disco così breve, praticamente sette canzoni e un breve strumentale, poteva ambire a qualcosa. La formula di Vasco Rossi è ancora lontana dalla sua perfezione, ma qualche segno del futuro successo già si poteva cogliere.

Resta soprattutto la curiosità di un Vasco mai più così sbilanciato nelle vesti di cantautore. Due anni e sarebbero arrivati gli anni Ottanta e, con loro, il Vasco Rossi icona della trasgressione e del rock di chi vuol fare una passeggiato sul lato selvaggio della rassicurante provincia italiana.

— Onda Musicale

Tags: Rino Gaetano, Maurizio Solieri, Francesco Guccini, Vasco Rossi, Francesco De Gregori, Lucio Dalla, Bob Dylan, Gaetano Curreri
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