Dove sarebbero gli Oasis, oggi, senza “Wonderwall”? Il brano-simbolo della band di Manchester, e del Britpop in generale, la cui fama, spesso, continua a precederne il percorso artistico e discografico. Divisivo per natura: “Wonderwall” si ama o si odia, non esistono mezze misure a riguardo.
Qualcuno se la prende con la voce di Liam, qualcun altro con la scolastica chitarra di Noel, ma una cosa è certa: di “Wonderwall” ce n’è una sola, ed è quella intonata e scritta dai fratelli Gallagher.
Il tour di ricongiungimento dei Nostri, prima di toccare l’ostico terreno statunitense e il più accondiscendente suolo messicano, ha dovuto – e, d’altronde, come avrebbe potuto non farlo? – fare tappa in Irlanda. Com’è noto, Noel Gallagher non ha mai nascosto il suo profondo legame con il popolo irlandese, rivendicando con orgoglio le origini condivise con esso in più di un’occasione. Dublino aspettava gli Oasis e gli Oasis aspettavano Dublino. L’accoglienza riservata al pubblico irlandese, dopotutto, non è certo stata casuale: le note della patriottica “Erin Go Bragh” (motto traducibile pressappoco con “Irlanda per sempre”), difatti, hanno accolto i numerosi presenti accorsi a Croke Park. Lo storico motto, divenuto anche canzone, rappresenta nient’altro che l’orgoglio irlandese a discapito del dominio britannico: una vera e propria dichiarazione di fedeltà, che Noel conosce molto bene.
Di fronte a un simile legame, fautore di sintonia autentica fra band e pubblico, come poteva – entro le sole date in terra d’Irlanda – non essere proprio “Wonderwall” il brano prescelto per il rilascio sui servizi streaming? Gli Oasis, inoltre, sono riusciti in una cosa piuttosto complicata, che nemmeno il succedersi dei governi in terra d’Albione è stato in grado di sanare: la frattura profonda fra Irlanda e il resto della Gran Bretagna. Poiché brani come “Wonderwall”, così come “Don’t Look Back In Anger”, sin dal loro rilascio – è innegabile –, hanno rapidamente assunto le fattezze di veri e propri inni nazionali, sentiti come tali da grossomodo ciascun abitante del Regno Unito: se, per esempio, un irlandese non si sognerebbe mai di cantare “God Save The King” a squarciagola, lo stesso non potrebbe certo dirsi per una hit dei Gallagher, magari al fianco di un inglese, di uno scozzese, di un gallese.
Ecco la potenza della musica: quella capace di spezzare i tribali confini fisici e ideologici imposti dalla politica
Poco meno di cinque minuti, trascorsi in compagnia di una scarna e semplice, semplicissima, serie di accordi a dir poco leggendaria, riescono a unire laddove anni e anni di conflitti (spesso armati) non hanno fatto nient’altro che alimentare divisioni. Tale è la potenza della musica, come detto. Tale è la potenza degli Oasis, in patria soprattutto.
Croke Park, allora, appare unita. Per sole due ore di live show, la Gran Bretagna sembra un solo cuore pulsante.
Al di là di ogni confine. Al di là di ogni barriera. Ecco cosa significa ascoltare “Wonderwall”, nella versione suonata a Croke Park, Dublino; l’ultimo singolo rilasciato dai mancuniani, il quinto estratto dal live album della reunion, di cui ancora non si conosce la data di pubblicazione. Buon ascolto.








