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Un disco per il week end: Still Got The Blues di Gary Moore (1990)

Se avete gradito le citazioni blues del precedente appuntamento con “Un Disco per il Weekend(leggi l’articolo) allora potrebbe piacervi la nostra proposta per questo fine settimana.

Questo disco, infatti, è considerato il punto di svolta di uno dei chitarristi irlandesi più influenti degli ultimi 30 anni. Sto parlando di “Still Got The Blues” (1990), nome preso dall’omonimo brano del celebre Chuck Berry, capolavoro di Gary Moore che ha segnato il suo passaggio dall’hard n’ heavy all’hard blues.

Da ricordare che Moore ha prestato la sua chitarra, oltre che per i suoi album solisti, anche a band come Skid Row (da non confondere con l’omonima band americana), i Colosseum II, i Thin Lizzy, Greg Lake (Emerson, Lake & Palmer), i BBM e gli Scars e, proprio per questo, la sua scelta è stata criticata da molti.

Ad ogni modo, Moore ha continuato a sfornare successi fino al giorno della sua morte (6 febbraio 2011) avvenuta a causa di un infarto. Tra album e collaborazioni, questo spicca per la divisione tra pezzi originali e cover, gli “ospiti” (Don Airey e George Harrison giusto per citarne due) e l’impressionante numero di altri musicisti impiegati per la realizzazione di questo capolavoro.

Da ricordare la copertina in cui si vede un bambino, forse una rappresentazione di Moore da piccolo, che imbraccia una Gibson Les Paul nella sua stanzetta attorniato da amplificatori Marshall, dischi in vinile ed un poster di Jimi Hendrix. Sul retro, invece, vediamo Moore in una stanza d’albergo, sempre a letto con una Les Paul ed un Marshall, che improvvisa un po’ di blues tra cd ed un pasto non finito.

La tracklist
  1. Moving On: intro deciso pieno di slide che ci fa capire come lo stile hard n’ heavy di Moore abbia preso la svolta blues, come accennato all’inizio
  2. Oh Pretty Woman: cover di A.C. Williams in cui le chitarre di Albert King e Gary Moore si incrociano in maniera spettacolare. Da ricordare il video con Albert King che si accende la pipa
  3. Walking By Myself: cover di Jimmy Rogers in cui l’armonica di Frank Mead s’interseca perfettamente con la chitarra di Moore che abbonda di slide, tapping e bending
  4. Still Got the Blues (For You): struggente title track in cui Moore svela tutto il suo lato più intimo e riflessivo, non per niente stiamo parlando di blues, per un amore finite male. Una chitarra che sembra quasi stia versando fiumi di lacrime. Stupendo lavoro per gli archi diretti da Gavin Wright che evidenziano la tristezza del momento;
  5. Texas Strut: brano che onora il blues texano con un bel giro iniziale di hammond che lascia il posto alla batteria ed alla chitarra. Tra le citazioni ritroviamo The Sky Is Crying ed i Double Trouble del collega Stevie Ray Vaughan (morirà pochi mesi dopo l’uscita dell’album in un tragico incidente sull’elicottero) ed i barbuti ZZ Top (viene nominato il cantante e chitarrista Billy Gibbons ed il ritornello riprende L.A. Grange)
  6. Too Tired: cover di Johnny “Guitar” Watson, Maxwell e Saul Bihari dove le chitarre di Moore ed Albert Collins fanno una gara all’ultimo riff. Da guardare il video in cui girano per una piccola cittadina “armati” con le loro fidate sei corde
  7. King of the Blues: brano che cita direttamente Albert King, anche se lui è nato nel 1923 mentre nella canzone dice 1924, ma credo sia una questione di suono delle parole messe in musica. La sezione composta da trombe e sassofoni dà il suo massimo, così come i giri di hammond di Don Airey
  8. As the Years Go Passing By: cover di Deadric Malone che si fa riconoscere come uno dei brani più malinconici e lughi, più di 7 minuti, dell’album. Particolarmente pregevole il lavoro al piano di Nicky Hopkins
  9. Midnight Blues: delicato blues, letteralmente, notturno dove ogni strumento, voce compresa, è più soffuso e delicato
  10. That Kind of Woman: grintosa, e a tratti arrabbiata, cover dell’ex – Beatles George Harrison che presta la sua voce, nei cori, e la sua chitarra slide. Sax e trombe la fanno da padroni anche in questo brano
  11. All Your Love: cover di Otis Rush, con vibrati belli decisi, dove le parti di hammond sono affidate a Mick Weaver
  12. Stop Messin’ Around: allegra cover di Clifford Davis e Peter Green dove la chitarra di Moore è impegnata a rincorrersi, giocosamente, con il sassofono di Frank Mead.

Nell’edizione rimasterizzata del 2002 sono presenti la strumentale The Stumble (cover di Freddy King e Sonny Thompson), l’ammiccante Left Me with the Blues, la scanzonata Further On Up the Road (cover di Don Robey e Joe Medwick), la ritmata Mean Cruel Woman e la stupenda The Sky Is Crying (cover di Elmore James).

  • Giudizio sintetico: un tassello fondamentale ed imperdibile per il blues moderno e per i fan di Gary Moore
  • Copertina: un Gary Moore giovane a confronto con uno più adulto in una stanza con la chitarra
  • Etichetta: Virgin
  • Line up: Gary Moore (voce e chitarra) più molti ospiti e turnisti

— Onda Musicale

Tags: Chuck Berry, Stevie Ray Vaughan, Jimi Hendrix, Don Airey, George Harrison, ZZ Top
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