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“Listen To The Band”: la storia dei Monkees [Prima Parte]

“A TV show about an imaginary band… that wanted to be the Beatles that was never successful”. Così si era espresso in un’intervista Micky Dolenz, musicista il cui nome è universalmente associato a quello dei Monkees

Ma chi erano i Monkees? Stiamo parlando di quattro ragazzi, sulla ventina, sorridenti e dall’aspetto rassicurante (quindi adatti anche alle famiglie e non solo ai teenagers), esuberanti e ribelli come lo possono essere i giovani a quell’età. Dal 1966 al 1968 furono i protagonisti di una sitcom di successo da cui furono ricavati anche numerosi dischi: negli episodi della serie, trasmessa alla televisione statunitense, interpretavano il ruolo di quattro musicisti in cerca di successo. Vediamo più da vicino la loro storia.

L’idea di realizzare una serie televisiva dedicata ad un immaginario gruppo rock inizia a svilupparsi a partire dal 1964, quando i due aspiranti registi Bob Rafelson (n. 1933) e Bert Schneider (1933), ispirati dal film dei Beatles A Hard Day’s Night, riesumano l’idea del 1962 e fondano la Raybert Productions con la speranza di poter far breccia nel mondo di Hollywood, proprio grazie alla loro serie.

Il primo passo nella genesi della serie lo rintracciamo nel Settembre 1965, quando le riviste dello spettacolo Daily Variety e The Hollywood Reporter pubblicano l’avviso in cui si cercano i quattro musicisti che daranno il volto – come attori – ai membri dell’immaginario gruppo, membri descritti come “insane boys”, cioè “ragazzi pazzi/folli”. I provini vedono accorrere circa 400 giovani: dalle audizioni ne vengono tratti quattordici, a loro volta oggetto di ulteriori provini come il cosiddetto screen-test, occasione in cui devono essere studiati ed analizzati nelle loro movenze e nella loro presenza scenica davanti alla telecamera, oltre che nella capacità di dare la giusta enfasi a ciò che recitano del copione.

La seconda scrematura dei partecipanti stabilisce i volti dei quattro musicisti del gruppo dei Monkees: sono Davy Jones (1945-2012), Peter Tork (1942-2019), Michael Nesmith (1942) e Micky Dolenz (1942). Vediamo brevemente chi sono. Jones, l’unico inglese del quartetto – essendo nato a Manchester – si era già cimentato nel mondo dello spettacolo partecipando sia al musical Oliver! che al celeberrimo Ed Sullivan Show (la sera del 9 Febbraio 1964 era presente nello stesso studio televisivo dei Beatles, al loro debutto americano). Al momento dell’avviso relativo ai provini per la serie dei Monkees era scritturato dalla Colpix per registrare qualche singolo.

Tork – oltre ad aver conosciuto il progetto della Raybert Productions tramite un caro amico, “tale” Stephen Stills – poteva dichiararsi abile polistrumentista. Successivamente all’esperienza nei folk club del Greenwich Village aveva anche lavorato come aiuto cameriere nei ristoranti. Nesmith aveva prestato servizio di leva nell’US Army e, similmente a Jones, aveva registrato del materiale per la Colpix sotto lo pseudonimo di Michael Blessing: a colpire Rafelson e Schneider erano stati il suo senso dell’umorismo nonché il suo berretto di lana, che lui indossava quando andava in moto e che diverrà uno dei suoi elementi riconoscibili. Dolenz, figlio dell’attore George Dolenz (nato nella comunità slovena di Trieste con il nome di Jure Dolenc), a metà anni Cinquanta aveva recitato nella serie Circus Boy, quindi sapeva già come muoversi nel mondo dello spettacolo.

Nella struttura della serie televisiva i quattro ragazzi dovevano esprimere – tramite l’arte dell’improvvisazione – quattro personaggi, ciascuno caratterizzato da una ben precisa identità: Dolenz sarebbe stato il simpaticone, divertente e casinista; Nesmith quello intelligente e dal portamento serio; Tork quello ingenuo; Jones quello gentile e di bell’aspetto. I quattro caratteri oltretutto erano modellati su un’idea assai convenzionale della personalità dei quattro Beatles: Dolenz doveva rappresentare un po’ “l’indole pazza” di Lennon; Nesmith la “serietà impassibile” di Harrison; Tork l’essere fuori luogo di Starr; Jones il “bell’aspetto” di McCartney.

Questo, a grandi linee, il lavoro alla base della recitazione sul set. Ma dato che la storia raccontava le avventure (e disavventure) quotidiane di un gruppo rock, bisognava anche creare la colonna sonora degli episodi, quel materiale da cui sarebbero stati tratti i dischi. Tommy Boyce e Bobby Hart, contattati da Don Kirshner, capo della Divisione Musica della Screen Gems, fornirono quattro demo per l’episodio pilota: una di queste era il tema che diverrà il marchio di fabbrica della serie. Le composizioni piacquero e quindi il progetto poté finalmente partire. Con l’aumentare del ritmo dei lavori aumentava anche la necessità di dedicarsi alla parte musicale del progetto: la Columbia-Screen Gems e la RCA Victor si allearono dando vita alla Colgems Records, etichetta pensata appositamente per la pubblicazione dei dischi del gruppo. Contemporaneamente la Raybert Productions si diede da fare per trovare una sala prove in cui il gruppo potesse far pratica con gli strumenti affittati, ma la tabella di marcia non consentiva di dedicarsi al proposito con la dovuta calma.

Per produrre la musica fu contattato Don Kirshner con il quale, come vedremo, i Monkees non avranno un buon rapporto. Egli si avvalse a sua volta del contributo di Snuff Garrett, in precedenza autore di svariate hit per il gruppo Gary Lewis & The Playboys. Garrett scelse di attribuire il ruolo di frontman a Davy Jones, ma la scelta non risultò gradita ai quattro. La fredda accoglienza che riservarono a Garrett provocò il licenziamento di quest’ultimo.

Riguardo al ruolo da attribuire a ciascun musicista all’interno della storia, il fulcro del problema verteva su chi sarebbe stato il batterista: nonostante le capacità, sia Nesmith che Tork non se la sentirono di provare lo strumento; di contro, Jones non era digiuno di batteria, ma il fatto di collocare il batterista alle spalle di tutti per lui poteva rivelarsi un problema, per via della sua bassa statura (una volta ripreso, sarebbe pressoché scomparso dietro a Tork, Nesmith e Dolenz). Andando per esclusione, potete facilmente indovinare chi sarebbe stato il batterista. Anche se il frontman della band era Jones, lo stile dei Monkees è chiaramente riconoscibile proprio per via della voce di Dolenz. Se pensiamo ai “ruoli” rivestiti durante la serie tv – bassista, chitarrista, batterista, etc. – bisogna dire come essi non corrispondessero effettivamente alla reale abilità dei singoli membri del gruppo: Tork era un chitarrista più esperto di Nesmith, quando quest’ultimo aveva fatto maggior pratica con il basso (come vedete, a parti invertite rispetto alla serie tv).

Non è cosa irrilevante dire che i primi due album del gruppo – The Monkees [10 Ottobre 1966] e More of The Monkees [9 Gennaio 1967] – raccontano una grossa bugia: sul retro di copertina a ciascun musicista è associato il rispettivo strumento, ma nella realtà le regole dettate dal produttore Kirshner non consentivano ai quattro di suonare strumenti, ma solo di cantare. La mancanza di libertà si rifletteva anche nel fatto che il gruppo non poteva scegliere quali canzoni includere nei dischi (More of The Monkees viene pubblicato pressoché all’insaputa della band, in un momento in cui essa oltretutto era pure impegnata in una tournée: ciliegina sulla torta – a conferma della mancanza di voce in capitolo – il fatto che i quattro non ricevettero la loro copia del disco ma furono costretti a comprarsela di tasca propria).

Il rapporto tra il gruppo e Kirshner era talmente deteriorato che bastò una violazione da parte di quest’ultimo dell’accordo che lo legava al gruppo a recidere ogni rapporto tra le parti: la pubblicazione di materiale registrato dai Monkees insieme a materiale non loro, ma comunque a produzione Kirshner, decretò la fine della collaborazione.

Con il congedo dell’ingombrante produttore e l’arrivo di Chip Douglas in sua sostituzione iniziava la tanto agognata indipendenza del gruppo, ma di questo ne parleremo nella prossima puntata.

— Onda Musicale

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