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David Bowie: l’eclettico dandy di Brixton prigioniero dell’incantesimo di Berlino che lo rese libero

Bowie a Berlino

David Robert Jones arriva a Berlino nel 1976 per disintossicarsi dalla vita dissoluta e alterata che conduceva a Los Angeles ma soprattutto per spogliarsi di quel carnevale della vanità tipico del Glam Rock  – o “Rock’n Roll col rossetto” per citare John Lennon.

Poco dopo Bowie viene raggiunto dall’amico di sempre Iggy Pop, anch’egli  a terra dopo un periodo passato in riabilitazione. I due diventano coinquilini al civico 155 di Hauptstrasse, e Bowie collabora producendo e arrangiando gli album del 1977 The Idiot e Lust For Life, dischi che segnarono la rinascita di Iggy Pop dopo aver sfiorato il baratro. La città decadente e tagliata in due, era avvolta in un’atmosfera cupa reduce dei fantasmi del passato nazista, perfetta per chi vuole passare inosservato e rifugiarsi nell’anonimato mettendo a nudo i clichés della stardom.

Berlino

Ma Berlino è anche  in pieno fermento artistico, germoglio di ogni avanguardia culturale e sociale nel suo tipico cosmopolitismo. Ziggy Stardust si spoglia di paillets e tutine spaziali per reincarnarsi nell’Esile Duca Bianco: un elegante essere aristocratico alienato dalla paranoia urbana che fonde rockfunk e suggestioni arabe, trasportandoci in un altrove sonoro e visivo, un luogo inedito e mai sperimentato prima.

Il visionario Dandy di Brixton trasforma il rock in un’arte globale, aprendolo anche alle contaminazioni con mimo – ricordando l’influenza di Lindsay Kemp, teatro, danza  e arti visive – si pensi alla copertina di Heroes ispirata da Erich Heckel– annullando i confini tra arte e vita: attorno alla musica si può dare vita a un universo di segni che va oltre le convenzioni.

Un trittico importante

Fortemente ispirato dalla musica elettronica d’avanguardia del Krautrock –  principalmente dei  Neu!, Kraftwerk e Tangerine Dream – Bowie porta l’elettronica all’interno della sintassi del rock, aprendo una nuova strada musicale dal sapore più liquido. Intuizioni sonore prendono forma e unite a ibridazioni di elementi preesistenti creano qualcosa di nuovo e stupefacente, anticipando il New Wave di trent’anniInsieme al produttore statunitense Tony Visconti e a celebri musicisti come Carlos Alomar, Ricky Gardiner e Robert Fripp, David Bowie incide tre nuovi album, definendoli una sorta di trilogia incentrata su Berlino: Low (1977) , Heroes (1977) e Lodger (1979). Ciascun LP raggiunge la Top Five nel Regno Unito, conquistando il disco d’oro.

“Low”

letteralmente depresso, rispecchia il low profile rispetto agli eccessi mediatici del Glam Rock assunto nella “città della luce” dal Thin White Duke, che amava passeggiare e prendere un caffè indisturbato, dedicarsi alla pittura e visitare gallerie d’arte. Incontro fondamentale per la natura dell’album, fu quello tra Bowie e Brian Eno, avvenuto un anno prima. Eno era rimasto coplito da Station to Station, l’ultimo album di Bowie, mentre David era ammaliato dalle nuove sonorità esplorate dall’ex membro dei Roxy Music, e ammirava la propensione di quest’ultimo verso compositori minimalisti come John Cage e Philip Glass.

Così, Bowie contattò Eno invitandolo presso lo Chatéau d’Hérouville per prendere parte alle sessioni del suo prossimo album, che, a suo dire, sarebbe stato un “disco puramente sperimentale“. Interessante a tal proposito citare Strategie oblique : un mazzo di carte contenuto in una scatola nera e ideato nel 1975 da Eno e Peter Schmidt. Contribuiscono a sviluppare il pensiero laterale sollecitando l’immaginazione, propongono oscuri e criptici aforismi utili per rompere blocchi creativi di artisti e musicisti, e favoriscono una concezione impressionista dei testi.

Vale la pena soffermarsi sull’ascolto della prima traccia del lato B dell’album : Warszawa – Ian Curtis, cantante dei Joy Division, chiamò inizialmente la band Warsaw, in omaggio alla canzone di Bowie che amava tanto. Chiudete gli occhi, affidatevi alla voce di  David e alle note di Eno per un viaggio contemporaneamente nel tempo e nello spazio. Non sembra anche a voi di vivere l’atmosfera sofferente del paesaggio polacco che Bowie osservò dal treno nel 1976? Una meravigliosa introspezione malinconica come omaggio, sembrerebbe, per i residenti dimenticati di Berlino Est. L’intero album, infatti, è un’osservazione in termini musicali delle sensazioni provate da Bowie “guardando al di là del muro.

Heroes” 

è l’unico dei tre registrato interamente a Berlino presso gli Hansa Studios e riprende i suoni di Low ma in chiave più ottimista, riflettendo lo Zeitgeist – spirito del tempo – della guerra fredda. Inizialmente in Beauty and the Beast e Joe the Lion , il rock si appoggia a una sostanziosa base elettronica, scivolando nelle sonorità funk-arabeggianti di The secret life of Arabia, poi le note mediorientali del Koto in Moss Garden e esplodendo letteralmente nel grido dell’ultimo romantico: Heroes. 

Il capolavoro racconta di due amanti che sfidano a colpi di cuore i duri colpi di fucile e le barriere innalzate di due potenze ed è la canzone generazionale per tutti i dimenticati che soffrono e sognano di poter essere liberi, eroi per un giorno. Memorabile, commovente l’esibizione di Bowie nel 1987 sulle note di Heroes nel suo concerto del Glass Spider vicino al Reichstag, nei pressi della Porta di Brandeburgo. Migliaia di persone della Berlino Est si radunarono sotto il muro per assistere al concerto, molte casse infatti furono indirizzate verso quella direzione.

“Lodger”

A chiusura della trilogia che costituisce uno degli esempi più importanti di Art rock all’interno della musica del ventesimo secolo, l’album più rappresentativo del periodo berlinese: “Lodger”. I temi affrontati sono il viaggio e un aspra critica alla civiltà occidentale attraverso sonorità intrise di elementi esotici e ambient. African Night Flight, ad esempio, è un tributo alla musica e alla cultura dei veldt, ispirata da un viaggio in Kenya. La sua trama musicale è stata vista come una premonizione del successo che avrebbe raggiunto più avanti la world musicYassassin è un improbabile reggae con sfumature di musica turca. Red Sails è ispirata alla musica ambient e al beat motorik tipico di gruppi tedeschi come i Neu! e i Kraftwerk.

Accolto inizialmente con una certa indifferenza dalla critica, Lodger è oggi riconosciuto come uno dei lavori più sottovalutati di Bowie. Per il film “Noi, ragazzi dello zoo di Berlino nel 1981 Uli Edel scelse come colonna sonora molti brani del Duca Biaco tratti da diversi album come Station to StationLowHelden – la versione tedesca di Heroes – e Lodger. In una celebre scena inoltre, Bowie sul palco interpreta se stesso.

Nel 2002 in un’intervista David afferma:

La maggior parte del mio lavoro si basa più su valori interiori e personali. Cerco di ascoltare la mia interiorità e poi di dargli una forma. Qui c’è il mio Dna molto più che altrove. Ma una cosa è chiara: non avrei saputo fare musica se non fossi stato completamente “prigioniero” dell’incantesimo di Berlino!”   

— Onda Musicale

Tags: David Bowie, Heroes
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