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Bob Dylan, buon compleanno al grande musicista e poeta

Il 24 maggio 1941 nasceva a Duluth (Minnesota) Robert Allen Zimmerman, meglio noto a tutti come Bob Dylan. Considerata la vastità del personaggio, tentare di stilare un profilo esaustivo della sua figura in un singolo articolo è missione fallita in partenza.

Noi oggi non ci proviamo neanche e quindi preferiamo rendergli omaggio con questi dieci frammenti che raccontano il legame tra la sua musica e la poesia. Legame che gli è valso la vittoria del premio Nobel per la letteratura nel 2016, sebbene lui l’abbia in qualche modo “snobbato”, saltando la cerimonia di consegna, con l’ennesima mossa alla Bob Dylan, che ogni volta che si tenta di afferrarlo svanisce, non c’è più. Perché è già altrove.

Lo diciamo subito quindi: i dieci frammenti che seguono non vi permetteranno certo di “capire” Bob Dylan, ma anzi serviranno soltanto ad alimentarne ulteriormente il mito e il mistero che lo circonda da sempre perché, come ha scritto Alessandro Carrera neLa Voce di Bob Dylan, “non sono sessant’ anni che Dylan canta, sono secoli”.

1. Il Nome

Aveva circa vent’anni Robert Allen quando decise istintivamente di farsi chiamare Bob Dylan mentre saliva con la chitarra sul palco di una delle tante coffehouse di Minneapolis-St Paul. La leggenda vuole che si tratti di un omaggio – seppur inconsapevole – al poeta gallese Dylan Thomas per cui troverete diversi dylanologi pronti a confermare o a smentire tale associazione che è ormai sfociata nel mito.

2. La Beat Generation

Il rapporto di Dylan con la poesia – e con la letteratura in generale – in realtà è molto più profondo e come lui stesso ha dichiarato nel primo volume della sua autobiografia (Chronicles Volume 1) è sempre stato molto legato ai poeti della beat generation: “Forse cercavo quello di cui avevo letto in Sulla Strada (Ndr. il romanzo più famoso di Kerouac), il suo suono, ciò che Allen Ginsberg aveva chiamato «il mondo del jukebox all’idrogeno». Forse ci ero vissuto per tutta la mia vita, non so, ma nessuno l’aveva mai chiamato così. Lawrence Ferlinghetti, uno degli altri poeti beat l’aveva definito «il mondo a prova di bacio, fatto di toilette dai sedili di plastica, Tampax e tassì»”.

3. La formazione autodidatta

Ma quello fu solo l’inizio. Sempre in Chronicles a un certo punto dice: “Cercavo di darmi quell’istruzione che non avevo mai avuto […] Più che altro leggevo libri di poesia, Byron e Shelley e Longfellow e Poe. Imparai a memoria Le Campane di Poe e provai a ricavarci sopra una melodia con la chitarra. […] Leggevo molte pagine ad alta voce e mi piaceva il suono delle parole, il loro linguaggio […] Le parole della Vita Solitaria di Leopardi sembravano uscire dal tronco di un albero come sentimenti disperati, indistruttibili.”

4. Il Poeta misterioso

I poeti e la poesia entrano nelle sue canzoni e vi si amalgamano. A un certo punto di Tangled Up In Blue si parla anche di un misterioso “poeta italiano del XIII secolo”, autore di un libro che la ragazza protagonista della canzone ha messo una volta nelle mani del narratore, mostrandogli parole che suonavano “vere e luminose, come se da quelle pagine traboccassero carboni ardenti”. Su chi fosse il poeta in questione si sta ancora dibattendo, ma tra i più quotati ci sono Petrarca, Dante e Guido Cavalcanti.

5. L’Ut pictura poësis

Tangled Un in Blue è anche la canzone in cui si vede maggiormente l’influenza della pittura nella scrittura dei testi di Dylan. Come nella pittura così nella poesia diceva Orazio e così farà anche Dylan. Dopo il famoso incidente in motocicletta del ‘66, infatti, Dylan si interessa alla pittura e in particolare a Chagall, poiché attratto dalla sua sospensione delle leggi del tempo e dello spazio. Nell’aprile del ’74 arriva a frequentare un corso di pittura con Norman Raeben, dalle cui lezioni pratiche e teoriche mutuerà la cosiddetta poetica del Break-up Of Time che aveva come obiettivo quello di creare una rottura spazio-temporale. Questa poetica, proprio come la tecnica pittorica, nasce nella convinzione che il prodotto artistico per considerarsi riuscito debba necessariamente porre il fruitore in una sorta di realtà ‘altra’, caratterizzata da un cortocircuito tra la realtà materiale e la coscienza spazio-temporale della realtà artistica, o come ha più semplicemente sintetizzato lo stesso Dylan “Ieri, oggi e domani stanno tutti nello stesso spazio”.

6. Le visioni

Visions of Johanna (dall’album Blonde on Blonde) è forse una delle canzoni che maggiormente “sa” di poesia a prescindere dalla musica. Il titolo è ispirato a due romanzi sperimentali di Kerouac, Visions of Cody e Visions of Gerard, e il testo ci conduce per mano dentro una sorta di momento onirico dai contorni non ben definiti, a metà strada tra un sogno lucido e un trip psichedelico. Protagonista della canzone sembra essere un uomo combattuto tra due donne – Louise e Johanna – una con “un pugno di pioggia nella mano” (in cui riecheggia il pugno di polvere de La Terra Desolata di T.S. Eliot) e l’altra che aleggia come un fantasma, anzi “il fantasma dell’elettricità grida dalle ossa del suo viso”, per essere più precisi. Qualunque cosa voglia dire. È questo, infatti, uno dei versi più poetici ed enigmatici di Dylan su cui ancora si interrogano i dylanologi, dylaniani e dylaniati di tutto il mondo e che a me ricorda, per chissà quale strana associazione di immagini mentali, quell’Atlantide (perduta) di F. De Gregori – uno che non ha mai nascosto la sua passione per Dylan e un intero disco di “amore e furto” gli è testimone. Anche in Atlantide c’è un uomo combattuto tra due donne: Lisa (o Louise?), con cui adesso vive in California, e un’altra “ragazza la cui faccia ricorda il crollo di una diga”, un fantasma che ha smesso di cercare di persona, ma che nei pensieri e nei suoi sogni lo sta ancora infestando. Sarà per questo che nella mia mente, e forse anche nelle chitarre di entrambi i cantautori, queste donne e questi fantasmi non hanno mai smesso di urlare.

7. L’eternità

Una delle sue principali fonti d’ispirazione è stato senza dubbio William Blake. Dylan lo ha anche dichiarato nel suo ultimo album dove a un certo punto dice “I Sing The Songs Of Experience like William Blake”, citando esplicitamente I Canti dell’Innocenza e dell’Esperienza, che nella poetica di Blake rappresentano le due tendenze opposte dell’animo umano.
Come ha scritto Peter Ackroyd nella sua biografia del poeta inglese “nell’immaginazione visionaria di William Blake non ci sono né la nascita né la morte, nessun inizio e nessuna fine, solo il perpetuo pellegrinare attraverso il tempo verso l’eternità”. Questa sorta di “eternalismo” ha caratterizzato buona parte dei testi dylaniani dal ‘65 fino ai giorni nostri come, ad esempio, nella recente False Prophet:

Non sono un falso profeta, no, non sono la sposa promessa di nessuno.

Non ricordo quando sono nato
E ho dimenticato quando sono morto

Sostanzialmente è come se il concetto di tempo si annullasse o venisse concepito come un unico blocco in cui passato, presente e futuro coesistono simultaneamente. L’intera esistenza può essere concentrata in un granello di sabbia, lo stesso citato da Dylan in Every Grain Of Sand (dall’ultimo album della trilogia cristiana Shot Of Love), che a sua volta si ispira agli Auguri dell’Innocenza di Blake in cui si può

Vedere un mondo in un granello di sabbia
e un universo in un fiore di campo
 possedere l’infinito sul palmo della mano
e l’eternità in un’ora

 Gli echi eterni di Blake riecheggiano anche in Gates Of Eden (ispirata a The Gates of Paradise), estratta dall’album Bringing It All Back Home dove

Il sole straniero ammicca
Ad un letto che non è mai il mio
Mentre amici ed altri stranieri
Cercano di abbandonare la loro sorte
 Lasciando gli uomini totalmente liberi
Di fare quello che vogliono tranne morire
E non ci sono processi all’interno dei Cancelli dell’Eden

8. Dylan è un poeta? (parte prima)

Ma quello che scrive Bpb Dylan può considerarsi poesia? Dipende. Da cosa si intende. Per Ginsberg i testi di Dylan sono “catene di immagini fiammeggianti”. E non è questa forse una splendida definizione di poesia o di poesia rock? Si potrebbe discutere a lungo, se non fosse stato lo stesso Dylan a chiudere la questione in una sua vecchia intervista del ‘65: “Mi considero soprattutto un poeta? No. È un termine che non significa più della parola casa. Ci sono quelli che scrivono poesie. Tutti questi li chiamate poeti? Ci sono tizi che lavorano alle pompe di benzina e lo sono. Io non mi chiamo “poeta” perché questa parola non mi piace. Preferisco considerami un TRAPEZISTA”

9. Dylan è un poeta? (parte seconda)

Ciò non toglie che, al netto delle definizioni, la poesia faccia parte del linguaggio usato da Dylan nelle sue canzoni. E non è detto che non abbia cambiato idea in proposito. Non a caso nel suo ultimo album – Rough and Rowdy Ways del 2020 –  invoca le muse come Omero e dedica un’intera canzone – I Contain Moltitudes – a un verso di Walt Whitman, che rappresenta forse il suo ritratto definitivo in una riga:

 Mi contraddico? Ebbene sì, mi contraddico (sono vasto, contengo moltitudini)”

10. Dylan Thomas

Non bisogna infine dimenticarsi di Dylan Thomas, le cui parole intrise di morte e magia ancora non aveva avuto modo di approfondire quando si scelse il suo nome d’arte, eppure in qualche modo già sapeva che sarebbero state adatte alla sua persona e alla sua carriera. E infatti a distanza di 60 anni di musica e 80 di vita lo sono ancora oggi e con queste ci congediamo:

I morti nudi saranno una cosa

Con l’uomo nel vento e la luna d’occidente

Quando le loro ossa saranno spolpate e le ossa pulite scomparse

Ai gomiti e ai piedi avranno stelle

Benché impazziscano saranno sani di mente

Benché sprofondino in mare risaliranno a galla

Benché gli amanti si perdano l’amore sarà salvo

E la morte non avrà più dominio

Tutte le citazioni sono contenute nei seguenti testi che consigliamo a chiunque volesse approfondire:

La voce di Bod Dylan di Alessandro Carrera. Bob Dylan – il fantasma dell’elettricità, di Marco Rossari. Rock Lit, musica e letteratura – legami intrecci visioni di Liborio Conca. La sfinge Dylaniana, Adriano Ercolani, su Linus maggio 2021.

— Onda Musicale

Tags: Bob Dylan, Nobel
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