Stilare una classifica è sempre molto rischioso se non è basata su dati oggettivi come le vendite, lo streaming, le visualizzazioni.
Una classifica sui chitarristi più sottovalutati nella storia del rock è un esercizio di retorica, basato puramente sul gusto e le conoscenze di chi la redige. Una cosa è certa: ci sono molti musicisti di talento, ma poco conosciuti o riconosciuti.
La classifica dei chitarristi più sottovalutati del rock di Mark Urban
La classifica dei chitarristi più sottovalutati è stata redatta da diverse riviste di genere. Una tra le più originali è quella redatta da Mark Urban per Goliath. Il giornalista basa la scelta su tre motivazioni di base, chitarristi che:
- non hanno avuto modo di emergere perché la band di cui facevano parte si è sciolta;
- hanno sempre vissuto nell’ombra;
- sono stati ingiustamente considerati poco sopra la media.
Ne sono stati individuati 22, ma vi presentiamo la top 5 e un paio di … eccezioni fuori classifica.
Tra i chitarristi più sottovalutati del rock si annoverano
1. Nick McCabe – The Verve
Chi ascolta l’album dei Verve “Urban Hymns” non può non aver notato l’abilità del chitarrista Nick McCabe. Le sue qualità possono far pensare a uno stile di esecuzione da “atmosfera”. Gli basta aggiungere quel poco che rende un brano una hit. E quel poco che suona è magari anche perfetto.
Se si estrapola dall’album il brano “Lucky Man”, per esempio, si può apprezzare come ci siano decine di stratificazioni di parti suonate che servono ad accentuare l’arpeggio acustico della chitarra di Richard Aschcroft. Quelle stratificazioni si percepiscono come il giusto accompagnamento senza predominare sul tema. Persino il passaggio da solista di McCabe assomiglia più a un bridge che rende fluido il brano piuttosto che un’esibizione di bravura a se stante. Un chitarrista al servizio del brano.

Il ruolo di McCabe all’interno della band è sempre stato collaterale, nonostante sia il chitarrista leader dei Verve. Le sue esecuzioni sono sempre rivolte a sostenere la voce del cantante e il brano.
L’uso semplice dell’arpeggio e gli effetti eco sono unici nel suo genere. Per raggiungere questo effetto di semplice liricità, in realtà richiede un meticoloso lavoro in studio di registrazione. I produttori che hanno collaborato con lui sostengono che è quasi impossibile lavorare insieme, perché non suona mai le stesso riff allo stesso modo: c’è sempre qualcosa da correggere, togliere o aggiungere.
Il fatto che i Verve siano considerati – spesso a torto – come una band “meteora”, ha contribuito a lasciar passare inosservato al grande pubblico un chitarrista come Nick McCabe.
2. Alex Lifeson – Rush
Rush è una band di hard rock sui generis. I loro brani non sono sempre immediati e i testi sono “particolari”. È una band di rock progressive che non trova molto spazio nei circuiti convenzionali dell’airplay o delle stazioni radio. Questo “limite” è anche il limite del loro chitarrista: Alex Lifeson.

Sottovalutato proprio per il genere musicale che suona, ma è l’autore dei più bei riff di tutti i tempi. Uno dei suoi momenti più alti è l’esibizione sul brano “La Villa Strangiato” dove corre veloce con le dita sulla tastiera della sua chitarra, senza sbagliare un colpo anche durante le esibizioni live.
Un altro elemento che lo rende uno dei virtuosi meno considerati del panorama musicale è il fatto di appartenere a una band di altri “virtuosi” come il bassista Geddy Lee e il batterista Neil Peart che lo hanno sempre oscurato.
3. Mike McCready – Pearl Jam
Nel B-Side “Yellow Ledbetter”, si potrebbe far fatica a non confondere la tecnica di Mike McCready con quella di Jimi Hendrix. In ogni caso non si farebbe fatica ad annoverarlo tra i migliori chitarristi del decennio 1990.
Il suo stile ispirato al blues è la sua firma che fa il paio con il suo compagno di band Stone Gossard. Ma anche quando suona in coppia, McCready riesce a trovare la sua cifra sonora al punto da poter riconoscere la sua impronta.
La sua peculiarità è la velocità, ma soprattutto il minimalismo: non utilizza gli effetti dei pedali né stomp boxes preferendo il suono puro della chitarra e l’amplificatore. Il motivo perché Mike McCready è passato quasi inosservato è legato al fatto che i Pearl Jam sono rimasti confinati come band di successo degli anni ’90.

4. Myles Kennedy – Alter Bridge
Myles Kennedy non è “solo” un cantante, ma anche un ottimo chitarrista. Kennedy è noto soprattutto per essere un cantante molto dotato. Il suo primo lavoro, però, è stato proprio quello di insegnante di chitarra.
Prima di diventare il frontman della band Alter Bridge, è stato il chitarrista leader di altri gruppi. Con gli Alter Bridge, oltre a cantare, suona la chitarra ritmica come supporto al chitarrista leader Mark Tremonti. Le capacità di Kennedy sono particolarmente esaltate durante i concerti quando insieme a Tremonti si lanciano in una sorta di duello tra chitarre.
Così come è noto per la sua voce caratteristica, Myles Kennedy meriterebbe di essere ricordato anche per i suoi guizzi alla chitarra. Il motivo per cui è tra i chitarristi più sottovalutati è semplicemente perché ha ceduto il passo al suo collega Mark Tremonti quando hanno costituito gli Alter Bridge.

5. The Edge – U2
Nonostante sia il chitarrista della band più famosa del mondo, The Edge non è mai stato apertamente acclamato tra i migliori chitarristi del nostro tempo. Non ha una tecnica particolare che lo distingue, né pezzi da dieci minuti in solitaria. Però è stato in grado di creare uno stile tutto suo, rivoluzionando l’uso degli effetti.
Fin dal loro primo album, gli U2 si sono distinti anche per gli effetti eco della chitarra di The Edge. L’uso dell’effetto ritardato delle ottave punteggiate è immediatamente riconoscibile. Riconosci gli U2 perchè riconosci lo stile inconfondibile di The Edge. Forse, per molti estimatori, proprio l’uso eccessivo di effetti sonori è un limite che non permette a The Edge di essere stimato come un chitarrista eccellente. Tuttavia, utilizzare le componenti che creano gli effetti fanno parte dell’essere un chitarrista del 21° secolo. Inoltre, oltre ad agevolare il lavoro, aumentano le possibilità creative.

Ciò che rende grande The Edge è la capacità di adattare ad ogni brano una sfumatura e un tono diverso. A differenza di Noel Gallagher, per esempio, che tende ad appiattire il suono nei suoi brani, The Edge è in grado di creare una “struttura” sonora. Una sorta di impalcatura diversa e su misura per ciascun brano. Nonostante l’uso di dozzine di chitarre diverse che creano quella complessità e varietà di toni di un brano.
The Edge forse non vince la sfida in un’ipotetica battaglia con Jimmy Page a suon di chitarra, ma come lo stesso Page lo ha definito: «The Edge, in realtà, è un architetto del suono».
Gli outsider tra gli outsider
Si è fatto cenno agli Alter Bridge, al suo leader e al chitarrista Mark Tremonti. Bene, durante un’intervista di Classic Rock proprio a Mark Tremonti a proposito di chi fosse per lui il chitarrista più sottovalutato della storia, la sua risposta è stata: Eric Gales, il chitarrista americano di rock e blues.
Tremonti spiega la sua scelta così:
Gales è un musicista relativamente sconosciuto, ma è bravo da farti cadere la mandibola dallo stupore. La prima volta che l’ho sentito ero in tour e uno dei tecnici mi ha passato un CD dei suoi per fare il check out. Il CD era meraviglioso, ma è solo quando ho visto alcuni video su YouTube che ne sono rimasto folgorato. In seguito, sia io che Myles Kennedy abbiamo visto altri suoi video. Ci siamo guardati e abbiamo detto: “Questo è il miglior musicista del mondo! É decisamente sconosciuto alla maggior parte. La cosa bella che lo contraddistingue è che non possiede una tecnica eccezionale, ma ha passione e personalità. È come se non avesse fatto altro nella sua vita che suonare la chitarra».
Un altro chitarrista di fama mondiale, ma decisamente sottovalutato è Paul Waaktaar Savoy. E’ il chitarrista e autore del 90% dei brani e dei successi degli a-ha, la band norvegese più nota al mondo. Come molti dei musicisti annoverati nella classifica, Waaktaar Savoy ha pagato un prezzo per la fama. E’ stato confinato in un genere musicale e in una band considerata – per troppo tempo dalla critica musicale – commerciale.
La caratteristica principale di Paul Waaktaar Savoy è una grandissima capacità tecnica, coniugata da guizzi creativi e difficoltà tecniche non indifferenti. Chiunque abbia provato a cimentarsi nella riproduzione dei brani degli a-ha, può affermare che non si tratta affatto di brani “facili” sotto tutti i punti di vista.

La sua esperienza anche come batterista lo ha dotato di un incredibile senso ritmico che fa la differenza in ogni brano. La sua passione da collezionista di chitarre, lo porta a sperimentare nuovi suoni e apprendere nuove tecniche. Come The Edge, durante i concerti utilizza diverse chitarre, dalle Fender alla chitarra classica alle chitarra G#, alle Gibson.
Tutto contribuisce a creare per ciascun brano una propria identità e allo stesso tempo un tratto distintivo e unico per cui si riconosce sempre la sua firma. Da brani come “Manhattan Skyline” a “Sycamore Leaves”, da “Cold as Stone” a “Cast in Steel”, la cifra stilistica di Waaktaar è inconfondibile.