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Oliver Onions, l’effetto nostalgia e la riscoperta grazie al web

Gli Oliver Onions con Bud e Terence

La storia degli Oliver Onions inizia nel lontano 1963. Proprio in quell’anno due fratelli di Rocca di Papa riescono a incidere un singolo per la CBS. Loro non lo sanno, ma è l’inizio di una storia di culto che dura ancora oggi in tutto il mondo.

Il singolo è Un vecchio macinino/La goccia d’acquae porta la firma di Guido e Maurizio. Sì, perché i due fratelli in questione sono Guido e Maurizio De Angelis; tra i loro mille pseudonimi, il più famoso è appunto quello di Oliver Onions, adottato negli anni Settanta. I due fratelli, passati all’epoca soprattutto alle colonne sonore, avevano bisogno di un moniker inglese.

George Oliver Onions era uno scrittore britannico, vissuto a cavallo di Ottocento e Novecento. Pare che la scelta del nome fosse dovuta al fatto che le due parole si pronuncino esattamente come sono scritte, anche in Italia.

Ma torniamo agli anni Sessanta.
Dopo il singolo, i due fratelli continuano a lavorare nell’ambiente. Sono giovanissimi, addirittura Maurizio all’epoca del singolo ha appena sedici anni; il loro è però talento vero e le loro capacità di musicisti sono una spanna sopra a tanti nomi magari all’epoca più celebri. Dopo aver inciso un album che lascia poche tracce, Beat Melody del 1966, uscito come The G&M, entrano in pianta stabile alla RCA.

Nella grande casa discografica, i due fratelli fanno un po’ di tutto; incidono sotto vari pseudonimi, arrangiano, fanno i turnisti. Gli arrangiamenti di Terra di Gaibola, per citare solo un esempio, album di Lucio Dalla del 1970, portano la loro firma.
La grande occasione si presenta però nel mondo delle colonne sonore.

Gli anni Settanta sono un’epoca irripetibile per il cinema italiano, ancora oggi oggetto di culto tra grandi registi come Quentin Tarantino. Le produzioni si contano a centinaia, il cinema di genere vive il suo momento di massimo splendore. Si coniano addirittura neologismi per classificare le opere italiane; dopo gli spaghetti western nascono infatti i poliziotteschi, i gialli all’italiana e gli horror nostrani.

I nomi di Dario Argento, di Mario Bava e di Lucio Fulci sono quelli che emergono anche a livello internazionale. Tuttavia, dietro a questi grandi registi, cresce un sottobosco di geniali artigiani come Enzo Barboni, Enzo G. Castellari, Ruggero Deodato, Sergio Martino e decine di altri. Spesso sono film estremi che, dietro una qualità non sempre eccezionale, celano intuizioni e azzardi forse oggi impensabili.

Per le colonne sonore vige altrettanta libertà, e così i fratelli De Angelis possono cimentarsi con esperimenti e generi diversi. Il funk acido di tanti poliziotteschi, come Il Cittadino si Ribella, la tarantella funk sperimentale di Napoli Oggi; ma anche le tante colonne sonore western e – più in là – esperimenti tra discomusic e pop che a un certo punto li rendono una sorta di Abba italiani.

L’incontro che segna la carriera dei due fratelli è però quello col cinema di Bud Spencer e Terence Hill. Continuavano a Chiamarlo Trinità, seguito del record d’incassi Lo Chiamavano Trinità, è la loro grande occasione. La colonna sonora del film ha grande successo e segna l’inizio di una proficua collaborazione e di una grande amicizia tra le due coppie. Nel 1974 Flying Trough the Air, tratta da …Più Forte Ragazzi, ha grandissimo successo in tutto il mondo. Guido e Maurizio hanno spesso raccontato un aneddoto divertente accaduto in Germania; all’improvviso successo della canzone, i due vengono subito convocati per registrare una sorta di videoclip per la televisione. All’arrivo in aeroporto si accorgono della massiccia presenza di giornalisti, fotografi e fan osannanti. A quel punto si voltano, credendo che qualche grande star fosse imbarcata sullo stesso volo, senza rendersi conto che in Germania sono ormai delle celebrità.

Inizia un periodo di grande successo e di frenetica attività. Il successo pop arride ai fratelli soprattutto all’estero, in Germania principalmente. Per l’Italia forse il loro sound è in un certo senso troppo avanti, veicolando un pop meticcio che solo anni dopo – e forse ancora oggi – attecchisce pienamente. E allora sorge l’esigenza dei moniker, un po’ per darsi il giusto tono fuori dai confini, un po’ per diversificare l’attività.

E così, oltre agli Oliver Onions, Guido e Maurizio sono I Re Magi, i Royal Jelly e tanti altri, lasciando i loro nomi per le colonne sonore dei film. Santa Maria, singolo pop del 1980, schizza al numero uno in Germania per sei settimane, e rimane in classifica per trenta. Alla fine dell’anno risulta il quarto singolo più venduto dell’anno.

Ma è il sodalizio con Bud Spencer e Terence Hill che li fa entrare nel mito e nell’immaginario. Le loro canzoni sono un piccolo miracolo pop, che giustamente suscita il paragone con gli Abba; e – soprattutto – mette in luce l’immensa competenza tecnica di Guido e Maurizio. Si tratta infatti di brani dalle melodie appiccicose e senza tempo, quelle che ti rimangono in circolo e ti fanno canticchiare senza però stancare.

Spesso gli Oliver Onions riescono in quella chimera che cerca ogni compositore, scrivere una canzone che suoni allo stesso tempo allegra ma che riesca a racchiudere in sé quella sottile nostalgia. Lo fanno alternando sapientemente tanti registri, passando da accordi maggiori e minori in scioltezza. Soprattutto, però, gli Oliver Onions sono maestri nel miscelare infinite influenze.

Se nella serie dello Sceriffo Extraterrestre maneggiano senza patemi il country americano, in Trinità mettono in scena una OST degna di Ennio Morricone; Sandokan, uno dei loro capolavori, è un tema epico e melodico che ancora oggi incanta e viene citato, basti pensare a Basso e Batteria dei Baustelle che ne cannibalizza lo splendido giro di basso.
Dune Buggy, il Coro dei Pompieri, Bulldozer e Fantasy, sono tutti titoli entrati nella mitologia di quegli anni.

Impossibile, per chi si trova all’improvviso – magari girando su YouTube – davanti qualcuno di questi pezzi, evitare un commovente effetto nostalgia; si tratta di canzoni che – complici le iconiche scazzottate di Bud e Terence – tutti abbiamo ormai nel DNA, che come madeleine proustiane ci riportano agli anni dell’infanzia o della giovinezza. La lacrima di nostalgia è assicurata.

E, in un’epoca segnata dai social e dal loro pernicioso effetto nostalgia, era impossibile che gli Oliver Onions non godessero di una nuova ondata di popolarità. Internet, però, sia sa, fa anche cose buone. E così ecco risorgere dalle polveri della memoria le colonne sonore di Guido e Maurizio De Angelis, quelle celeberrime come Sandokan, Orzowei e dei film di Bud Spencer; ma anche quelle all’epoca scritte, incise e dimenticate, quelle dei film di genere e di culto. Diventa allora una sfida riscoprire curiosità funk e chitarre acide e abrasive, pezzi a tinte fosche e cupe, se non horror, e tanto altro.

E, puntuale, ecco arrivare anche un disco celebrativo alla maniera delle grandi star, con collaborazioni e nomi famosi del pop italiano e non solo. Già, perché Guido e Maurizio De Angelis, dopo aver diluito la frenetica attività a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, sono ancora in piena attività.

Prima della pandemia, con una serie di concerti sold out in tutta Europa, e ora con Future Memorabilia. Il disco, in uscita in questi giorni, celebra il duo con un occhio all’effetto nostalgia e uno al futuro, attraverso dieci nuovi arrangiamenti di vecchi brani. Assistiamo sfilare così a illustri ammiratori degli Oliver Onions, a partire da Tommaso Paradiso, ex leader dei Thegiornalisti, auto-elettosi erede delle atmosfere del duo.

Tommaso collabora alla rivisitazione di Orzowei; troviamo poi Claudio Baglioni, amico di vecchia data di Guido e Maurizio, con cui collabora a inizio carriera, cimentarsi nell’iconica Sandokan. In Sheriff arriva la voce profonda di David Hasselhoff, il mitico attore di Supercar e Baywatch, che in America ha sempre portato avanti la carriera parallela di cantante.

Elio & Le Storie Tese si riuniscono per l’occasione, dando vita a uno spassoso remake del Coro dei Pompieri; eppure, il meglio Guido e Maurizio lo danno in solitudine, con gli arrangiamenti di Ricky Quagliato, che si avvicina al materiale con il rispetto dell’ammiratore. I nuovi vestiti delle canzoni sono infatti tirati a lucido con spruzzate di elettronica e qualche passaggio sopra le righe, ma nel complesso senza cadute di stile.

Un lavoro divertente che sarà amato forse più dai nostalgici che dal pubblico giovane che spera di avvicinare a un culto sincero. In definitiva, però, nulla solletica più la nostalgia che risentire per l’ennesima volta i successi originali, su YouTube magari. Abbinati ai video dell’epoca, con due sorridenti, giovani e improbabilmente vestiti alla moda degli anni Settanta, Guido e Maurizio De Angelis. O, ancora meglio, sfidare la nostalgia ascoltando le canzoni mentre vediamo scorrere le immagini di qualche scazzottata di Bud Spencer e Terence Hill.

E sognare di trovarsi di nuovo lì, in quell’epoca forse più semplice e spensierata.
O forse è solo l’inganno dell’effetto nostalgia?

— Onda Musicale

Tags: CBS, Elio e le Storie Tese, Quentin Tarantino, Thegiornalisti
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