“Keep Your Mouth Shut” dei The Banals è esattamente questo: un brano fulmineo e ruffiano, una scarica di power chords, armonie vocali e quella dose di melodia anni ’60 e rock’n’roll.
Un ritorno all’essenziale, senza fronzoli e con la melodia sempre in primo piano: Keep Your Mouth Shut è il singolo d’esordio dei The Banals, disponibile dall’11 aprile su tutte le piattaforme digitali per Inconsapevole Records, insieme al video ufficiale:
“Keep Your Mouth Shut” è una bomba breve e diretta: sembra quasi voler arrivare, colpire e sparire prima che ci si renda conto di cosa è successo. Cosa vi ha spinti a scegliere proprio questo brano per presentarvi al mondo come The Banals?
Una cosa molto “banale”, direi: facendo girare un po’ i demo tra gli amici, Keep Your Mouth Shut è quella che è piaciuta subito più o meno a tutti… non che i nostri amici siano di gusti difficili, ma anche rispetto al passato abbiamo notato che è “arrivata” meglio a tutti, rispetto alle altre.
Venite da un passato pop punk coi Let Me In. Cosa è rimasto di quella stagione nei The Banals, e cosa invece avete deciso consapevolmente di lasciare alle spalle?
Sicuramente è rimasto lo spirito: il fatto di essere amici, di suonare insieme da anni, la voglia di fare le cose in modo spontaneo, il gusto per i ritornelli che ti fanno sentire in estate. Quello che abbiamo lasciato indietro è il bisogno di complicare gli arrangiamenti: adesso se un pezzo ha tre accordi e funziona, non ci chiediamo se serva qualcosa d’altro per renderlo più figo.
“Preghiamo alla Chiesa dei Tre Accordi”, dite. Ma riuscire a essere essenziali senza risultare banali (scusate il gioco di parole) è un’arte difficile. Come ci riuscite? È più istinto o consapevolezza?
Credo entrambe le cose. Ci aiutiamo a vicenda in questo: se uno si perde in un bridge inutile, gli altri due lo riportano giù, solitamente anche abbastanza in fretta. Sembra un po’ brutale, detta così, ma funziona perché nessuno di noi mette sé stesso prima della canzone.
Il pezzo è volutamente “ruffiano”, ma c’è una sincerità disarmante nel modo in cui lo presentate. È una specie di dichiarazione d’amore (o d’odio?) alla forma-canzone?
La sincerità è una cosa che ci piace molto: perché raccontare di chissà quali esigenze, quando semplicemente ci piacciono le chitarrone, le melodie e i ritornelli freschi?
Il video è girato in un negozio di strumenti musicali: scelta casuale o c’è un legame particolare con quel luogo? Che rapporto avete con gli strumenti? Siete tra quelli che vanno a caccia di strumenti particolari oppure non avete particolari “fetish” in termini di strumentazione?
Il luogo è l’Angolo Della Musica a Mazzano, in provincia di Brescia. E c’è un legame particolare, sì, con Gianluca (il titolare) e con il posto, facciamo praticamente tutto lì: le prove, gli acquisti di strumentazione, noleggiamo l’impianto per i live, portiamo le chitarre a riparare. E’ un po’ una specie di dock-station dei Banals. Non siamo feticisti degli strumenti: Nicola non ha neanche un amplificatore, suona con un simulatore, Teo non ha una batteria, ma solo alcuni pezzi, Temma suona ancora con un basso Asahi del 1998 e nessuno se n’è mai lamentato.
Non avete un piano, dite. Ma è proprio questo il bello, no? Seguire l’urgenza e il piacere di suonare senza troppe strategie. Dove pensate che vi porterà questa attitudine, e cosa sperate che arrivi a chi vi ascolta?
L’idea è: suoniamo finché ci diverte, finché abbiamo voglia di attaccare gli strumenti e vedere cosa succede. A chi ci ascolta speriamo arrivi questo: non un messaggio preciso, ma una sensazione. Un’energia che dice “non è tutto calcolato, non è tutto perfetto, ma è tutto vero.”
