Recensioni e Interviste

Curù: la canzone d’autore che raccoglie il suono delle violenze. L’intervista

Partiamo col dire che questo disco vede il patrocino di Amnesty International. E la cosa non è solo.

Un caso mediatico… Da un titolo simile si potrebbe immaginare qualcosa che abbia in se il colore scuro di immagini cruenti. Eppure, spesso le storie da cui prende origine ogni nota di questo bellissimo disco a firma del progetto Curù è proprio da lì che viene. Ma la delicatezza (aggettivo spesso usato dalla critica per raccontare questo disco) delle cantautrici e musiciste Giana Guaiana e Bruna Perraro, è uno strumento altro oltre al suono che portano in scena. Sì perché dentro questo loro primo disco ufficiale dal titolo emblematico “Corale – voci sommerse, storie negate” traspare luce di giorno e pensieri di fanciullo, colori a pastello e qualcosa che oserei avvicinare ad un concetto di incanto. Sono canzoni quasi velate di buona energia nonostante ci siano dentro vite spezzate e detenzioni disumane. Vi invitiamo a sottolinearlo con attenzione e dettaglio: non ci sono danze ne rituali ma solo piccolissime cose preziose per la vita di tutti noi. È un disco denso di storie… reali purtroppo…

Partiamo dalla figura di Nûdem Durak… oggi in che rapporti state?

Incredibilmente abbiamo instaurato con Nûdem un rapporto epistolare cartaceo. Tra noi è nato un legame che si fonda sul valore universale della musica. Nelle lettere che ci ha scritto usa un linguaggio molto poetico e pieno di bellezza e amore per la vita e per il prossimo. “Grazie per esistere mie preziose amiche. Il potere della musica non può essere minimizzato. Anche se in lingue diverse, riunisce sentimenti senza frontiere, belli, legittimi e sensibili. Trova la sua strada, come l’acqua che scorre…Con la luce che portate in amicizia, riscaldate il volto freddo e congelato della prigione, con un caldo sorriso…Non dimenticate, la vostra bellezza ravviva la mia anima che è abbandonata, lasciata ad appassire, in queste quattro mura”. Nûdem ci ha augurato “di cantare con tutte le nostre voci le canzoni della sorellanza e dell’amore, sui palcoscenici della libertà, e il più presto possibile”. Renderla parte attiva del disco è stata la nostra risposta al suo richiamo.

Ha ascoltato il disco? Chi altro (parlando di questi personaggi) ha raggiunto questo disco? E, secondo voi, chi dovrebbe raggiungere questo lavoro? Prima del pubblico normale intendo…

Secondo le attuali regole carcerarie, per i prossimi 9 anni sarà impossibile per lei ascoltare il disco. Tutto ciò che non è in turco non passa e anche se passa, è soggetto a censura. Lo sappiamo. Ma non per questo dobbiamo smettere di portare il nostro messaggio. Nella corrispondenza epistolare glielo scriviamo e poi siamo in contatto con parenti stretti che glielo possono raccontare e certamente anche a loro può dare coraggio. Per quanto riguarda Sepideh rinchiusa in Iran, ci sono maggiori difficoltà. Scriverle direttamente è impensabile, proviamo a farle arrivare dei messaggi tramite terze persone. Il fatto poi che i responsabili di Amnesty abbiano letto tutti i testi, oltre che ascoltato le musiche, è sicuramente importante anche se non cambia le cose. Ma cosa potrebbe cambiare veramente le cose? Noi crediamo nel lavoro individuale, nel lavoro interiore alla ri-scoperta della purezza delle origini, di una condizione naturale in cui nulla può nuocere al nulla.

Queste canzoni sembrano avere anche una dimensione letteraria… ci avete mai pensato a metterle in forma narrativa o poetica?

Questa è una bella suggestione, grazie. No, non ci abbiamo pensato, ma magari coglieremo la sfida, chissà.

Un disco che pare non avere una connotazione geografica… la battaglia per i diritti non deve avere alcun tipo di connotazione. Secondo voi oggi una simile opera ha una forza per combattere al fianco di questi ideali? O diviene solo corredo estetico e artistico?

Tutti i brani sono delle vere e proprie evocazioni. Non evocano solo il malessere, ma anche il coraggio, la resistenza, l’orgoglio, la consapevolezza della sfida. Sono numi, dei, come dicevano gli antichi. Noi abbiamo dei vissuti non troppo “scontati”, abbiamo fatto entrambe, ognuna nel proprio piccolo mondo, scelte anche molto coraggiose e non potremmo fare altro se non quello che ci appassiona. Speriamo che questo “passi”.

È bellissima ed evocativa questa copertina. Qual è la sua reale lettura? Da chi viene?

Naz Oke è una artista e attivista turco-francese che sostiene la causa curda anche attraverso il magazine online “Kedistan”, che al momento ha fermato le attività. A lei dobbiamo la traduzione delle lettere di Nudem. Le abbiamo chiesto una sua opera per la copertina e ci ha proposto questa a cui ci siamo immediatamente appassionate. Si intitola “Nous nous sommes tues pendant des millenaires”, ovvero “siamo rimaste in silenzio per millenni”. Un titolo eloquente.

In chiusa: parlando del suono, non avete pensato a scelte più “moderne” e meno legate a classicismi anche “antichi” per certi versi?

Dopo aver composto i brani molte idee musicali sono nate durante il periodo di preproduzione, curata da Antonio Tralongo. Le canzoni sono poi cresciute e maturate grazie agli arrangiamenti di Francesco Prestigiacomo che, pur avendo una visione Pop della musica (è arrangiatore dei Tinturia), a nostro parere è stato bravissimo a vestire i nostri brani dal di dentro, ne ha proprio colto l’anima. Evidentemente non potevano che venir fuori esattamente come sono, antichi probabilmente. Ma non abbiamo forse bisogno di un “futuro antico” oggi?

— Onda Musicale

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