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Intervista a Bull Brigade e Giancane, fuori con “Lividi”

Lividi

“I lividi dentro erano gli stessi”: Bull Brigade e Giancane e una condivisione che lascia il segno.

Quando due mondi musicali apparentemente distanti si incontrano e trovano una lingua comune, il risultato può essere sorprendente. Lividi”, la nuova canzone firmata congiuntamente da Bull Brigade e Giancane, non è un semplice esperimento o un featuring usa-e-getta: è una dichiarazione emotiva condivisa, una canzone che gronda verità, rabbia, amicizia e vulnerabilità. In una scena musicale italiana dove spesso la forma prevale sulla sostanza, Lividi arriva come un colpo secco al petto, ricordandoci che si può ancora scrivere (e urlare) qualcosa che parli davvero di noi. Li abbiamo intervistati per farci raccontare come è nato questo brano che unisce la poetica ruvida e militante dei Bull Brigade (nelle risposte di Eugy, il cantante) alla sincerità disillusa di Giancane. Ecco cosa ci hanno raccontato.

Lividi” suona come una canzone necessaria, non solo per chi l’ascolta, ma anche per chi l’ha scritta. Quando vi siete resi conto che stavate dando voce a qualcosa che andava oltre il semplice collaborare su un brano?

Eugy: Ci sono canzoni che necessitano di più passaggi non solo per chi le ascolta ma anche per chi le scrive. Inizialmente eravamo un po’ arenati come spesso accade quando si scrive un testo… poi è scoccata la scintilla e ci siamo fatti trascinare dalle necessità alle quali ti riferivi.

Giancane: Forse, personalmente, non me ne sono ancora reso del tutto conto. Per me – e credo anche per Eugenio – è stato più che altro urlare forte qualcosa di nostro, tirar fuori a voce alta i lividi interiori, il nostro modo di sentirli e viverli. Non ci siamo seduti a tavolino pensando a un messaggio universale, è successo scrivendo di noi stessi.

Il testo è profondamente personale e attraversa emozioni che molti vivono in silenzio: dal sentirsi fuori posto al peso delle aspettative, fino alla volontà di liberarsi da croci che non si vogliono più portare. Com’è stato scrivere queste parole insieme? Vi siete riconosciuti subito nei versi dell’altro?

Eugy: Sì, le atmosfere alle quali pensavamo di riferirci si sono mostrate sin da subito sovrapponibili. Io penso che sia un po’ una condizione collettiva della nostra generazione il fatto di vivere e processare determinati stati d’animo con gli stessi filtri. È per questo che molti ragazzi si riconoscono in questo brano, ed a noi ci fa molto piacere.

Giancane: All’inizio avevo in testa solo quella frase: “Non sono mica Gesù Cristo”, come a dire: “Ho fatto, faccio e farò degli errori, non sono perfetto.” Quando Eugenio è venuto da me in studio e ha scritto la sua parte, ha completato un mondo che avevo solo abbozzato. Quindi sì, ci siamo riconosciuti subito. Non è stato uno di quei featuring dove ognuno fa la sua strofa per conto suo: ci siamo messi davvero a scrivere insieme, a costruire un discorso unico.

“Non sono mica Gesù Cristo” è diventato un ritornello potentissimo, quasi un grido liberatorio e di rifiuto. Cosa rappresenta per voi questa frase, e com’è nato questo passaggio così centrale del brano?

Eugy: Quando Giancane mi ha chiesto di condividere una canzone insieme, il ritornello era l’unica cosa presente: ci sono quei brani che nascono in questo modo, e poi si sviluppano nel tempo… direi che è andata così. Io l’ho subito letto come un senso metaforico ma anche liberatorio. Gesù Cristo era considerato da molti come il salvatore, ma io penso che in ultima analisi non riuscì nemmeno a salvare se stesso: forse è proprio qui che va ricercato il senso di questo grido.

Giancane: Quel ritornello era con me da tempo. Lo urlavo sotto la doccia, in motorino, in furgone. Era diventato una specie di mantra. Quando ho proposto ai ragazzi di fare qualcosa insieme, mi è sembrato naturale partire da lì. Non per fare il profeta, ma perché davvero a volte non riesco a salvare nemmeno me stesso, figurati gli altri. Per fortuna, però, c’è la musica. Quella sì, ogni tanto mi salva.

A livello musicale “Lividi” mescola due identità forti ma differenti: l’urgenza punk dei Bull Brigade e la vena più cantautorale (ma altrettanto diretta) di Giancane. Come avete lavorato per costruire questo equilibrio senza perdere autenticità?

Eugy: Entrambi conosciamo profondamente la musica dell’altro ed è stato quasi un mettersi al servizio in modo reciproco: io credo che sia stata un’ottima base di partenza per poter trovare equilibrio tra le nostre penne.

Giancane: Quando ho scritto il giro di chitarra da cui è partito tutto (e qui va una menzione speciale a Luigi Migliore per le chitarre enormi), avevo in testa i Bull Brigade. Avevamo già condiviso dei palchi, avevo visto i nostri pubblici mescolarsi. Ci siamo ascoltati, prima. Poi ci siamo fidati. Nessuno ha cercato di primeggiare, nessuno ha fatto il fenomeno. E la cosa bella è che, nonostante questo, nessuno ha ceduto un centimetro. Abbiamo unito due modi diversi di raccontare il dolore, e forse è proprio questo che rende il pezzo così forte.

Nel comunicato stampa parlate di lividi nati in città diverse ma che in fondo sono gli stessi. Quanto pensate che contino ancora, nella vostra musica, le radici geografiche e il vissuto urbano delle vostre città? Torino e Roma hanno un peso nel vostro modo di scrivere dolore, rabbia e appartenenza?

Eugy: Siamo due progetti che sono nati, cresciuti e si sono consolidati partendo dal basso, dai circuiti indipendenti ai quali tutt’ora apparteniamo. È abbastanza naturale che vi sia molto senso di appartenenza quando si proviene da un percorso e non si è arrivati da un giorno all’altro perché qualcuno ha deciso così.

Giancane: Contano eccome. Dove nasci ti segna, ti forma, ti piega. Roma e Torino non sono solo sfondi: sono parte del perché scriviamo certe cose. Io, prima di iniziare a fare Giancane, lavoravo nei locali. Ho visto passare sul palco tutta la scena punk, e da dietro al mixer ho imparato come si sta su un palco. Col tempo ho imparato ad apprezzare quel modo diretto, crudo, onesto di fare musica. E la verità è che, tra le varie città, la differenza non è poi così grande: alla fine è sempre quella “cazzo di città”, che sia Roma, Torino, Milano o Napoli.

Questa collaborazione segna anche un ponte verso i vostri prossimi lavori, previsti entrambi per l’inizio del 2026. Possiamo aspettarci che questa esperienza influenzi anche i vostri album futuri, magari con nuovi incontri, nuove aperture stilistiche, o è stata una parentesi unica?

Eugy: È sempre difficile fare previsioni quando c’è la musica di mezzo. Io penso che sia una delle poche cose che ti permettono di viaggiare pur rimanendo fermo nello stesso tempo. Il disco nuovo dei Bull Brigade sarà esattamente come i tre che abbiamo pubblicato: ovvero diverso da quello precedente. A parte gli scherzi siamo molto contenti di come stiano andando le cose e non vediamo l’ora che finiscano i lavori.

Giancane: La musica è bastarda: ti porta dove non pensavi di andare e poi ti riporta al punto di partenza. Di sicuro Lividi non è stata una parentesi buttata lì per fare hype. Sto lavorando al disco nuovo e sono già a buon punto. Posso dire con certezza che ci saranno altri “lividi” da raccontare, e lo farò al 100×100

— Onda Musicale

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