Fuori il 19 settembre “Barsminator”, il nuovo album di Michael The Skillerz. Quattordici brani che criticano il mercato musicale e le sue dinamiche, ma che allo stesso tempo mettono in luce la passione dell’artista per la musica.
Il disco di Michael The Skillerz è anticipato dai singoli “Amici come prima”, “Regole” e “La Finesse”, i tre pezzi forse più rap,
più puri. “Barsminator” è ricco di influenze differenti con altrettanti featuring che arricchiscono ogni pezzo.
Michael, “Barsminator” arriva dopo “Aeternum”, un disco molto introspettivo. In che modo questo nuovo progetto rappresenta un’evoluzione rispetto ai tuoi lavori precedenti?
Buongiorno! Diciamo che Aeternum e Barsminator sono le classiche due facce della stessa medaglia, di fatto con Aeternum il lavoro è stato cercare di scavare in profondità appunto, cercando di sondare il mio stato emotivo e personale, più intimo, mentre con Barsminator il lavoro è stato esattamente l’opposto, cioè prendere tutto quello che ho trovato dentro e buttarlo fuori, esternando tutte le emozioni, la frustrazione, la rabbia ma anche l’ironia. I primi due dischi erano un di tutto un po’, mentre questi ultimi due parlano del mio rapporto con la vita e con la musica ma lo fanno con due linguaggi agli antipodi.
Nel comunicato parli di una “pesante critica al sistema musicale delle major”. C’è stato un episodio o una riflessione particolare che ti ha spinto a voler affrontare apertamente questo tema?
Diciamo che quando ho iniziato a fare musica, prima di quei quasi 10 anni di pausa, avevo come la sensazione che l’artista fosse molto più libero, che bastasse il talento e tanta creatività per creare un artista fatto e finito, mentre invece, da quando sono ritornato nel 2022 non faccio altro che sentirmi ripetere che c’è solo un modo per fare le cose. Che ci sono delle regole da seguire che vanno bene per tutti, che i pezzi non devono durare più di 2 minuti e mezzo o 3, che le strofe devono essere più corte e più immediate, che per emergere bisogna curare l’immagine, bisogna curare i social network, che bisogna inseguire il sound del momento per essere al passo coi tempi e tutta un’altra infinità di piccole cose che, a parere mio, non fanno altro che appiattire la creatività, non fanno altro che uniformare gli artisti sotto lo stesso stampino. Non a caso alla radio passano solo le stesse 4 canzoni tutte uguali, scritte dagli stessi 4 autori che sono persino intercambiabili l’uno con l’altro tanto scrivono alla stessa maniera…
e in tutto questo la musica? Che fine fa? Che importanza ha rispetto a tutto il resto? Il talento conta ancora qualcosa oppure è meglio imbrigliarlo per avere un prodotto più vendibile…. Io dentro un sistema così ci muoio. Mi attrae il
diverso, mi attraggono le idee uniche, mi attrae il genio personale, il linguaggio differente. Faccio musica per esprimere me stesso, a modo mio, non per sottostare alle regole del sistema, se questo modo di pensare mi impedirà per quella musica di farne un lavoro allora pazienza, continuerò a fare anche altro come sto facendo ora e tutta la musica che farò uscire sarà tutta sentita e “mia” come quella che ho fatto uscire finora. L’arte è libertà, se si limita quella l’arte soffre.
“Barsminator” ha un titolo molto forte, quasi da “macchina distruttrice di barre”. Da dove nasce il nome e cosa rappresenta per te?
Diciamo che proprio a livello numerico il disco è stracolmi di barre, ce ne sono tantissime, la strofa più corta è da 20 barre, sono più i pezzi che hanno 3 strofe rispetto a quelli che ne hanno due, alcuni pezzi non hanno manco i ritornelli, sono solo barre… Bene o male sto continuando sulla strada tracciata anche dai dischi precedenti che hanno tutti bene o male quel tipo di stampo li.
Quando faccio i concerti dove mi capita di essere io il main artist, devo imparare a memoria qualcosa come 250 000 parole e spararle letteralmente giù dal palco nell’arco di un oretta e mezza, cercando di sbagliare il meno possibile, anzi, sbagliare niente sarebbe pure meglio. Per caricarmi prima di quelle esibizioni li nella mia testa mi ripeto che sono come una macchina infermabile, programmato per quello come Terminator. È una cosa abbastanza goliardica in realtà perché l’ansia pre live la patisco ancora molto, ma l’idea del Barsminator mi è venuta esattamente ripensando a questa cosa qui.
Hai dichiarato che l’album è anche uno “sfogo” contro la dittatura mediatica. Ti senti oggi più libero artisticamente rispetto al passato?
A questa domanda anche non volendo ho già risposto prima, ma perché in realtà è un po’ tutto figlio di quel modo li di fare le cose che io non condivido. Poi se mi chiedi se mi sento libero comunque io ti risponderei di sì, perché volente o nolente alla fine faccio sempre di testa mia, fregandomene altamente di come le cose dovrebbero essere. Quindi direi che libero sì, anche se ovviamente pago spesso lo scotto della mia testardaggine. Però vorrei continuare a fare musica in questo modo, facendo quello che piace a me, e non quello che agli altri piacerebbe che facessi.
Il disco è ricco di featuring. Come hai scelto le collaborazioni e che tipo di energia volevi portassero dentro il progetto?
Il disco è ricchissimo di featuring soprattutto a livello di produzioni, perché mi diverte molto quando il produttore porta la sua idea di suono nel tuo progetto, e una sfida nuova e cerco sempre di tirarci fuori io meglio. Per quanto riguarda, invece, i miei colleghi rapper la regola è una soltanto, collaborare con gente che conosco, che stimo sia a livello artistico che umano e che abbia voglia di mettersi completamente in gioco per un pezzo nuovo. La stessa voglia che hanno i bambini di continuare il loro gioco preferito, alla fine è proprio per questo che facciamo musica, perché ci divertiamo, ci svaghiamo, perché ci piace.
Se dovessi descrivere “Barsminator” in una sola frase per chi non ti conosce ancora, quale sarebbe?
Potrei pensare che tutta la filosofia che c’è dietro a Barsminator possa essere racchiusa nelle ultime due barre della prima canzone, che suonano cosi: “17 anni al mic e poi mi chiamano emergente?! Mortacci tuoi che sei un incompetente”. Ma mi piace credere che comunque il disco sia anche molto di più.
E infine: dopo questa “scarica di barre”, cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo capitolo di Michael The Skillerz?
Direi che dopo avere fatto quattro bei dischi corposi in tre anni adesso ho bisogno un attimo di ricaricare le pile, staccare la testa e trovare stimoli ed idee nuovi. Anche perché non vorrei ritrovarmi poi a parlare solo delle stesse cose. Forse mi piacerebbe buttarmi in un joint album con qualche artista che ha una visione simile alla mia, magati qualcuno che conosco da un bel po di tempo e che vive qui vicino a dove vivo io, chissà ….



