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I Negrita live: il rock, Darwin e momenti surreali

LaTeatrale Plus, così si chiama il tour che i Negrita stanno portando in giro quest’estate per celebrare 25 anni di canzoni e che il 31 luglio ha fatto tappa a Francavilla al Mare.

Controsterzo, sbando e vado di fuori/Cercando di seguire piloti migliori; i versi di Mama Maè – uno dei loro pezzi più celebri – mi sono sempre piaciuti e, con gli anni, si sono arricchiti di significati simbolici. I Negrita hanno saputo tenersi a galla per 25 anni, col timone saldamente in pugno, tra i perigliosi mari del rock italiano. E, attenzione, dico mari pericolosi non perché frustati da agitati marosi, ma proprio per l’insidiosa bonaccia che da sempre li pervade. Nel mare del rock italico, per dirla tutta, è sempre stato più facile annegare per noia che non per tempeste.

Eppure Pau e soci, facendo propria la lezione dei versi di cui sopra, hanno evitato di inseguire piloti se non migliori, irraggiungibili per successo commerciale, vedi Vasco e Ligabue, ma sono riusciti a ritagliarsi una gran bella carriera, molto meglio di altre band – i Timoria, per dire – forse di miglior qualità ma meno resilienti. I Negrita si sono evoluti, in senso darwiniano, adattando il rock stonesiano degli inizi – non per nulla il nome della band viene da Hey, Negrita, pezzo degli Stones – a quello che voleva il mercato, rotolando non solo verso sud ma anche verso un pop rock dalle venature latine, sempre all’insegna della buona qualità.

Amo sempre assistere al concerto di una grande band quando questa si propone in una piccola realtà di provincia come Francavilla; avvicinandomi al botteghino per fare mio l’accredito stampa mentre i fan patiscono la fila per pagare il biglietto – lo so, la vita è dura per tutti – lo spettacolo a cui assisto è già impagabile: famigliole di turisti vestiti frugando al buio nell’armadio, anziani che attendono con sospetto questi giovani fracassoni – i Negrita veleggiano attorno alla cinquantina – e una processione di furgoncini che spacciano panini con la porchetta. Potremmo essere tranquillamente allasagra della ventricina e l’atmosfera sarebbe la medesima. Ma il bello del rock in provincia sono i momenti surreali: non sai quando arriveranno, ma puoi stare sicuro che non mancheranno.

Con appena dieci minuti di ritardo i Negrita irrompono sul palco e attaccano con Il Gioco e Hemingway a bruciapelo. Pau è nato per stare sul palco; camicia sbottonata, occhiali da sole, imponente presenza scenica e linguaggio del corpo che esprime completa padronanza della situazione. Mac e Drigo, chitarra ritmica e solista, si dividono equamente destra e sinistra del leader, con il polistrumentista Ghando, Cristiano Della Pellegrina alla batteria e Giacomo Rossetti al basso a completare la formazione.

Dopo i primi pezzi Pau saluta e presenta il live. Ideale prosecuzione di un tour pensato per i teatri e riadattato ai palchi estivi – quelli, in sostanza, dove si fa più cassa – sarà diviso nel set acustico, coi pezzi riarrangiati, e in un finale a tutto rock. Questo nelle intenzioni, almeno; la potenza di fuoco è infatti tale che le versioni acustiche poi tanto acustiche non sono.

Il primo momento surreale è in agguato ed è una vera sorpresa: i neonati. Attorno a me sciamano numerose giovani coppie con bimbi appesi al collo, in braccio o nei passeggini. Il fatto di aver scambiato l’inferno di decibel di un concerto rock per la nursery di un villaggio vacanze, mi rende perplesso sull’opportunità di alcuni casi di riproduzione.

Il live entra nel vivo, i classici ci sono tutti, da Che rumore fa la felicità a In ogni atomo – resa in una curiosa versione soft, da Brucerò per te a Greta; da Magnolia a Radio Conga, passando per il simil blues dell’antidiluviana Cambio. Pau, appollaiato su uno sgabello, si contorce, fa il gigione, fuma e si dimostra sempre totalmente a suo agio; Drigo si prende la scena col suo lavoro di fino alla solista, elettrica, acustica e spesso slide. I suoi interventi dimostrano la classe di un musicista che è sempre rimasto un passo indietro, ma di grande tecnica e feeling, che ricorda un po’ Mark Knopfler per suoni e modo di usare il fingerpicking.

Ed ecco il secondo momento surreale: Pau paragona i Negrita a degli zingari della musica e butta là un paio di battute su Salvini. Il pubblico prima ammutolisce, un po’ imbarazzato; parte qualche fischio, poi gli applausi, mentre una signora tra il pubblico non pagante reclama i suoi quindici secondi di celebrità e di surrealismo involontario, dando fisicità al fenomeno virtuale del troll: Fai musica, non politica/e allora portali a casa tua! Chi, non si capisce bene.

Il live riprende, c’è spazio per una breve cover di Tuyo di Rodrigo Amarante, celeberrima sigla di Narcos, e poi il pubblico si scatena: tutti in piedi a ballare sotto al palco. O forse no, perché il terzo, impagabile momento surreale è in arrivo.

Pau per una volta sembra imbarazzato e sinceramente sorpreso: un biglietto del sindaco gli intima di far sedere il pubblico, altrimenti, per ragioni di sicurezza, il concerto sarà interrotto. So che crederete sia una mia trovata, ma non è finita. Tra i Buuuhhh del pubblico e la divertita incredulità della band, si palesa sul palco il sindaco stesso che ottiene con difficoltà di far sedere tutti. Che abbia scambiato il live dei Negrita per il Concerto di Capodanno?

Purtroppo per lui, tempo un paio di pezzi e parte il finale all’insegna del rock coi pezzi forti del gruppo: Rotolando verso Sud, Bambole e Mama Maè, che Drigo implementa col solo di While My Guitar Gently Weeps dei Beatles. Su Soy Taranta è lo stesso Pau a istigare il pubblico a tornare sotto al palco. È il delirio, come è giusto che sia.

C’è ancora spazio per qualche pezzo e per la conclusiva cover di Gianna.

Il pubblico è soddisfatto e divertito, cosa chiedere di più a un concerto estivo? I Negrita possono esserlo altrettanto; hanno iniziato nel ’94, c’erano Senna e Baggio e internet emetteva timidi vagiti; oggi sono ancora qui, più in forma di allora. E posso esserlo anch’io. Non avrò visto gli Stones, ma comunque musicisti di ottima qualità e un concerto leggero e divertente.

E, soprattutto, posso mettere in archivio nuove, inaspettate scene surreali.

— Onda Musicale

Tags: While My Guitar Gently Weeps, The Beatles, Negrita
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