Recensioni e Interviste

Giacomo Festi: un giovane scrittore trentino al Salone Internazionale del Libro di Torino

Giacomo Festi, roveretano di 26 anni, è un giovane scrittore trentino che ha presentato le sue ultime fatiche editoriali al Salone Internazionale del Libro di Torino assieme ai suoi stimati colleghi. Ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda in merito.

Cosa ti ha spinto a scrivere?                      

“Questa è una domanda che mi hanno fatto in parecchi (voglia di prevenire la catastrofe?) ma ancora non ho trovato una risposta. Diciamo che, grossomodo, sono un appassionato di storie e dei modi che esistono per raccontarle. Libri, cinema, fumetti… ogni storia ha le sue potenzialità e i diversi media sono tutti bellissimi perché hanno delle caratteristiche che permettono di esprimere gli stessi concetti con diverse procedure (basti pensare all’”Arancia meccanica” di Anthony Burgess o di Stanley Kubrick). Da lì mi è toccato scegliere il media a me più congeniale e, dopo un fallimentare inizio come fumettista, sono approdato alla scrittura con esiti più soddisfacenti.”

Quando hai cominciato a sentire questa necessità?

“Credo che ogni processo creativo si apra con una forte incazzatura. Poi però l’incazzatura passa e lascia spazio alla consapevolezza. Anche perché arrabbiarsi stanca e fa venire le rughe, e io sono troppo pigro e troppo bello per potermelo permettere (ride). Così dopo numerose incazzature mi sono seduto, ho respirato a fondo… e ho ragionato su cos’è che mi fa arrabbiare. Tutto quello che ho scritto è nato così. Quello che scrivo è (o dovrebbe essere…) la ma visione del mondo, sulle cose che mi vanno più o meno a genio. Il mio intento è quello di intrattenere il lettore, ma anche riuscire a fargli porgere delle domande – spesso più importanti delle risposte – su delle questione che a me stanno care. Alcuni mi hanno detto che da quello che scrivo sembro una persona molto pessimista, ma in realtà è vero il contrario: sono un inguaribile ottimista perché ho fiducia del fatto che la gente possa arrivare a riflettere e a maturare un pensiero. Chi rinuncia a fare questo credo sia più pessimista di me, vuol dire che si è rassegnato nel far pensare la gente.”

Da chi trai ispirazione?

“Dai migliori, dai peggiori e dagli intermedi.”

Ti ispiri anche ad altre forme artistiche (musica, film ecc.) e/o fatti personali della tua vita?

“Farsi ispirare da altre forme artistiche è fondamentale, fa parte del “lavoro da ricerca”. Però la cosa più importante, oltre a capire che ciò che funziona in un media non può funzionare per tutto, è porgersi la domanda 'perché mi è piaciuto così tanto?'. Saccheggiate e copiate più che potete. Il vostro lavoro ne gioverà, e il vostro avvocato sarà felicissimo (ride). I fatti della vita … beh, diciamo che hanno concluso ciò che la genetica non ha terminato. Scherzi a parte, anche quelli sono fondamentali. Hemingway, non proprio il primo scemo che passa, aveva detto: 'scrivi ciò che conosci'. Quindi è ovvio che se certe situazioni le hai vissute di prima persona, il risultato sarà migliore.”

Vuoi parlarci un po’ del libro che hai presentato a Torino?

“Il titolo è “Vita da scarabocchio”, pubblicato per la Leucotea Edizioni, che facendo il bis al Salone Internazionale del libro di Torino ha festeggiato un anno di vita editoriale. È una storia ambientata nel nostro mondo, dove però i disegni hanno vita propria. Non si muovono però per via di un loro rigorosissimo codice morale, che impone loro l’assoluta immobilità, anche in caso di cancellamento. In questo scenario vediamo uno scarabocchio, disegnato da una bambina su un muro destinato a un contest di graffiti, che decide di infrangere questa regola e di andare a esplorare il mondo. Così facendo conoscerà Elena, una ragazza obesa amante dei manga e della musica metal, con la quale instaurerà uno strano rapporto. Sì, sembra un libro per bambini, ma vi assicurò che non è così.”

Come ti è venuta l’idea?

“Quando sono a casa ho l’abitudine di lasciare la tv accesa su MTV quando faccio dei lavori e un giorno hanno passato 'Il mio giorno più bello nel mondo' di Francesco Renga. Non è un artista che ascolto (a parte per quando stava nei Timoria), ma in quella canzone c’era un verso che parlava dei graffiti che vengono cancellati dalle pareti, ed è da lì che mi è venuta in mente la storia di base. Mancava solo il tema principe. Quello me lo ha dato il vivere quotidiano – i fatti della vita di cui parlavamo prima. 'Vita da scarabocchio' l’ho scritto a ventiquattro anni, un’età abbastanza sfigata perché non sei più un ragazzino ma, complice anche l’incertezza lavorativa di questo periodo, non sei nemmeno un adulto completo. Sei un po’ in un limbo fra le due fasi. Ancora più destabilizzante era il vedere come crescevano le persone attorno a me, alle maschere del vivere quotidiano – le loro come le mie – e a come si vuole apparire agli occhi degli altri. Una 'superficie addobbata' che non era molto diversa da quello che può esprimere esternamente un graffito ben realizzato.”

“Vita da scarabocchio” ha fra i suoi protagonisti un'appassionata di musica metal. Prendi ispirazione anche dalla musica?

“Ovviamente! Scrivere vuol dire, fra le altre cose, parlare di vita, e la musica fa parte della vita. O almeno, della mia. Ascolto musica da sempre (ho anche provato a suonare, ma non è che sia una storia molto interessante da raccontare …) e, pur avendo delle inevitabili preferenze, sono orientato su tutti i generi, così come nella letteratura. Non capisco quelli che passano tutta la vita ad ascoltare, guardare o leggere sempre le stesse cose. Ho bisogno di cambiare sempre, di ricevere stimoli diversi e variegati. Una volta era molto più selettivo, invece col tempo ho imparato a fregarmene, tanto che sul mio MP3 hanno cominciato a comparire degli inquietanti tormentoni estivi di dubbio gusto… Come dico sempre: ho dei gusti pessimi, ma almeno sono il più variegati possibile.”

Genere o gruppi preferiti che ti hanno influenzato in tal senso?

“Ho iniziato col cantautorato italiano, quindi Fabrizio De André, il mio idolo assoluto da sempre, fino a Francesco Guccini e Franco Battiato. Da loro ho imparato l’importanza e il senso delle parole. Soprattutto da Faber, che mi ha anche insegnato che i concetti più profondi stanno nelle cose più semplici e quotidiane. E come la bellezza stia non tanto nella purezza, quanto (ironicamente) nello squallore, o nel saper reagire ad esso. Poi il rock e il metal mi hanno insegnato a essere sfaccettato, per via di tutti i loro sottogeneri. Ed ad essere irriverente, a non aver mai paura di dire la mia e ad accettarne le conseguenze. D’altronde, se finiscono con l’odiarti, vuol dire che in qualche maniera ti temono. Ultimamente mi sono appassionato a MusicaPerBambini, un gruppo davvero assurdo. Ascolti le loro canzoni e ti viene da dire: 'Ma come cavolo avranno fatto a inventarsi una roba simile?'. Ecco, mi piacerebbe scatenare quella reazione su chi legge le mie cose.”

Un commento sui tuoi altri lavori?

“Diciamo che mi annoio a stare sempre sulle stesse cose e quindi ce ne sono per tutti i gusti. 'Storia di uomini invisibili' (Nativi Digitali Edizioni) è un romanzo surrealista, una riflessione su come l’indifferenza possa essere letale; 'Doppio singolo' (Editrice GDS) invece è un horror d’introspezione, così come è un horror il racconto La sfida della morte, contenuto nella raccolta 'Dreamscapes – i racconti perduti volume II' o 'Attesa per Z come Zombie' (raccolta realizzata tramite un contest del sito Letteratura Horror). In tema con questo rivista c’è Jolene, il racconto contenuto in 'Musica in… lettere!', dove io e altri autori della Nativi Digitali Edizioni abbiamo sviluppato un racconto a tema musicale. Solo che essendo un provocatore per natura, anziché sul singolo di Dolly Parton mi sono ispirato alla cover di Miley Cyrus.”

Quali sono i tuoi progetti presenti e futuri sul fronte editoriale?

“Questione di giorni e il mio prossimo lavoro, 'Lo strano caso di Thomas Winslow', vedrà la luce editoriale. Si tratta di un libro a cui tengo molto e che mi ha dato un sacco di soddisfazioni ancora prima di essere pubblicato, oltre ad essere il lavoro di cui sono più soddisfatto. È un misto fra una storia fantasy e una noir … sì, detta così suona strano, ma vi assicuro che ha una sua coerenza. Per il resto ci sono un sacco di cose in ballo. Ho tantissime di idee e ne sto discutendo con alcuni interessati, senza contare che continuano a venirmene di nuove, ma di certo non c’è quasi nulla. Anche questo è il bello di questo mondo. Insomma, non vi libererete in fretta di me. E sì, è una minaccia…”

Ti definiresti uno scrittore controcorrente?

“Diciamo che prima dovrei trovare la mia, di corrente. Sono giovane e ben conscio che la maturità artistica è ancora lontana, ma in quello che faccio ci metto tutto l’impegno possibile. Per il momento faccio quello che mi piace. Restare nel mercato indie ti dà la grande fortuna di avere la totale libertà artistica, quindi proseguo sulla mia strada.”

La cosa più strana che ti è successa da che hai pubblicato?

“Ussignùr… ce ne sarebbero da dire! La prima (e anche la meno eclatante) è a livello contrattuale. Non avete idea di quante persone giochino coi sogni altrui. Io ho sempre avuto la fortuna di finire con gente seria, ma a tutti quelli che vogliono mettersi su questa strada consiglio sempre di fare molta attenzione e di informarsi bene prima di firmare qualunque cosa. A questa poi sono seguite le reazioni dei lettori. Non moltissime, ma ce ne sono state. Non so perché ma 'Storia di uomini invisibili' ha avuto un largo successo fra il pubblico maschile, mentre 'Vita da scarabocchio' è stato letto prevalentemente da donne. E proprio queste ultime mi hanno inviato delle strane mail… Ecco, posso assicurarvi che è molto meno bello di quello che sembra – e il fatto che mi lamenti di una cosa simile forse è la prova che sto invecchiando.”

Cosa ne pensi della scrittura in Italia in questi tempi?

“Sarebbe più corretto dire cosa penso dell’arte in generale. Siamo in un periodo in cui ci sono molte più possibilità rispetto a un tempo e in cui tutti vogliono dire la loro. Fare qualcosa, come scrivere o suonare, non è da tutti, ma vogliono farci credere che lo sia. Ci vogliono anni di pratica, allenamento, studio e, soprattutto, di esperienza. Prima di fare qualunque cosa devi aver vissuto delle date situazioni che ti facciano avere una visione del mondo diversa, altrimenti ciò che ne uscirà fuori sarà o una ripetizione di quanto già detto o un’osservazione abbastanza sterile. Ma soprattutto, bisogna riuscire a maturare dopo ogni cosa che ci è successa – Bukowski era un alcolizzato, ma non tutti gli alcolizzati sono Bukowski, per dire. e soprattutto, bisogna imparare ad astenersi dal giudizio. Per quanto ho avuto modo di vedere, ci sono un sacco di persone (di ogni età) di talento, ma anche altrettanti che sono più interessati a far sfoggio del proprio ego piuttosto che a fare qualcosa di artisticamente valido. E ci sono pochi disposti a fare dei sacrifici per qualcosa in cui credono. Mi fa una gran tristezza vedere così tante persone che fanno affidamento sui talent, perché è un sistema che ti permette delle facili scorciatoie e non di maturare adeguatamente. Ma soprattutto, questo è dovuto anche per via del tipo di pubblico. Ormai nella letteratura, così come nella musica e nel cinema, si gioca molto sull’ignoranza del pubblico. Si è perso il giusto compromesso fra la finalità artistica e quella commerciale, soprattutto perché è il pubblico che non viene più educato a pretendere di più. E in questo ha fatto grandi danni anche la scuola, che non riesce più a interagire con gli studenti o a stare al passo coi tempi.”

Vedo che sei un appassionato di rock. Qualche dichiarazione in questo stile come perla conclusiva dell'intervista?

“Voglio fare mia una frase di Carl William Brown (o Bruno M.) … 'La lettura di buoni libri potrebbe contribuire a lenire la stupidità di razzisti, omofobi, seguaci della famiglia tradizionale, bigotti (che comprendono sia atei che credenti), benpensanti, sostenitori della pena di morte e maschilisti. Peccato però che la stupidità non ami leggere …'”

 

Vanni Versini – Onda Musicale

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Tags: Franco Battiato, Francesco Guccini, Francesco Renga, Miley Cyrus, MTV, Vanni Versini, Arancia meccanica, Stanley Kubrick, Dolly Parton, Fabrizio De Andrè
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