Musica

Mainstream e il variegato puzzle dell’Underground

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Con l'articolo di apertura alla rubrica abbiamo visto come Mainstream e Underground siano due espressioni fondamentalmente diverse per esprimere l'arte nel nostro specifico la musica, e come seguano dinamiche e filosofie opposte. Vediamo di approfondire il concetto.

La musica mainstream è quella che raggiunge gli ascoltatori tramite le radio ufficiali e i cui album vengono prodotti da case discografiche monumentali, le cosiddette Major, in grado di promuovere l'artista fino ad imporlo al grande pubblico con milioni di copie vendute. E' chiaro che qui entrano in gioco grossi interessi economici e che il modus operandi segua le logiche del mercato.

L'ambiente è molto competitivo e i generi proposti sono sempre gli stessi, non si può pretendere di proporre alla massa di ascoltatori, generici fruitori di musica, alternative che richiedano una maggiore competenza e conoscenza musicale.

In questa logica il rock, e ancor più tutti gli altri sotto-generi musicali derivati, non trova alcun spazio nel mainstream e anche se la parola riempie ormai la bocca di tutti nel settore, le band del genere, quando proposte, vengono sufficientemente manipolate nei suoni da trasformarsi in un blando rock al limite del pop. Molto spesso non hanno poi nemmeno lunga vita. L'aspetto culturale del mainstream quindi non è mai propositivo ne' ha pretese educative.

Al contrario la musica non classica si è sviluppata nel tempo in miriadi di generi diversi dal pop e che, influenzandosi e contaminandosi tra loro, continuano il proprio percorso evolutivo ancor oggi. Gli innumerevoli artisti che non desiderano esprimersi come interpreti e che non hanno nelle vene le vibrazioni del pop, sono costretti a seguire canali diversi costituendo quel folto stuolo di menti che opera silenziosamente sotto alla superficie, dando vita però al fenomeno vivo e prospero dell'underground.

L'underground nasce dal basso, quindi, e si sviluppa in maniera spontanea ed autonoma secondo logiche contrarie a quelle del mainstream: non c'è competitività sfrenata, anzi, si cerca di sfruttare la forza del collaborazionismo; non ci sono i forti supporti economici delle Major così ognuno mette a disposizione le proprie competenze dando vita comunque a realtà interessanti e dinamiche come case discografiche indipendenti, studi di registrazione di piccola-media portata, agenzie di booking o uffici stampa che lavorano nel settore, riviste web specializzate.

Lavorare nell'underground e vivere di musica non è quindi impossibile anche a questi livelli, ovviamente ci si muove in maniera più libera ma meno redditizia, non si è schiavi del sistema e proprio per questo non si persegue il successo miliardario a tutti i costi.

Mentre i musicisti del mainstream sono facilmente descrivibili nel genere e nella dinamica delle loro carriere, non si può dire lo stesso per le band underground. Questo mondo sotterraneo si sviluppa a vari livelli che possiamo interpretare come innumerevoli tessere di un puzzle più ampio.

Sono underground i primi gruppetti musicali fondati da ragazzi giovanissimi che sfogano la loro energia adolescenziale nei garage di casa; sono underground le band nate per passione che si coltivano nei ritagli di tempo tra studio o lavoro; similmente restano underground quei gruppi di professionisti che vivono della propria musica con interminabili tour e vendita di dischi e gadget ai concerti, spesso ottimi strumentisti che prestano però le proprie qualità artistiche a generi musicali di nicchia e che mai potrebbero aspirare di esprimersi per il grande pubblico.

Ci sono infine i gruppi undeground che per una fortunata combinazione di eventi riescono ad emergere dalla cerchia ristretta di ascoltatori, e che fanno capolino al mondo del mainstream. Ruotando sempre ai margini del sistema ma godendo di una sufficiente visibilità, li possiamo definire come 'i famosi' dell'undeground. Per pochi eletti lo scalino tra la grande band underground e la band famosa, adocchiata dalle Major e raggiungibile dal vasto pubblico, può essere superato, ma non è fase naturale e scontata di questo percorso.

Nessuna di queste realtà fa underground di per sé ma tutte assieme compongono quel variegato mondo di possibilità che nasce nel sottosuolo e che come vero humus fertile rende la musica viva nel suo processo evolutivo.

Come anticipato dall'editoriale di Stefano Leto, personalmente mi occupo di una nicchia ristretta di musicisti all'interno dell'underground, nello specifico i power duo chitarra-batteria italiani tramite il mio progetto EDP, l'Electric Duo Project. E' per questo che nei miei articoli, quando sarà opportuno, presenterò qualcuno di loro tramite parole in prestito per l'argomento in questione. Iniziamo oggi con Bob Cillo, chitarrista e fondatore dell'interessante duo garage-blues pugliese DIRTY TRAINLOAD (qui un simpatico video e qui l'articolo Edp di approfondimento su di loro.

"Personalmente intenderei la parola 'underground'più nella sua accezione "culturale" che letterale; cioè più come un'attitudine di partenza che come una condizione misurabile dal numero di fans o di like; più come una scelta che come una condanna. Non vedo l'underground come un trampolino di lancio per il mainstream, ma piuttosto come una "dimensione parallela" che non ha nulla a che fare con il mainstream."

"Se una band suona musica commerciale ma non ha successo, non sarà certo la sfiga a fare di loro una band underground! Al contrario, a mio parere, una band con "attitudine underground" resta tale anche se ha migliaia di fans in più rispetto a tante band "pop".

"Certo, in moltissimi casi il percorso può andare in quella direzione, come ad esempio i One Dimentional Man, che da essere una grande band underground si sono trasformati nel Teatro degli Orrori, o, peggio, in Capovilla solista. Però rinnegare la propria attitudine underground, la vedo più come una distorsione che come normale percorso evolutivo di un'artista"

 

Giusy Locatelli

— Onda Musicale

Tags: Giusy Locatelli/Giusy Elle
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